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Testardi senza gloria.

M. Muscarà, D. Carboni, G. Romano, Testardi senza Gloria, Edizioni Efesto, 2019.

L’Ajax di Cruyff. Il Milan di Sacchi. Il tiki-taka di Guardiola.

Il Verona di Bagnoli, il Leicester di Sir Claudio Ranieri o la Nazionale del 2006. La classe di Maradona, Cristiano Ronaldo, Messi, Zidane. Francesco Totti. La grinta di Roy Keane. La “vena” di De Rossi. Il triplete dell’Inter. Il goal di Turone o il fallo di Iuliano su Ronaldo.

La maglia a righe orizzontali bianche e verdi del Celtic, l’arancione dell’Olanda, CCCP sul petto dei calciatori dell’Unione Sovietica di Lobanowski. La Jugoslavia che non abbiamo mai potuto vedere. Wembley, San Mamés, la Bombonera.

Pensiamo al calcio, non al tifo. Alla squadra che più ci ha emozionato, all’episodio che ci ha fatto infuriare, al personaggio che ci ha affascinato, ai colori delle maglie che abbiamo sognato. Ecco, in questo libro non ne troveremo traccia.

Ma se per il tempo necessario a leggere le storie raccontate da Marco Muscarà, Daniele Carboni e Giovanni Romano pensiamo al calcio in modo assoluto, puro, allora in “Testardi senza gloria” (ed. Efesto, 2019) troveremo tutto ciò che questo sport sarebbe in grado di suscitare se il tifo, molto spesso – troppo spesso – non finisse per soffocarlo, nasconderlo. Fino a farcene dimenticare.

Lo stile degli autori, che non rinunciano al rigore della cronaca, è caldo e coinvolgente. Più vicino all’ammaliante affabulare delle radiocronache, alle voci di Carosio, Martellini e Ciotti (non è un caso, tutti e tre sono speaker a Radio Sonica, Radio Centro Suono Sport e Radio Rock) che ai concitati ritmi delle televisioni, alle chiacchiere superficiali dei post partita, all’ossessiva riproposizione degli highlights. Il risultato è un libro di racconti di coraggio, passione, appartenenza e condivisione. Di vittorie e di sconfitte. Di libertà e di giustizia, sempre con un pallone tra i piedi.

LDAPOST a ritmo di samba. #Brasil2014 – Dopo una settimana.

Dunque, uno non puo manco anda in vacanza na settimana che si ritrova il mondiale già agli ottavi di finale. LItalia è fuori. E vabbè, direi che ce ne siamo fatti na ragione in breve tempo. Meno facile da “digerire” è la pochezza del Brasile. Un Brasile al contrario, si potrebbe dire: duro in difesa, noioso a centrocampo, stitico in attacco. Neymar a parte, ma il giovanotto (che cade a ogni soffio di vento) è comunque iper tutelato dagli arbitri. Però dopo il colpo di culo col Cile (raramente sè  vista una serie di rigori così tecnicamente penosa), è ragionevole considerarlo già Campione del Mondo. LArgentina è lopposto: ha un attacco che solo a leggere i nomi dovrebbe sta’ 1-0. Ma poi, se Messi non tira fuori il coniglio dal cilindro al 90esimo, avrebbe pareggiato con lIran. Olanda  e Francia sono tra le poche a proporre unidea di gioco, oltre a una straordinaria condizione fisica. Ma se le prestazioni dellOlanda erano previste, i Blues sono una sorpresa. Una sorpresa antipatica, come lallenatore. E poi cè la Germania. Brutta, cattiva e solida. Come sempre, perchè in fondo il calcio è uno sport semplice: si gioca in undici contro undici, e alla fine vincono i tedeschi (cit. Gary Lineker).

LDAPOST a ritmo di samba. #Brasil2014 – Italia-Costarica 0-1.

La sconfitta di misura con la Costarica ci permette di giocare contro l’Uruguay per 2 risultati su 3. Se non ci fossero le televisioni, internet, i computer, le radio, i social network, e se le notizie dal Brasile arrivassero con la velocità della marina mercantile di inizio XX secolo, si potrebbe essere ottimisti. Invece…

Abate è un giocatore modesto, reduce da un campionato pessimo. Per far posto a lui viene spostato Darmian e messo Chiellini a dirigere la difesa a quattro. Cosa che Conte (che da tre anni lo allena tutti i giorni) si guarda bene dal fare. Ma vabbè… Assodato questo, ricordare che Chiellini & Barzagli sono campioni d’Italia rende meravigliosamente bene l’idea del livello di competitività raggiunto dalla Serie A.

A centrocampo Verratti cede il posto a Thiago Motta. L’errore che si sublima in orrore. Visto che il giovane centrocampista del Psg non è stato in grado di velocizzare il gioco e garantire con continuità palloni per gli inserimenti (presunti) dei compagni, è  sostituito da uno che, ormai, ha la stessa mobilità dei busti del Gianicolo. Con tutto il rispetto per la memoria dei Garibaldini. Lentezza per Immobilità. L’Italia non fa calcio, fa filosofia.

Balotelli è un solista. Ha bisogno di un gruppo che giri attorno a lui, che lo supporti nei movimenti (sporadici) e ne sopporti le pause (lunghe). Ha bisogno di una squadra che abbia un’impronta di gioco a prescindere da lui, di un’orchestra che suoni melodie su cui poi lui possa fare gli assoli vincenti. Perciò ha esattamente bisogno di quello che l’Italia non è: una squadra con delle idee.

E le convocazioni non permettono cambiamenti significati alla mediocre impronta del CT. A questa nazionale mancano “le statistiche”, i numeri. Non mancano solo i giocatori, mancano le carriere dei giocatori. Mancano i palmares. Per dire, le ultime scelte per l’attacco Campione del Mondo 2006 erano Vincenzo Iaquinta e Pippo Inzaghi. No dico, Pippo Inzaghi.

Nella gestione della partita, poi, Prandelli m’ha ricordato Carlos Bianchi. Ovviamente quello del periodo romano, non quello del Boca. Quello che voleva vende’ Totti alla Sampdoria per prendere Litmanen, quello che dopo ogni ogni goal subito faceva entrare un attaccante (a caso) ogni dieci minuti. Perciò dentro Cassano, Insigne e Cerci: Cassano si eclissa subito nel lato di campo all’ombra, Insigne rimane al sole ma inciampa, Cerci proprio non struscia una palla. Intanto Immobile, il capocannoniere del campionato (questo, per carità, non ne fa un nuovo Gerd Muller ma che c***o!) ammuffisce in panchina. Destro e Giuseppe Rossi stanno proprio a casa, davanti al televisore.

L’attacco è di merda, ma in quanto a comportamenti etici non ci frega nessuno.

Oh, peccato che Tabarez non si sia mai neanche sognato di escludere Suarez per i suoi rozzi comportamenti razzisti. Eppure nonostante tutto, se facciamo gli italiani e martedì li inchiodiamo sul pareggio, passiamo il turno. Con gli stessi punti di Usa ’94. Occhio, farebbero bene a cominciare a temerci.

LDAPOST a ritmo di samba. #Brasil2014 – giornate 7, 8 e 9

BELGIO-ALGERIA 2-1. Sarà il debutto, sarà l’ansia da prestazione, sarà il peso di essere considerata la squadra rivelazione ancor prima di giocare, ma per la prima parte della partita il Belgio sembra la Roma di Luis Enrique. Quella del “vorrei tanto” ma “non posso proprio”. Passaggi tanti, velocità poca, prevedibilità molta. Poi, di colpo, no. E, essenzialmente, quel “di colpo” può essere identificato con l’ingresso di Mertens, a cui solo fini strateghi come Wilmots e Benitez non riservano stabilmente un posto da titolare.

RUSSIA-COREA DEL SUD 1-1. Rieccolo, Don Fabio Capello. Profilo granitico, mascella volitiva, sguardo fiero, concreto e determinato come sempre. Con al fianco, come sempre, il fido scudiero Panucci. E come (quasi) sempre, portiere di merda tra i pali.

URUGUAY-INGHILTERRA 2-1. L’Uruguay è una mina vagante. Ha un centrocampo da brividi (faccio fatica a considerare una seria candidata alla vittoria finale una squadra che affida la manovra a Arevalo Rios o Gargano) e un attacco eccellente. Suarez è fortissimo. Ma è tanto forte quanto insopportabile, violento e razzista. Per questo, con l’aggravante di essere un giocatore del Liverpool, con la grande sportività che al solito mi contraddistingue, lo schifo.

 

LDAPOST a ritmo di samba. #Brasil2014 – giornate 4, 5 e 6.

FRANCIA – HONDURAS 3-0. In un mondiale in cui si celebra Joel Campbell come fosse Garrincha, con Ribery la Francia sarebbe tra le favorite. Ma Ribery si è rotto. Nasri non è stato convocato. E soprattutto l’allenatore è Deschamps. Che per me è sempre questo:

Rigore Deschamps su Gautieri

COSTA D’AVORIO – GIAPPONE 2-1. Gervinho è della Roma.

ARGENTINA – BOSNIA 2-1. Lulic no.

GERMANIA – PORTOGALLO 4-0. La Merkel pretende rigore, e lo ottiene. Per la precisione al 12′ del primo tempo [è banale e trita e ritrita – lo so – ma non ho resistito]. Muller schianta il Portogallo con una facilità imbarazzante. La Germania ha tecnica, fisico e organizzazione. E hanno le facce cattive. Segnano e quasi non esultano. Non ridono mai. Per me sono i più compatti, la squadra più “squadra”. Ma poi, di solito, arriviamo noi…