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3 cose del Lunedì: 2019 Chinese GP.

Tre cose veloci sul Formula 1 Heineken Chinese Grand Prix 2019.

1) In perfetta continuità con gli ultimi anni, i problemi più seri della Ferrari continuano ad essere al muretto: strategie scontate attuate in modo prevedibile, ordini di scuderia patetici. Questo dopo la nomina a Team Principal di Mattia Binotto. L’ultima volta che il timone del Reparto Corse fu affidato ad un uomo di pura formazione tecnica era il periodo a cavallo tra il 1991 e il 1992. Si trattava dell’ingegnere Claudio Lombardi. Sui risultati, per amor di patria, stendiamo un velo pietoso.

Claudio Lombardi, direttore dell’attività motoristica della Ferrari tra il 1991 e il 1994.

2) In inverno è stato scaricato l’ultimo pilota capace di portare il mondiale piloti Maranello (12 anni fa peraltro, do-di-ci!) per dare il volante della Rossa ad uno dei talenti più cristallini degli ultimi quindici anni. Poi però, in due gare su tre, il Piccolo Principe Leclerc viene “frenato” per favorire Vettel. Che, alla quinta stagione in rosso, tra un testacoda, una sbandata e un lungo, ha trovato il modo di farsi crescere i baffi. Già fuori moda quando a portarli era un certo Nigel Mansell. Altro che, in Ferrari, non è stato particolarmente fortunato.

Nigel Mansell, in Ferrari nelle stagioni 1989 e 1990

3) Quello di Shanghai Era il #GP1000 della storia della Formula 1. Un altro presidente e un altro Amministratore Delegato avrebbero fatto in modo che un appuntamento così importante non venisse bucato in questo modo.

35 anni senza Gilles.

Io quello che stessi facendo l’8 Maggio 1982 alle 13.52 non me lo posso ricordare. Avevo 4 anni, ero piccolo. Mamma e papà raccontano che sapessi riconoscere i piloti dai caschi (che poi, vabbè, a 4 anni Mozart già componeva, ma accontentiamoci…). Comunque, io cosa stessi facendo l’8 Maggio 1982 alle 13.52 proprio non lo so.

Quello che so con certezza è che, da quel giorno, i pochi istanti successivi all’impatto fra la ruota anteriore sinistra della Ferrari 126 C2 di Gilles Villeneuve e la posteriore destra della March di Stirling Moss, quei maledetti secondi prima che il corpo del pilota canadese sbalzato via dall’abitacolo ricadesse sulla rete di recinzione e poi sulla pista, ho provato a fermarli mille volte. Mille volte ho distolto lo sguardo da quella tuta bianca accasciata contro la rete di protezione. Mille volte ho spento la tv, mille volte ho cambiato canale.

Perché Gilles Villeneuve non era solo il pilota “più veloce della storia della Formula 1”, non era un eroe. Era (ed è) un sogno.

Enzo Ferrari ha scritto di avergli voluto bene. Anch’io.

1997-2015, da Jerez a Sepang.

18 anni fa.
26 ottobre 1997, Gran Premio d’Europa a Jerez de la Frontera. La rimonta della Williams di Jacques Villeneuve fa sfumare il sogno mondiale di Michael Schumacher e della Ferrari.

Alla curva Dry Sac il pilota canadese affianca la Ferrari all’interno. L’anteriore destra della Rossa piomba sulla fiancata della Williams. Contatto evidentemente deliberato. Ritiro e sconfitta. Polemiche a non finire. Uno dei momenti, anzi no, probabilmente l’unico momento davvero buio della storia di Schumacher in Ferrari. Qualcuno addirittura lo definì un “ex pilota che non avrebbe più vinto nulla” (in Italia c’è sempre chi ci vede lungo…).

Un mese dopo, sempre a Jerez, durante una sessione di test prima dell’inizio del motomondiale, un pilota che si definiva un grande tifoso di Villeneuve indugiò a lungo davanti ai fotografi baciando l’asfalto del circuito. Guarda un po’, proprio quello della curva Dry Sac.

Era Valentino Rossi.

Chissà se oggi se lo è ricordato.