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Occhio al Caimano.

Probabilmente l’attuale abitudine alla politica urlata via web, l’assuefazione alla ressa di link sul “Pd nel panico”, “Di Maio asfalta Renzie”, “Dibba difende come un leone 27 milioni di italiani” ha ristretto un po’ il campo della discussione politica. Tutto quello che è riferibile a “strategia-politica” è diventato, inesorabilmente, merda.

E invece a me interessa, per un attimo, ragionare, in chiave strategica, sulla “svolta” di Berlusconi per le Amministrative a Roma.

Propongo quindi di resistere alla tentazione di cliccare sull’ennesimo “Renzi e le lobby”, e prendere in considerazione quello che, fino a ieri era lo scenario elettorale della Capitale: M5s inequivocabilmente favorito (Raggi), centrodestra e centrosinistra divisi (Meloni/Bertolaso/Storace, Giachetti/Fassina), un outsider (Marchini) e varie comparse (CasaPound, Msi, Adinolfi e “freak” vari).

Dunque, con questa situazione di partenza (Raggi sicuramente al ballottaggio con uno tra Meloni e Giachetti, Marchini piazzato e Bertolaso staccato) la giravolta di Berlusconi non può essere considerata che uno spregiudicato capolavoro di strategia politica. Far convergere i voti di Forza Italia su Alfio Marchini era infatti l’unica soluzione possibile per l’ex Cavaliere per continuare ad avere voce in capitolo sulle elezioni e (soprattutto) sulla guida del centrodestra. Appoggiare la Meloni avrebbe voluto dire autoescludersi dalla competizione e condannarsi ad essere schiacciato dalla destra salviniana anche (e soprattutto) in chiave nazionale. Abdicare, per capirsi. Magari il centrodestra avrebbe avuto la certezza di raggiungere il ballottaggio, ma dal ballottaggio in poi, Berlusconi sarebbe diventato uno dei tre. A Berlusconi, però, interessa “pesare” in chiave nazionale.

L’appoggio a Marchini, quindi, offre tre diverse possibilità di vittoria per l’ex Cavaliere:

  1. Quella al momento meno plausibile (ma con un mese di campagna elettorale ancora non da escludere del tutto): arrivare direttamente al ballottaggio contro la Raggi. E, di conseguenza, annientare il tentativo di autonomia di Salvini e della Meloni.
  2. Quella più probabile: appoggiare ufficialmente la Meloni al ballottaggio. Ergendosi a salvatore dalla barbarie grillina, ma al tempo stesso dimostrando alla ditta S&M che, in chiave nazionale, ottenere l’appoggio del vecchio leader è ancora fondamentale.
  3. Quella al momento più inverosimile: far appoggiare Giachetti al ballottaggio da Marchini. E rimanere ufficialmente dietro le quinte, ma congelando le posizioni (e la leadership) nel centrodestra. Guadagnando tempo, diciamo così. E non è poco.

L’unico scenario che lo escluderebbe dai “giochi” è la vittoria di uno dei tre competitori al primo turno. Vittoria che, stando ai numeri, al momento non sembra possibile.

La mossa di Berlusconi, quindi, è tutt’altro che disperata. Perciò, occhio al Caimano.

Vietato l’ingresso agli zingari. Quando al sonno della politica risponde la pancia.

Il cartello affisso alla vetrina di un negozio in zona Tuscolano a Roma, e ovviamente rilanciato da gran parte dei quotidiani, mi ha lasciato sgomento. Mi ha lasciato sgomento perchè la scritta “vietato l’ingresso agli zingari” ricorda tanto, ma tanto, quel “vietato l’ingresso agli ebrei e ai cani” che ancora marchia d’infamia un pezzo di storia d’Europa e d’Italia.
vietato l'ingresso agli zingariRicorda tanto quegli atteggiamenti di razzismo diffuso, su cui solo grazie al genio e alla sensibilità artistica di Benigni ne “la vita è bella”, si riesce ad associare un sorriso al groppo in gola.

Giosuè: Perché i cani e gli ebrei non possono entrare babbo?

Guido: Eh, loro gli ebrei e i cani non ce li vogliono. Eh, ognuno fa quello che gli pare Giosuè, eh. Là c’è un negozio, là, c’è un ferramenta no, loro per esempio non fanno entrare gli spagnoli e i cavalli eh, eh… e coso là, c’è un farmacista no: ieri ero con un mio amico, un cinese che c’ha un canguro, dico “Si può entrare?”, dice “No, qui i cinesi e i canguri non ce li vogliamo”. Eh, gli sono antipatici oh, che ti devo dire oh?!

Giosuè: Ma noi in libreria facciamo entrare tutti.

Guido: No, da domani ce lo scriviamo anche noi, guarda! Chi ti è antipatico a te?

Giosuè: I ragni. E a te?

Guido: A me… i visigoti! E da domani ce lo scriviamo: “Vietato l’ingresso ai ragni e ai visigoti”. Oh! E mi hanno rotto le scatole ‘sti visigoti, basta eh!

“Vietato l’ingresso agli zingari” è un affermazione gravissima. Un comportamento da condannare senza mezzi termini e senza mezze misure. Che, come dicevo, mi ha lasciato sgomento. Ma mi ha anche fatto riflettere. Credo infatti che, in modo altrettanto onesto, senza mezze ipocrisie, si debba avere il coraggio di dare, anche ad un comportamento da condannare senza se e senza ma, una seconda chiave di lettura.

Perchè in quella scritta si può leggere anche una richiesta d’aiuto. Di chi, dai comportamenti illegali, irrispettosi e indecenti tenuti e perpetrati costantemente da una percentuale di questi signori (non mi interessa quantificare, che sia l’1, il 30, il 50 o il 90% è lo stesso), è quotidianamente vessato. Da quei comportamenti “minimi” ma costanti, che spesso le istituzioni, la politica o anche le forze di polizia, non prendono nemmeno in considerazione perchè genericamente “non gravi”. Ma che alimentano e fanno sedimentare quel razzismo di pancia che è più pericoloso di mille comizi.
Perchè è vero che recuperare il metallo, o quello che è, nei cassonetti non è grave. Ma forse, per chi ogni giorno trova sporco il marciapiede davanti all’ingresso del negozio dove lavora, è un disagio. Forse, per chi dalle finestre di casa lasciate aperte d’estate, può godere dei miasmi provenienti dai cassonetti lasciati aperti, è un disagio. Crescente.
Perchè è vero che pulire i vetri delle auto ferme ai semafori (peraltro in modo più o meno educato) non è grave. Ma forse, per la donna che ogni mattina, nel traffico, sulla strada tra casa e il posto di lavoro, deve sopportare ad ogni semaforo l’insolenza di chi, con acqua e “lavavetri”, spruzza, sporca e poi – forse – pulisce, il disagio diventa un fastidio. Crescente. Poi però, capita che a questi disagi, a questi fastidi, si sommi la casa svaligiata. E il senso di impotenza, e di resa, che trasmettono i carabinieri quando, come unico consiglio, ti dicono di provare a girare per i mercatini per cercare di recuperare qualcosa. Allora il fastidio diventa un problema. E Grande. Anche per chi, un cartello del genere non l’avrebbe mai neanche immaginato.

Quindi è necessario che di questi disagi la politica, e con essa (e in particolare) la sinistra, si faccia carico. E che gli amministratori smettano di nascondersi dietro i “non hai capito” o “stai sbagliando”. Smettano di bollare la questione con semplicistici “sei di destra” o “sei razzista”. Smettano di sbandierare la parola “integrazione” con quella morale viscida e supponente, quel senso di superiorità etica che, finora, a prodotto scarsissimi risultati sul piano dell’inclusione sociale e enormi danni su quello dell’esclusione. Perchè è proprio chi è vessato da questi comportamenti a sentirsi escluso. E chi si sente escluso risponde di pancia.

Ecco. Perchè a me, sia chiaro, quel cartello fa schifo. Ma le istituzioni, i politici, cosa fanno per evitare che ci sia sempre qualcuno in più spinto ad esporlo?

L’Italicum, dubbi e speranze.

Cito l’On. Roberto Giachetti. Fare ha un prezzo ed è molto più difficile che disfare. Fare insieme necessita l’esercizio di una particolare intelligenza in grado di predisporci a comprendere che quella parola ‘insieme’ nega il principio che la ricetta sia una sola: la nostra. Fare insieme necessita di una disponibilità al confronto e alla rinuncia del ‘tutto noi’. Accade poi che chi non si predispone a questo, chi si chiama e si tiene fuori, non può/sa far altro che opporsi a tutto a prescindere, rinunciando anche a quella parte di proprio che invece avrebbe potuto spendere per il raggiungimento di un obiettivo.

Parole che condivido.

Detto questo, l’Italicum non è, per me, la legge elettorale ideale. Anch’io, come molti, avrei preferito il ritorno al “Mattarellum” e per questo ho sostenuto, nei mesi scorsi, l’iniziativa dello stesso Giachetti. Iniziativa che, però, per una particolare alchimia, ha visto la strenua opposizione dello stesso PD (prima) e M5s (poi). E’ bene non dimenticarlo. Anch’io poi, come molti, ho i pruriti quando sento parlare di accordo Renzi-Berlusconi. Ma non dimentico, come fanno invece alcune semplificazioni giornalistiche (o 5stellistiche, o sinistraelibertistiche) che l’accordo è fra i rappresentanti dei 2 maggiori partiti in Italia. Perché, insisto, piaccia o no, questo è ancora Berlusconi.

Trovo però positivo che il sistema approvato oggi preveda una soglia per il premio di maggioranza, un eventuale ballottaggio e dei collegi plurinominali. Collegi che, seppur con qualche limite, collegando 4 o 5 candidati a un territorio evitano lo squallido sistema delle “liste bloccate” previste dal Porcellum. Sono invece sinceramente sconcertato sulla decisione di rendere valido il sistema solo per la Camera. Per un motivo strettamente legato agli intenti del governo. E’ possibile votare con due sistemi completamente diversi, l’Italicum per la Camera e il proporzionale puro per il Senato? Mi sembra un controsenso se l’obiettivo è creare un sistema che consenta, a chi vince, di governare. Devo quindi credere che, a breve, si procederà alla riforma del Senato. O no?

E nel frattempo, mi chiedo, con quali (e quanti) senatori si garantirà l’iter della legge? Con quelli che, fin da ora, dichiarano che la stessa deve essere profondamente cambiata?

Insomma, Renzi si è preso un bel rischio. Portare a casa questo primo risultato, anche se con molte sofferenze, questo primo risultato sarebbe molto importante, per “sturare” una conduttura “attappata” e consentire all’acqua di riprendere a scorrere. Magari non velocemente come – “una riforma al mese” – aveva annunciato il Premier, ma comunque a scorrere. Altrimenti si rischia un altro pantano.

A 5 stelle di distanza.

Per anni si è detto e scritto circa la distanza tra deputati e persone comuni. Tra la politica economica e le bollette da pagare. Tra le politiche sociali e la mancanza di diritti certi per tutti. Tra le politiche fiscali e i pagamenti ritardati o le fatture non saldate. Si è detto e scritto, insomma, di quanto fosse diventata esasperatamente incalcolabile (e, forse, irreversibile) la distanza tra “la politica” e la vita di tutti i giorni. E’ ovvio – s’è sempre detto e scritto – so’ tutti uguali, fanno tutti schifo!

Alle elezioni politiche del febbraio 2013 una percentuale di quell’esasperazione ha dato fiducia a chi la voglia di ridurre (anzi, di azzerare) quella distanza la urlava, senza giri di parole prima su internet e poi nelle piazze. A furia di vaffanculo, ma vabbè (a volte ci stanno). Una buona percentuale, per carità. Ma pur sempre una percentuale. Anzi, una percentuale di una percentuale. Perché nessuno (nessuno! partito, movimento o elettore che sia) deve ignorare come anche un lusinghiero 20% sia pur sempre il 20% di un 50%.

Comunque, s’è detto e s’è scritto, che quella percentuale avrebbe pesato. Che le sentinelle a 5 stelle avrebbero circondato il parlamento e l’avrebbero aperto come una scatola di sardine. Che le malefatte dei partiti avrebbero avuto le ore contate. Che i “cittadini” avrebbero avrebbero guardato a vista i “nominati”. Anche la scelta degli scranni era parte di questa rivoluzione. Né a destra, né a sinistra, né al centro. Ma in alto, per controllare.

Dopo un anno, però, le sentinelle sembrano più distanti di quanto non lo siano i presunti “sorvegliati”. Sono lì fisicamente, certo. Possono essere chiamati-contattati-consultati (a volte anche comandati) via web, ma sono lontani – anni luce – da quello che tutti (diciamoci la verità, non solo i loro elettori) si aspettavano.

Tanto distanti da aver appreso perfettamente il peggio della “seconda repubblica” e essere incapaci di rappresentare il “meglio” della terza.

Tanto distanti da aver sostituito la “macchina del fango” con quella “dell’insulto”.

Tanto distanti da aver assorbito dagli stessi politici che avrebbero dovuto cacciare come nascondere l’assenza di idee per mezzo di spocchia e presunzione. Anzi, per mezzo di urla e di “vaffanculo” (che, comunque, sarei in grado di distribuire anche io con la stessa magnanimità facendomene però meno vanto).

Tanto distanti da non capire che è anche al loro miope e presuntuoso voler governare a tutti i costi da soli che dobbiamo lo scempio delle larghe intese.

Tanto distanti da precipitare nel torto, anche quando dovrebbero aver ragione.

Tanto distanti da non capire la differenza tra “opposizione” e fascismo.

Troppo distanti.

La “prima volta” della Boldrini.

Che ci sia sempre una prima volta, è cosa risaputa. Ma ci sono “prime volte” (con le virgolette, da allusione e occhiolino strizzato), Prime Volte (con le maiuscole, da grande evento) e prime volte (tutte minuscole). Questa è una prima volta da tutte minuscole. L’ostruzionismo è una “procedura” parlamentare consueta e che, peraltro, la sinistra ha utilizzato spesso. Proprio quella sinistra di cui Laura Boldrini fa parte – candidata con Sinistra Ecologia e Libertà in 3 circoscrizioni (e precisamente nella lista delle ventitré persone nominate dalla segreteria del partito) e alla cui storia politica si ispira (o almeno dovrebbe ispirarsi). E quella storia politica dice che a volte, in parlamento, si perde. Anche su questioni importanti. Ma dice anche che le opposizioni (e con esse le istituzioni) si devono sempre rispettare. Anche se non se lo meritano (e spesso i “grillini” – arroganti, volgari, presuntuosi e clamorosamente inconcludenti – non se lo meritano). La “ghigliottina”, pero’, non rispetta né le istituzioni, né il governo. Tantomeno il  Parlamento.