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La grande bellezza.

Stamattina, centro di Roma, 50 mt (più o meno) da Fontana di Trevi. Due operai. Divisa fluorescente d’ordinanza, tablet in una mano, sacchetto di asfalto rapido nell’altra.

“Aho, l’ho trovata!”

“Sarà questa?”

“Si si, anvedi che buca”

“Eh, questa va riempita bene”.

“Apposto. Caffè?”

Roma buche
Roma, 14 dicembre 2016, vicolo del puttarello.

Non c’è che dire, un lavoro accurato.

LDAPOST della domenica. Juventus-Roma 3-2. Malabolgia.

G. Doré, Le metamorfosi dei ladri.
G. Doré, Le metamorfosi dei ladri.

Com’io tenea levate in lor le ciglia, 

e un serpente con sei piè si lancia 

dinanzi a l’uno, e tutto a lui s’appiglia.

Co’ piè di mezzo li avvinse la pancia, 

e con li anterior le braccia prese; 

poi li addentò e l’una e l’altra guancia;

li diretani a le cosce distese, 

e miseli la coda tra ’mbedue, 

e dietro per le ren sù la ristese.

Ellera abbarbicata mai non fue 

ad alber sì, come l’orribil fiera 

per l’altrui membra avviticchiò le sue.

Poi s’appiccar, come di calda cera 

fossero stati, e mischiar lor colore, 

né l’un né l’altro già parea quel ch’era:

come procede innanzi da l’ardore, 

per lo papiro suso, un color bruno 

che non è nero ancora e ’l bianco more.

Li altri due ’l riguardavano, e ciascuno 

gridava: «Omè, Agnel, come ti muti! 

Vedi che già non se’ né due né uno».

Già eran li due capi un divenuti, 

quando n’apparver due figure miste 

in una faccia, ov’eran due perduti.

Fersi le braccia due di quattro liste; 

le cosce con le gambe e ’l ventre e ’l casso 

divenner membra che non fuor mai viste.

Ogne primaio aspetto ivi era casso: 

due e nessun l’imagine perversa 

parea; e tal sen gio con lento passo.

Dante Alighieri, Inferno, canto XXV.

Ve vojo vede’ così: mostri schifosi.

Spara, chiede perdono e ci spiega la crisi. Che schifo.

Trovo ripugnante l’intervista di Paolo Berizzi su “la Repubblica” di oggi a Luigi Preiti, il criminale che, mentre si insediava il governo Letta, sparando davanti a Palazzo Chigi ha ridotto in fin di vita il brigadiere Giuseppe Giangrande e ferito l’altro carabiniere Francesco Negri. Ecco, a questo soggetto è consentito dalle passive e scontate domande del giornalista, di darci spiegazioni e lezioni sulla crisi, sui danni del governo Monti, sui litigi della sinistra, sulle occasioni mancate dalla destra, sulle lobby del potere e sulla mancanza di legittimazione popolare del governo Renzi.
Questo neo socio-politologo d’accatto, è bene precisarlo, è in galera a Rebibbia, condannato a 16 anni. Il brigadiere Giangrande, è bene ricordarlo, è paralizzato.
Preiti mi fa schifo, come mi fanno schifo i presunti “medici, avvocati e imprenditori strozzati dalla crisi” che, a quanto dice, gli avrebbero scritto lettere di solidarietà.
Ma mi fa anche schifo chi – per riempire una pagina – gli ha permesso di insultare e mortificare, con i suoi deliri, tutte quelle persone che, con la crisi, le difficolta’, il dolore, fanno i conti tutti i giorni. E lo fanno onestamente.

I Traditori dei traditori.

Milano e l’Expo. Poi Venezia e il Mose. Frigerio, Greganti, Orsoni, Galan…

Corruzione, tangenti, politica. Ma non solo politica. Quella che sta venendo fuori è una parte malata, putrefatta, rivoltante dello Stato. Funzionari, burocrati, dirigenti che, anzichè garanti dello Stato stesso, si rivelano pilastri delle modalità criminose della politica peggiore.

Deve essere anche per loro “l’Alto Tradimento” evocato da Renzi. Perchè è questo il sistema da scardinare, ingranaggio dopo ingranaggio. Perché la questione non è solo eliminare i ladri dalla politica, ma anche (e per me soprattutto) bonificare il terreno su cui si fondano questi illeciti.

Partendo “dall’alto” (presunto..) della politica (deputati, presidenti di regione, amministratori, consiglieri e assessori che siano). Con fermezza, senza guardare il colore politico. E durezza, senza aver paura di pretendere pene severe e processi veloci.

Ma contemporaneamente anche “dal basso”, dai cittadini. Da quelli che, quando fa comodo, “chiudono un occhio”. Da quelli che fanno prendere la residenza ai figli a casa del trisavolo morto per pagare meno tasse universitarie. Che intestano alla societa’ il Suv che poi lasciano in doppia fila davanti ai negozi. Che chiamano l’amico dell’amico per saltare la lista d’attesa in un ospedale pubblico.

Da quelli che sbraitano contro i ladri, che invocano la ghigliottina, che vomitano insulti al grido di “fanno tutti schifo uguale” mentre leggono sul giornale dell’Expo e del Mose, seduti su un autobus per cui non hanno pagato il biglietto. Perché “tanto non lo paga nessuno, mica so’ scemo”.

Perchè si otterrebbe sicuramente più onestà, se si fosse più onesti.

Lo scandalo

E’ più forte di me, non capisco.

Non capisco perché, sabato sera, abbia suscitato questa ondata di generalizzato sdegno (e di annessa benpensantistica moralità) il fatto che, in una situazione di fortissima tensione e criticità come quella che si era creata prima dell’inizio della finale di Coppa Italia, i responsabili di pubblica sicurezza abbiano “trattato” con uno dei referenti (o forse con “il” referente) dei soggetti coinvolti.

Genny ‘a carogna non è l’interlocutore con cui i rappresentanti delle istituzioni dovrebbero abbassarsi a trattare!!” gridavano i professionisti dell’etica a orologeria (come saggiamente la chiama un mio amico) nei Tg, in radio e sul web. Ma dai? (versione elegante del ben più chiaro Graziearcazzo!)

'a carognaMa in quel momento, purtroppo, la voce di Genny ‘a carogna, seduto a cavalcioni sulla balaustra dello stadio, era quella che stava rimbalzando di seggiolino in seggiolino, di smartphone in smartphone, di social network in social network. Era la voce più forte. Più del Prefetto. Più del Questore. Più del Presidente del Consiglio e del Presidente del Senato (che pure erano lì, a neanche cento metri, non nascosti nei palazzi). E’ agghiacciante, ma era quella con cui era necessario parlare per fare in modo che il messaggio fosse recepito da tutti.

E’ questo che a me scandalizza.

Che, con personaggi del calibro di Genny ‘a carogna, lo Stato abbia ancora la necessità di “trattare”. Nonostante i Daspo, i tornelli, le tessere del tifoso, le telecamere.

Mi scandalizza uno Stato che, a forza di raccontarci che Stefano Cucchi è morto per inanizione, che una ragazza durante una manifestazione è stata calpestata perché scambiata per uno zaino e che Federico Aldrovandi s’è ammazzato da solo, in situazioni critiche ha meno credito delle parole e degli sproloqui di un capobranco pregiudicato.

Non mi scandalizza che vada a “trattare”. Mi scandalizza che sia ridotto a doverlo fare anche con chi, già dalla scritta sulla maglietta, inneggia alla sua fine.