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La testimonianza di una sopravvissuta.

Il rilievo con genio alato inginocchiato esposto a Roma nel settore del Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco dedicato all’arte mesopotamica proviene da una delle sale del Palazzo di Nimrud. Quel palazzo e quella città che, secondo fonti curde (a quanto sembra confermate proprio dal ministero iracheno per il Turismo e le antichità), i miliziani dell’Isis avrebbero raso al suolo con le ruspe [leggi qui].

Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco, Genio alato inginocchiato,  Impero neo-assiro, regno di Assurnasirpal II (883-859 a.C.), Calcare alabastrino
Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco, Genio alato inginocchiato,
Impero neo-assiro, regno di Assurnasirpal II (883-859 a.C.), Calcare alabastrino

Questa lastra, semisconosciuta, custodita da un altrettanto semisconosciuto (purtroppo) Museo di Roma, è una sopravvissuta. E tra mille anni, quando gli uomini – come da loro natura – avranno dimenticato, continuerà a testimoniare la grandezza della civiltà assira e l’infimità del califfato di Al Baghdadi.

Distanze.

Le battute sull’Isis che si ritroverà imbottigliata sul Raccordo Anulare non mi fanno ridere.

Tra Sirte (Libia) e Lampedusa (Italia, specifica necessaria soprattutto per l’UE che, evidentemente, da qualche anno se lo è dimenticato) ci sono circa 600 km. Poco più della distanza tra Roma e Milano. Poco meno di quella tra Milano e Napoli. Distanze che qualche migliaio di persone copre in macchina, treno o pullman ogni domenica per assistere a una partita di calcio.

Perciò sì, i terroristi dell’Isis sono alle porte di Roma. E non sono affatto imbottigliati sul Raccordo Anulare. Quello che accade lì, volenti o nolenti, è affar nostro.

LDAPOST della domenica. Roma-Parma 0-0. Nuvole basse.

La fregatura era dietro l’angolo. Ce lo insegnava la storia della Roma (con l’innata capacità di far tornare in salute i malati più disperati) e l’elenco di statistiche negative degli avversari. Eppure tanto era – ed è – disperata la condizione psico-economica del Parma da far sperare che la Roma – seppur rimaneggiata, acciaccata e spuntata – sarebbe riuscita a fare quello che, fino ad oggi, contro i gialloblù ha fatto un buon 90% delle squadre di Serie A: vincere.

E nonostante un inizio lento e macchinoso, il primo anticipo azzeccato da Cole nella stagione (per carità, già al 25esimo del primo tempo) faceva davvero pensare che ‘sto pomeriggio uggioso ci avrebbe riservato un sorriso.

Sì, col cazzo.

Doumbia, neo arrivo e neo campione d’Africa, stravolto da un mezzo giro del mondo e un conseguente jet lag che avrebbe stroncato un supereroe, viene buttato inspiegabilmente nella mischia dopo aver, con ogni probabilità, avuto il tempo di capire solo il senso letterale del motivo del suo acquisto. E quindi per “sostituire Destro” ha sfoggiato una proprietà di palleggio degna dei tornei da Bar dello Sport, una lucidità nei movimenti verso l’aria piccola degna del predecessore e il talento naturale di stare in mezzo alle palle nei momenti decisivi (ostruendo per due volte la porta ai tiri di Ljajic). E il fatto che Keita, dopo l’ennesimo passaggio sbagliato, già al 31esimo si mettesse le mani tra i capelli scuotendo la testa dava idea di quello che avremmo dovuto vedere e sopportare. Cioè pressappochismo nei passaggi, impalpabilità nelle conclusioni e ritmi talmente lenti da far sembrare Cole un giocatore proponibile in serie A.

Tra i titolari solo Florenzi e Ljajic (inspiegabile la sua sostituzione) hanno provato a scuotere la squadra. E a scuotermi da quel torpore in cui il mix divano, nuvole basse e partita di merda mi aveva fatto precipitare. E solo i tre ragazzi subentrati (Verde, Sanabria e Paredes – inciso nell’inciso: forse valeva la pena dargli una chance al posto dei due fantasmi ivoriani?) hanno mostrato di poter imprimere, seppur nella confusione generale, un cambio di passo. Li ringrazio, tutti, per il tentativo. Reso mirabilmente vano dai patetici tentativi di Gervinho di stoppare palloni con il petto, e dalla scelta di attaccanti e centrocampisti di non attaccare mai (mai! mai!) l’area piccola. Aggiungiamoci poi che, nelle sparute circostanze in cui quel rettangolo di 18,32m x 5,50m tra la linea di porta e il dischetto del rigore vedeva la presenza di maglie giallorosse, cadute rovinose (Doumbia) e traverse spizzate da venti centimetri (Cole) non hanno fatto altro che rendere le prospettive ancora più cupe. Le nuvole ancora più basse. E i rodimenti di culo ancora più vorticosi.

Milano-Roma. Anzi, Milano-Magliana.

Treno Milano-Roma. Oggi.

Tre ventenni passano il tempo progettando le tappe del loro weekend a Roma.

Weekend che, peraltro, chiamano “ferie”. Oh raga, non ci credo che sono in ferie. E da solo, con i miei amici! Sono tre anni che non faccio ferie. Meno male che ‘st’esame l’ho passato... Ah, ok.

La scelta del programma per oggi è tra un giro a Trastevere e la visita a Castel Sant’Angelo.

Oh, controlla sul telefono gli orari.

Oh raga, come si scrive castel Sant’Angelo? (E come vuoi che si scriva..)

Silenzio. Mappa aperta sul tavolino.

Ando sta ‘a Majana?. Sento, con quel marcato accento alla Celentano che interpreta Rugantino.

Oh, raga (rafforzativo). Ando ‘sta ‘a Majana?. Eccoci, ci siamo. Faccio in tempo a pensare.

Che poi, io avrei fatto come il Dandi. (Così, dal nulla.)

Eh, lui sì che era figo, che li ha mandati tutti a cagare. (Tutti?)

Che poi, si era sposato quella là, che l’era un puttanun! (Ah, un puttanun. Ma dai?)

Eh ma sai, il Libano in realtà l’ha ucciso la Mafia.

E lo Stato.

Come il freddo, Lo stato si fa sempre i cazzi suoi. (Sempre, sempre. “Raga”, è un mondo difficile..)

Io però avrei fatto come il Dandi, lui sì che era figo. (Ancora)

Porcoddiaz se era figo (Uh, fighissimo..)

Ma allora, raga. Ando sta ‘a Majana?

15.09. Arrivo. Stazione Ostiense. Comunque, sta lì dietro. ‘A Majana.

(Toto)Quirinale.

Senza inutili sofismi: non posso tollerare che per la Presidenza della Repubblica circolino nomi di “seconde scelte” anche all’interno dello stesso Pd (Gentiloni, Franceschini, Finocchiaro…), ex da ricollocare (Veltroni, Casini, Rosy Bindi…). O quello di Monti, che si è bruciato da solo con l’esperienza di governo.

Al Quirinale si deve votare una figura dal profilo istituzionale altissimo (anche mi rendo conto che,visti i tempi e l’inesorabile passare di legislature e “repubbliche”, sono sempre meno).

L’italia merita una personalità rispettata (e da rispettare) con una storia politica, sociale o professionale chiaramente “di parte”. Ed ha bisogno che quella “parte” sia la parte della legalità.

Perciò, io dico Piero Grasso o Nicola Gratteri.