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Chievo-Roma 3-3. Chi il carattere non ce l’ha, non se lo può dare.

Che sarebbe stata dura, e che nell’aria ci fosse puzza forte di fregatura, lo sapevo.

Lo sapevo sullo 0-2 e con tanti minuti davanti.

Lo sapevo quando Manolas ha presidiato l’area piccola con la stessa convinzione di Trotta, e Szczesny ha cercato il pallone a mano piatta come se dovesse schiacciare una mosca.

Lo sapevo quando ho visto entrare Dainelli, con la sua faccia triste da arbitro anni ’80.

Lo sapevo al 71’, quando dopo il goal di Iago Falque mancavano “solo” venti minuti.

Lo sapevo all’81’, quando ho visto entrare in campo Pepe. Che pensavo avesse dato l’addio al calcio un paio d’anni fa.

Lo sapevo all’85’, ancora prima che calciasse la punizione.

Era dura, e c’era puzza forte di fregatura. Lo sapevo.

Quello che ancora non sapevo è quanto, per questa Roma, Garcia sia perfetto.

Con la sua incapacità di accorgersi dell’impresentabilità psicologica di Manolas (giustificatissima, peraltro, viste le “questioni personali”), di quella fisica di Salah (corre in protezione sulla caviglia creandosi, di conseguenza, fastidi muscolari. Chiunque faccia un po’ di sport sa di che parlo) e di affidarsi ad altro che non siano i lanci per Gervinho.

Con la sua ignavia. Con quella sua atavica mancanza di volontà nel rivoluzionare la squadra, nel provare a mostrare (magari proprio approfittando delle enormi difficoltà di organico e conseguente irrilevanza del risultato) cosa tatticamente vorrebbe mettere in pratica, o potrebbe mettere in pratica, se avesse uomini, fiducia, garanzie, possibilità.

E’ l’alibi perfetto, Garcia, per questa società.

Per questi dirigenti da strapazzo, che se si prendessero la responsabilità di confrontarsi per una volta con un allenatore con le palle (Spalletti, Capello, o chi per loro) si vedrebbero sbattere in faccia ‘sta rosa sopravvalutata di presunti campioni, di giocatori in odor di pensione, di giovani promettenti, di gioielli del vivaio. Si vedrebbero sbattere in faccia l’assenza di programmazione sul mercato e la ricerca esasperata della plusvalenza. Si vedrebbero sbattere in faccia la mancanza di piglio, di decisione e – perché no? – di arroganza.

E vedrebbero gettare all’aria questo “sistema-Roma” perfetto, dove ci si inalbera nelle dispute sul valore della maglia sudata, sulla romanità “un tanto al chilo” di chi deve indossare la fascia di capitano, sul colore della divisa da Champions immemore della tradizione, e dove intanto ci si rassegna alla fatal possanza del destino avverso.

Ma come il coraggio anche il carattere – Manzoni mi perdonerà – chi non ce l’ha non se lo può dare. E quindi rimangono lì, nascosti dietro un allenatore inadeguato che invoca “palla lunga a Gervinho”, a blaterare di obiettivi, di risultati, di programmi, di futuro.

Poi c’è anche chi il coraggio lo deve comunque trovare. Per cercare una verità che – è vero – con la “frivola serietà” del calcio non ha niente a che fare. Ma a cui magari proprio quei beceri, malati, esagitati, esagerati tifosi tendono la mano. Almeno loro.

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L’unica cosa bella di ieri.

Su Roma-Atalanta 0-2. Ma anche su Bologna-Roma e Barcellona-Roma.

Sì, vabbè. Ma di che parliamo?

Del campo impraticabile di Bologna? Del 6-1 che tanto non conta perché le altre hanno pareggiato? Del salvataggio sulla riga di Cigarini, o del miracolo di Sportiello?

Potremmo parlare del fatto che, nell’anno degli insegnati di calcio (Sarri, Sousa), la Roma è in mano a uno scolaro svogliato. Uno di quelli che, impegnandosi, potrebbe pure andare bene (Juventus, Fiorentina), invece vivacchia. Improvvisa. S’accontenta del minimo indispensabile. E colleziona insufficienze. Una guida tecnica approssimativa e confusionaria che s’innesta “alla perfezione” in un contesto già notoriamente e storicamente bipolare di suo. Ma porca troia so’ partito lasciando la Roma del derby, torno, e me ritrovo quella di Andreazzoli…

O potremmo parlare dell’improvvisazione in attacco degna della seconda Roma di Ranieri (Dzeko che crossa per Iturbe non è un “approccio sbagliato al match”, è un film dell’orrore!). Oppure della disorganizzazione difensiva stile “calciotto del giovedì”.

Ancora, potremmo parlare di come, quando la mossa della disperazione è poro-Sadiq, quel tecnico che in due anni e un po’ ha fatto scappare Sanabria in Spagna e Paredes all’Empoli, ha fatto perdere le tracce di Ponce (prima dell’infortunio) e ha mortificato Uçan, forse tanto astuto non è.

Altrimenti – per carità – potremmo stare a parlare fino allo sfinimento della rosa. Di quanto so’ scarsi Torosidis, Rudiger, De Rossi, Keita, Iturbe e compagnia cantante. Dimenticando che un’impronta di gioco, un’anima di squadra, l’abbiamo vista persino con Kuffour, Kharja, Alvarez e Cufrè…

Seriamente. Di cosa parliamo?

Fosse per me, col cuore in mano, parlerei di Luciano Spalletti. Ma siccome a volte è meglio avere più testa che cuore, parlerei anche di Fabio Capello. Sì, proprio lui. Fabio Capello. Allenatore fino alla fine del campionato e poi direttore plenipotenziario dell’area tecnica. Così magari potremmo provare a non rassegnarci all’ennesima occasione buttata. Appunto, magari.

Bayer Leverkusen-Roma 4-4. Individualità, disorganizzazione, lettura della partita e mentalità. Ovvero, pistolotto su come impiccarsi una partita in 4 semplici mosse

Senza preamboli:

1) Individualità scadenti. Torosidis ha sul groppone il 1° ed il 4° goal. Praticamente ha messo la sua firma sulla partita. 2 azioni, lo stesso errore. Affronta gli avversari entrambe le volte nello stesso disastroso modo: torsione innaturale del busto, passo incrociato. Nel primo caso, tanto per non farsi mancare nulla, aggiunge anche le braccia spalancate in piena area. Qualsiasi terzino le avrebbe tenute unite dietro la schiena, ma provate a farlo con il busto ruotato rispetto al fronte dell’azione e con una dinamica della corsa innaturale). Rigore, 1-0 (e prima madonna). Nel secondo caso, invece, la palla gli sfila tra le gambe proprio mentre (sempre col busto girato) i due piedi sono goffamente in aria. E quindi si trova, per quanto stia correndo, irrimediabilmente e goffamente privo di un perno grazie al quale correggere il movimento. Ora, i limiti tecnici del greco sono evidenti. E’ altrettanto evidente che nessuna squadra di medio livello in Europa si presenterebbe in una partita decisiva con un terzino del genere. E’ innegabile, però, che l’allenatore – se ritiene di non avere di meglio in rosa – su questi limiti tecnici debba far lavorare sodo il giocatore. Oppure fare altre scelte (per ora Florenzi, ma a gennaio si dovrà necessariamente intervenire).

2) Difesa disorganizzata. I movimenti della difesa sono stati a dir poco raccapriccianti sul 2° e sul 4° goal. L’immagine di Rudiger piantato come un ciocco di mogano al centro dell’area mentre i tre compagni di reparto tentavano un maldestro fuori gioco non ammette repliche. Come d’altronde, rigirando il concetto, quella di Torosidis, Manolas e Digne, che tentavano un maldestro fuorigioco con Rudiger piantato come un ciocco di mogano al centro dell’area. Cambiando l’ordine dei fattori il risultato non cambia. E non cambia neanche quando, a uscire in modo scriteriato sul portatore di palla avversario, è Florenzi (come nel caso del pareggio del Leverkusen). Nonostante tutto, questo è il punto che mi preoccupa meno. Credo siano errori causati inevitabilmente dalla disabitudine a giocare insieme. E’ una difesa che cambia troppi pezzi ogni volta per avere sincronia e affiatamento. Certo però che la gestione dei rientri di Rudiger e Castan e della loro alternanza lascia perplessi…

3) Lettura della partita. La sostituzione di Salah è stata sbagliatissima. La fama di funambolo dell’egiziano è cresciuta in modo esponenziale da quando gioca in Italia. Dove però, a causa della mediocrità del campionato, chi ha la capacità per fare più di uno scatto e un dribbling può agevolmente superare almeno i 3/4 delle difese della Serie A. Credo invece che la sua maggior qualità sia l’unire una tecnica finissima ad un movimento continuo che, in fase di ripiego, consente al centrocampo di non perdere o di recuperare le posizioni. Nel primo tempo in due occasioni sbaglia in modo abbastanza grossolano la giocata. Una volta eccede nei dribbling, un’altra appoggia la palla con eccessiva sufficienza. In entrambi i casi sfrutta la velocità per posizionarsi davanti agli avversari, costringendoli a rallentare e ricominciare l’azione. Non solo. Salah, che non occupa mai (quasi mai) la posizione di centravanti, agendo invece da “guastatore” tra le linee. Questa posizione (solo apparentemente anarchica) consente a Gervinho di tagliare dalle fasce verso il centro. O di andare in percussione centralmente negli spazi che l’egiziano gli apre eseguendo il movimento a uscire.

Paradossalmente ritengo ne sia conferma proprio il goal di Iago Falque. Nato da un’invenzione estemporanea di Gervinho ormai confinato sulla fascia. Era il 2-4. 999 volte su 1000 sarebbe stato il goal decisivo, si dirà. E’ vero. Ma è altrettanto vero che, da quel momento in poi, gli attaccanti della Roma non sono stati più in grado di arginare le avanzate dei laterali del Bayer, né di impedire che l’azione potesse cominciare, lucidamente, dalla difesa.

4) Mentalità. Per la seconda volta consecutiva in Champions League la Roma è entrata in campo come se avesse bisogno di studiare gli avversari. Di capire “la situazione”. Senza logica, senza piglio, senza nerbo. Senza palle. Solo che, solitamente, le partite di un certo livello si studiano e si preparano prima, non si aspettano i primi 20’ del primo tempo. La Roma ha giocato da subito con grinta, determinazione e applicazione solo contro il Barcellona. Senza perdersi d’animo sotto di un goal, né quando sembrava impossibile riuscire a superare la metà campo. Contro avversari più scarsi (Bate Borisov) o quanto meno alla nostra portata (Leverkusen) la squadra è entrata in campo svagata, superficiale, disorganizzata. Per carità, questo è indice della fragilità psicologica di giocatori che, in Europa, non hanno storia né palmares. Ma anche della mentalità drammaticamente provinciale di chi li allena e li gestisce.

Detto tutto questo, la prestazione di ieri entra di diritto nella classifica delle “amarezze europee”. Insieme ai rigori con l’Arsenal e lo Slavia Praga. Grazie ragazzi.