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Lo FAI apposta?

Quella della guida turistica è una professione. Ufficiale. Per la quale è necessario studiare, formarsi e ottenere un’abilitazione altrettanto ufficiale. Peraltro con modalità e tempistiche che nel corso degli anni sono state bloccate, rivoluzionate e modificate…quasi mai in modo migliorativo. Ma questa è un’altra storia, e allora torniamo alla nostra: quella della guida turistica è una professione. Che per essere esercitata onestamente, oltre alla suddetta abilitazione, prevede partita iva, fatture, ricevute fiscali, versamenti, tasse, acconti vari e compagnia cantante…

Ecco, a questi professionisti (competenti e regolarmente abilitati) la pandemia ha lasciato un settore in crisi nera. Mancanza – quasi assenza – di turisti, ridottissima possibilità di spesa da parte delle famiglie, enormi difficoltà logistiche e organizzative per le restrizioni (in alcuni casi sacrosante per carità) dovute all’emergenza sanitaria. Facciamo un esempio: a Roma alcune aree archeologiche – tra l’altro bellissime – solitamente visitabili in gruppo su prenotazione (e quindi quasi esclusivamente grazie all’operato delle guide turistiche), non vengono aperte al pubblico proprio a causa dell’attuale impossibilità per la Sovrintendenza e per Zètema (società strumentale di Roma Capitale che opera nel settore cultura) di garantirvi l’applicazione e il rispetto delle norme di sicurezza sanitaria. Tra queste, il Monte Testaccio. Sì, proprio il famoso Monte de’ Cocci, cuore di uno dei quartieri più rappresentativi della città. 35 m di altezza e 22.000 metri quadrati di “testae”, frammenti di anfore in terracotta provenienti dal vicino porto sul Tevere d’epoca romana. Un luogo all’aperto, quindi. Un parco, come ce ne sono tanti quotidianamente fruibili. Ma tant’è. Il periodo è ancora tremendamente complicato e pericoloso perciò queste sono le regole. E a queste regole i professionisti del settore devono attenersi. 

Solo loro però. 

Perchè sabato 26 Settembre, in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio l’accesso al Monte dei Cocci è stato possibile grazie al Fondo Ambiente Italiano. Anzi, grazie ai volontari del FAI. A quei volontari che lo stesso ente reclutava tramite social l’11 settembre:  Ti piace raccontare la bellezza dei luoghi che ami? Sei convinto che il territorio in cui vivi sia ricco di tesori eccezionali che ti piacerebbe far conoscere agli altri? Condividi con noi la tua passione: diventa volontario per le Giornate Fai d’Autunno! Ricevendo talmente tante proteste da dover rimuovere il post dopo poco tempo…

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Alle richieste di chiarimento che alcune guide, associazioni culturali e tour operator hanno inoltrato attraverso i canali ufficiali la risposta (standard) è stata questa: Il 26 e 27 settembre si tengono le Giornate Europee del Patrimonio. In quell’occasione abbiamo pensato di aprire eccezionalmente, con visite guidate, alcuni siti chiusi da marzo per l’emergenza COVID. L’inizativa FAI coincide con le Giornate Europee del Patrimonio, per cui è stata autorizzata. E in effetti sul sito del FAI l’iniziativa è presentata come realizzata In collaborazione con la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali.

Quindi: un’istituzione (Comune e/o Sovrintendenza) consente ad una determinata associazione di svolgere tramite volontari un’attività in un luogo che la stessa istituzione preclude ai professionisti legalmente autorizzati allo svolgimento della stessa attività.  

“Vabbè – dirà qualcuno – se è un’iniziativa di volontariato sarà gratuita”. Errore. Perche’ per la partecipazione all’evento era previsto un contributo di 3€ per gli iscritti al FAI e di 5€ per i non iscritti. Biglietto di ingresso? No, contributo. Per il FAI.

Non voglio e in tutta sincerità non mi interessa fare calcoli. Che si tratti di un visitatore o mille, un volontario o mille, un’area archeologica o mille, questo è un precedente grave. E’ la resa definitiva all’ignavia, alla comodità di considerare il patrimonio culturale come il servizio buono da sfoggiare – anzi, da far sfoggiare – nelle grandi occasioni. 

Le difficoltà che vivono interi settori economici in questo momento sono sotto gli occhi di tutti, e quello che ho raccontato è solo uno dei tanti. Certamente è quello che mi tocca più da vicino. Ma comunque non è meno importante degli altri. Chiarisco. Io non ho nulla contro gli eventi speciali, le giornate europee, mondiali e interplanetarie. Non ho nulla contro chi, magari inconsapevolmente, si entusiasma per queste iniziative. E non ho nulla contro i volontari, che spesso sono incredibilmente appassionati e motivati. Ma non sono abilitati. E uno stato che “confonde” (diciamo così..) il lavoro con il passatempo beh, allora quello è uno stato sbagliato. Per questo, concludo condividendo le parole del professor Tomaso Montanari: lo sfruttamento del “volontariato dei disoccupati” nei Beni Culturali non è la soluzione, è il problema.

Caracalla e la Constitutio Antoniniana. Civilizzazione o demagogia?

Busto di Caracalla al Museo Archeologico di Napoli

Con un editto del 212 a.C., la Constitutio Antoniniana, l’imperatore Marco Aurelio Severo Antonino Pio Augusto, noto con il soprannome di Caracalla, stabiliva la concessione della cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell’Impero, ad eccezione dei dediticii (i non romani formalmente privi di ogni altra appartenenza cittadina). Ancora oggi, la critica storica si divide nell’analisi. Fu un’azione civilizzatrice o un provvedimento demagogico? Un’affermazione di giustizia sociale o una sanzione formale del dispotismo? Caracalla fu solo l’uomo spietato e crudele descritto da Niccolò Machiavelli o un accorto uomo di stato? 

Il testo, seppur lacunoso, riportato sul Papiro di Gissen sembra suggerire un’interpretazione di grande lungimiranza. A muovere l’imperatore furono la necessità politico-amministrativa di evitare i ricorsi al sovrano per questioni riguardanti il possesso del diritto di cittadinanza, e la volontà di assimilare nel culto le divinità tradizionali e quelle introdotte nel Pantheon romano da ogni provincia in nome del sincretismo religioso. 

L’editto del 212 può quindi essere considerato il compimento di un processo politico, sociale e giuridico ormai maturo. Usando le parole dello storico inglese Howard Hayes Scullard: nel 212 le antiche distinzioni tra italici e provinciali, tra conquistatori e conquistati, tra popolo padrone e sudditi erano ormai cadute, e l’Impero diventato una grande comunità di popolazioni diverse per lingua e costumi, ma parificate nel godimento di uguali diritti.

Due secoli dopo, Rutilio Namaziano, celebrava Caracalla e la Constitutio con queste parole: delle diverse genti unica patria hai fatto; un bene è stato, per i popoli senza legge, il tuo dominio. E, offrendo ai vinti d’unirsi nel tuo diritto, tu del mondo hai fatto l’Urbe (De reditu suo, 1, 63-66).

Quasi due millenni dopo, la discussione sui diritti è ancora aperta.

Nella foto: busto di Caracalla al Museo Archeologico di Napoli. Noto come il “Caracalla Farnese”, la fama dell’opera crebbe nel Seicento e nel Settecento per la cattiva reputazione dell’imperatore. Tanto che Winckelmann la descrisse sostenendo che Lisippo stesso non avrebbe potuto realizzare un ritratto migliore di questo.

Pompei. Un uomo, in fuga.

pompei, scheletro uomo in fuga

Era un uomo di poco più di 30 anni, claudicante a causa di una seria infezione ossea. Per questo, probabilmente, anziché provare a scappare lontano, aveva cercato scampo tra il Vicolo delle Nozze d’Argento e il Vicolo dei Balconi, nella Regio V. Gli archeologi lo hanno ritrovato così, riverso sulla schiena, con il torace schiacciato da un grosso blocco di pietra. Un masso di circa 300kg (forse uno stipite) che, trascinato dalla furia distruttiva dell’eruzione, lo ha investito colpendolo al busto.

Una scoperta eccezionale, certo. Che attraverso approfondite analisi di laboratorio permetterà di ampliare le conoscenze sulla storia e sulla società di Pompei, confrontando le patologie, gli stili di vita e ricostruendo le dinamiche di fuga dall’eruzione.

Ma anche – o forse soprattutto – un’immagine intensamente umana, drammatica e commovente. Di chi, nonostante tutto, non è rimasto ad aspettare la morte.

Poi fu di nuovo il buio, e di nuovo cenere densa e pesante. Tratto tratto ci alzavamo in piedi e ce la scuotevamo di dosso, altrimenti ne saremmo stati coperti e saremmo rimasti schiacciati sotto il suo peso. Poi quella oscurità si attenuò e sembrò dissiparsi in fumo o in vapori. Tornò la luce del giorno, ma un sole livido come quando si eclissa. Agli occhi ancora impauriti tutte le cose si presentavano con forme nuove, coperte di una spessa coltre di cenere come se fosse stata neve. 

[seconda lettera di Plinio il Giovane a Tacito]

Cartagine, la grande nemica di Roma – Sabato 14 Aprile 2018, Museo Civico Archeologico di Anzio.

Con gli amici Luca Pavone e Francesca Ribacchi per parlare di Roma e Cartagine. Del sogno di Annibale, dell’inossidabile fiducia nella Repubblica dei romani, dell’incontro tra il generale cartaginese e Scipione.

Sabato 14 Aprile 2018, al Museo Civico Archeologico di Anzio!

Orario: 16

Indirizzo: via di Villa Adele, 2, Anzio.

Lo Sguardo di Annibale, Lorenzo Dell'Aquila, Edizioni Efesto

Lo sguardo di Annibale – Sabato 17 Marzo 2018 allo Spazio Sinopie.

Sabato 17 marzo sarò presso il bellissimo ed accogliente Spazio Sinopie per parlare di Annibale e di Scipione, di Roma e di Cartagine, dell’antico “mare nostrum” e – perché no? – dell’odierno Mediterraneo.

Dove? Piazza Margana 39, Roma. Quando? Alle 19. Lo sguardo di Annibale 2 marzo

Amilcare condusse il figlio dinanzi all’altare. E dopo avergli fatto porre la mano su di esso, gli fece giurare che mai sarebbe stato amico dei romani. Annibale non dimenticò più il vincolo sacro di quel gesto“.

Un grazie di cuore agli amici dell’Associazione Culturale Sinopie!