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Check Point.

Jean-Christophe Rufin è uno dei fondatori di Medici Senza Frontiere. Ma Check Point non è un libro su Medici Senza Frontiere. Né un elogio incondizionato dell’impegno umanitario e della cooperazione. Tutt’altro. Rufin – che evidentemente sa di cosa parla – non ne mitiga i limiti e non ne nasconde le eventuali strumentalizzazioni. Che siano personali o, più in generale, politiche.

Jean-Christophe Rufin, Check Point, E/O.
Jean-Christophe Rufin, Check Point, E/O.

Cinque ragazzi della ONG francese Tête d’Or, attraversano in camion gli scenari più tragici del conflitto nella ex Jugoslavia per portare aiuti umanitari in un villaggio bosniaco. Ma i cadaveri, le esplosioni, i “check point”, non stravolgeranno il loro viaggio quanto le amicizie, i rapporti, i tradimenti e gli opportunismi nati – deflagrati, potremmo dire – nelle cabine di guida. Scontri, turbamenti, sentimenti, che li costringeranno ad interrogarsi sulle motivazioni più profonde che li hanno spinti a scegliere l’impegno e ad affrontarne i rischi. E’ questa la forza della storia. Rufin non propone analisi ideologiche o critiche socio-politiche. Non divide in buoni o cattivi. Mostra, senza censure, gli aspetti più intimi dell’impegno umanitario. E, di conseguenza, i suoi limiti. Sembra voler sottintendere un rimpianto per il pionierismo improvvisato e sincero delle prima missioni, indugiando sulle motivazioni più alte, più nobili ma senza sorvolare su quelle più superficiali o utilitaristiche.

Un racconto sincero.

P.s. La copertina è la nota dolente. Per carità, io sono sicuramente esagerato. Ma quelle delle edizioni E/O sono, spesso, davvero meravigliose. Quelle dei libri di Carlotto, ad esempio. O di quelli di Izzo. Ecco, non questa. Che sembra la locandina di una fiction.