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Machu Picchu. Pietra nella pietra, e l’uomo dov’era?

Pietra nella pietra, e l’uomo dov’era?

Aria nell’aria, e l’uomo dov’era?

Tempo nel tempo, e l’uomo dov’era?

[Pablo Neruda, Alturas de Machu Picchu, da “Canto generale”, 1950]

Attraverso un concorso organizzato dalla società svizzera New Open World Corporation il sito archeologico di Machu Picchu (Perù) è stato inserito tra le nuove 7 meraviglie del mondo. Al di là del valore assolutamente non scientifico di questo riconoscimento, l’iniziativa infatti non era legata in alcun modo all’UNESCO, il fascino e la bellezza dell’antica cittadella inca sono assolutamente indiscutibili.

Tradizionalmente considerata un centro politico, religioso e amministrativo collegato alla capitale Cuzco per mezzo di una complessa rete di cammini, secondo un’ipotesi più recente era la residenza progettata dal sovrano Pachacutec, il sovrano che, grazie alle sue conquiste militari, può essere considerato il fondatore dell’impero Inca. Nonostante gli innumerevoli studi la reale funzione di Machu Picchu resta un mistero, così come il momento – e il motivo – del suo abbandono.

Ma è impossibile limitare ai dati storici, archeologici o etnografici, né a qualche misteriosa leggenda, quello che la vista di questo sito, così arroccato sulla montagna da sembrare tuttora inaccessibile, comunica a chiunque ne varchi l’ingresso.

Attraversare la Porta del Sole – l’Intipunku – al termine del trekking lungo il “Cammino Inca” è stato, per me, un salto indietro nel tempo. E credo davvero che la stessa cosa valga per tutti. Per chi sceglie di raggiungerlo a piedi, da solo o in gruppo. Per chi attende per ore, dalle prime luci dell’alba, i pullman che dal paesino di Aguas Calientes (oggi Machu Picchu Pueblo) si inerpicano tra i tornanti sterrati fino al sito archeologico. Per chi sceglie di visitarlo da solo. Per chi si affida alle (più o meno) esperte guide locali.

Un salto indietro nel tempo al 24 luglio del 1911. All’esatto momento in cui il piccolo Pablito mostrò all’esploratore americano Hiram Bingham, per la prima volta, le maestose rovine.

Lasciandolo incredulo, a bocca aperta.

Mezzogiorno era passato da poco e noi ci sentivamo completamente esausti, quando raggiungemmo una piccola capanna coperta d’erba, a un migliaio di metri sopra il fiume, dove numerosi e pacifici indios, piacevolmente sorpresi dal nostro inaspettato arrivo, ci diedero il benvenuto con stillanti zucche piene d’acqua deliziosamente fresca. A quanto pareva due capifamiglia indiani avevano scelto questo nido d’aquile per loro dimora. A farmi da guida, questi due mandarono un ragazzino.

Strisciammo nel denso sottobosco, ci arrampicammo per le terrazze e tra i bambù, dove la nostra piccola guida avanzava molto più facilmente di quanto non potessi fare io. Assolutamente inattesa, sotto un’enorme prominenza rocciosa, il ragazzo mi mostrò una grotta stupendamente rivestita di bellissime pietre: si trattava, evidentemente, di un mausoleo regale. Sulla vetta della prominenza poggiava un edificio semicircolare. L’andamento della costruzione seguiva la curvatura naturale della roccia, cui aderiva per mezzo di uno dei migliori esempi di opera muraria che avessi mai visto. Era senza dubbio opera di un artista. Le linee eleganti, la disposizione simmetrica dei blocchi di pietra, la sequenza digradante dei corsi, tutto contribuiva a produrre un magnifico effetto. Pareva un sogno, non riuscivo a credere ai miei occhi. Mi dicevo che questo muro e il tempio circolare fossero tra le più belle opere murarie del mondo.

Avevo un nodo alla gola. Cos’era quel luogo? E come mai nessuno finora ne aveva mai sospettato l’esistenza?

Il ragazzo ci indusse ad arrampicarci su per un ripido colle, sul quale prova ci fosse una scalinata di pietra. A una sorpresa, in quel luogo, ne seguiva subito un’altra.

Uno spettacolo da lasciare a bocca aperta…

[da The lost city of the Incas, Hiram Bingham]

Il sergente Carrasco, interprete di Bingham, e Pablito Alvarez.

Un San Gennaro al contrario.

Il Vesuvio è il ricordo millenario della tragica distruzione di Pompei, Ercolano, Stabia e Oplontis. Ed è l’immagine, ineludibile, del rischio futuro. Imprevedibile e incontrollabile. Sotto la cui ombra, nonostante tutto, scorrono le vite di quartieri, paesi, comunità. Si affannano le mamme, affaccendate con i bambini intorno. Sciamano gli studenti, con le cuffiette nelle orecchie e lo smartphone fisso davanti agli occhi. I pendolari  ripetono inesorabilmente il tragitto casa-lavoro-casa, accalcati nei vagoni precari della Circumvesuviana o chiusi in macchina, nel traffico della Statale 18. I nonni si muovono sicuri tra i banchi del mercato. Qualcuno non fa niente. Qualcuno fa, e non dovrebbe fare.

A quella sagoma minacciosa sopra la testa forse non pensa nessuno. Perché nessuno può chiedergli nulla. E’ un San Gennaro al contrario, il Vesuvio. Da cui nessuno può pretendere comprensione. A cui nessuno può implorare perdono. Ma davanti al quale chiunque non può che sentirsi piccolo, impotente. Uno qualunque. Uno dei tanti. E deve abbassare lo sguardo.

Anche se il fumo lo nasconde. Anche se è un boss.vesuvio incendio 2017

 

Un italiano, un arabo e un africano.

Napoli, più o meno le 22.30 di Venerdì sera. Sto tornando in albergo e ho bisogno di comprare una bottiglia d’acqua. Entro nel primo negozio che incontro. Uno di quelli che vende un po’ di tutto, aperto praticamente sempre. Un arabo, sonnecchia su una sedia fuori dall’ingresso. E già sarebbe da fotografare per l’espressione beata, appoggiato ad una pila di rotoli di carta igienica e carta assorbente (peraltro, grande offerta: 8 rotoli 1€!). Comunque, entro. Il tempo di fare un passo verso un indistinto mucchio di bottiglie, e da dietro lo scomparto della frutta sento delle urla. Ma proprio forti. E poi, un secondo dopo, ancora più forti, le risate di tre persone. Prendo l’acqua, m’affaccio. Un arabo, un africano, e un italiano. Continuano a ridere a crepapelle. Viene da ridere anche a me. L’arabo si avvicina alla cassa, “un’acqua? 70 centesimi”. E in napoletano mi fa “scusass’ capo, ma chisti duje song proprio sciemi”. Sorrido. Pago l’acqua. Esco. Loro ridono ancora.

Penso che potrebbe essere l’inizio di una bella storia: un italiano, un arabo e un africano ridono.

Napoli, Piazza della Sanità, "Luce" di Tono Cruz.
Napoli, Piazza della Sanità, “Luce” di Tono Cruz.

La verità è rivoluzionaria.

Sarò impopolare, ma a me della querelle sullo stipendio del capo di gabinetto del Sindaco di Roma non frega proprio niente. Quantomeno non in questo momento. Mi interessa che faccia bene il suo lavoro, e che lo faccia nell’interesse di tutti i romani. Ma soprattutto mi interessa che i cittadini da questa vicenda traggano spunto per iniziare a valutare ed eventualmente a mettere in discussione l’operato dell’Amministrazione che hanno chiamato a governare la città sulla base delle scelte che compie. E, magari, sulla base di quanto esse si discostino da quel “sentimento rivoluzionario” che ha generato il plebiscito di Giugno. Non può esistere, infatti, una rivoluzione che non sia generata da un desiderio diffuso di “vero”. E non può esserci “verità” raggiungibile senza critica, senza la capacità, e il coraggio, di andare al di là della propria (umana e ragionevole) parzialità. La critica è garanzia per la rivoluzione. La scuote, la frusta, la strazia a volte, ma la protegge. Ne custodisce l’integrità. E’ questo il corto circuito in corso. Quella evocata dalle grida “Onestà-Onestà” e celebrata dai link “Vergogna”-“In Galera”-“L’ha fatto davvero” è una rivoluzione che rifiuta il dubbio, che considera eretico l’approfondimento, che rigetta la critica: è una rivoluzione nata già regime. In cui tutto è slogan, insulto, spot. O anche sport, visto che siamo in periodo di Olimpiadi. Che magari a Tokio 2020 le medaglie potrebbero anche aumentare, basterebbe il campionato di condivisione seriale, specialità Tze-Tze, ItaliaRialzati e Orgoglioa5stelle.

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Clamoroso!

Dalla mezzanotte di ieri su Facebook gira questo titolo, questa immagine e questa notizia:

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Ovviamente si tratta di link e di siti della galassia di pseudo-informazione targata Casaleggio/5stelle.

Ora, a parte la notizia in sé (gravissima, sia chiaro) relativa all’arresto di un consigliere comunale del Pd di Siracusa per traffico di droga, con un imprevedibile slancio di generosità vorrei porre su alcuni aspetti della stessa l’attenzione di quei “megafoni” che livorosamente da ieri la rilanciano sulle loro bacheche:

  1. la notizia è del 29 aprile, non di ieri.
  2. L’immagine usata per attirare link è truffaldina, come si confà al sistema di comunicazione social pentastellato. Spiegone per i meno “attenti”: i poliziotti che sembrano uscire dalla sede del Partito Democratico sono in realtà quelli che ne sorvegliano l’accesso in occasione di particolari manifestazioni e/o incontri. Come avviene, peraltro, per tutte le sedi di partito. E meno male, dico io, visto l’odio generalizzato che “qualcuno” sta fomentando.
  3. Capisco l’ossessione per il Pd e, per carità, il sacrosanto sdegno per l’episodio in questione, ma con la politica questa notizia non ha nulla a che vedere. D’altronde, pensateci un attimo, sarebbe come se un link M5S trema! – Clamoroso! – Amministrazioni di Roma e Torino nel panico! portasse alle notizie della condanna di Grillo per omicidio colposo, dei suoi guai per abuso edilizio, o delle ripetute condanne per diffamazione.
  4. Non attaccate con la solfa del “i TG non ce lo dicono!!” perché la cosa ha avuto il risalto che meritava. Ad esempio: ANSA, LA REPUBBLICA, IL FATTO QUOTIDIANO, SECOLO D’ITALIA, IL GIORNALE, TG… Certo, i Telegiornali bisognerebbe guardarli. I quotidiani bisognerebbe leggerli. Mi rendo conto che Tze-Tze sia molto più comodo.

Quindi, o tu che da ieri indignato, schifato e incazzato, rilanci sulla tua pagina Facebook questo link sappi che stai rilanciando una notizia vecchia, di cui s’è già discusso e che non c’entra niente con la politica. E che, soprattutto, viene ciclicamente riproposta con l’unico scopo di far guadagnare soldi al “padrone del vapore” attraverso i click.

Insomma, amico mio, non è che stai proprio facendo la figura del genio.

Un’ultima cosa: PIDDIOTA – ONESTA’-ONESTA’ – CONDIVIDETE TUTTI – GOVERNO NEL PANICO. Me lo scrivo da solo, ma lo faccio per te. Voglio stimolarti a trovare altri argomenti ed altre parole. L’italiano è una lingua affascinante, offre infinite possibilità lessicali. Prova, ne rimarrai stupito!