Senza di Lui, il diluvio.
Lucidamente: con l’acquisto di Higuain la Juventus c’ha appena apparecchiato il secondo posto.
Non facciamo cazzate.
1) Higuain ha battuto il record di Nordahl. La Roma è il miglior attacco della Serie A (nonostante Dzeko). Il campionato, però, lo ha vinto la squadra con la miglior difesa. Come sempre.
2) Pjanic, Nainggolan, Strootman (#DajeKevin) e De Rossi, formano un centrocampo mostruoso. Fatecelo godere un po’. Quantomeno come risarcimento per averci fatto vede’ Greco, Simplicio, Gago e Tachtsidis.
3) In 5 mesi Spalletti ha dimostrato come gli allenamenti, la tattica, l’addestramento, la preparazione delle partite e l’applicazione contino in molti casi più del nome e del numero sulla maglia, in qualche altro caso almeno quanto il nome e il numero sulla maglia. Ma anche come gli allenamenti, la tattica, l’addestramento, la preparazione delle partite e l’applicazione giovino a tutti i nomi, a tutti i numeri, e a tutte le maglie. E non è poco.
Ergo, con la sobrietà di sempre, dateme un terzo centrale coi fiocchi (Benatia, se ce scappa), un terzino destro titolare, non toccate il centrocampo, e s’abbracciamo.
L’ho scoperto, finalmente.
Quello che ho temuto ci fosse negato da un ineluttabile destino.
Quello che troppe volte c’è sfumato davanti agli occhi, in un attimo.
Quello che ciclicamente proviamo a ricercare lontano, nell’inossidabile “proyecto” tinto di blaugrana o nell’operoso e “testaccino” Leicester. Aggrappati alle sfumature malinconiche del nostro passato, per sentirci parte – anche piccola – di una felicità “altra”.
Quello che in molti c’hanno descritto, sorridenti e irridenti, prima di indicarci i provinciali confini del nostro limitato orizzonte. Quello che hanno provato a spiegarci, saccenti e presuntuosi, puntando il dito contro i nostri sentimenti da Raccordo Anulare.
Ieri però l’ho scoperto, finalmente, com’è ‘na gioia. In tre minuti.
E questa è la differenza che c’è tra noi, e tutti gli altri.
Sembrava un semplice lunedì sera d’Aprile. Uno come tanti.
Ma è stato chiaro fin dalla lettura delle formazioni che i puri di cuore sarebbero stati chiamati ad affrontare un cammino di fede di 90′, accidentato e periglioso. E che per uscirne purificati e rafforzati spiritualmente, avrebbero dovuto sopportare con incrollabile fiducia Iago Falque a centrocampo. E con indissolubile serenità i 3 pali di Salah e il goal di Rossettini.
E fiducia e serenità non hanno mai abbandonato gli animi devoti (ecco, a ben vedere forse sulla serenità ho un po’ peccato…). Fino al fatidico 70esimo.
Quando sul dogma della rinascita giallorossa, l’infallibilità divina di Luciano Spalletti da Certaldo, è calata la perversa oscurità dell’eresia.
Quando, nonostante agli occhi di tutti i fedeli in piena trance mistica fosse apparsa la “Santa Trinità della mossa disperata” (Zukanovic centrale – Rudiger terzino – Florenzi esterno alto) a preannunciare in un turbillon di triangolazioni, verticalizzazioni, accelerazioni, sovrapposizioni, cori di angeli e squilli di trombe il definitivo trionfo del Bene, la maligna devianza ha assunto le sembianze del tristo Edin Džeko.
Mo, ce vo’ fede davvero.