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29 dicembre, #ForzaMichael.
Chi ha una passione se la porta dentro sempre.
Anche se a volte diventa un fagotto complicato da portarsi appresso, la passione.
Perché quando delude è una delusione cocente, che sembra ti marchi a fuoco per sempre. Ma sono proprio quelle delusioni cocenti che rendono indimenticabili le gioie. Anche se, quantitativamente, sono meno.
Ma in entrambi i casi ti ricordi tutto, e tutti. Dove stavi. Chi c’era. Chi non c’era. Un gesto, una parola, una risata, un’imprecazione. A volte qualche lacrima. Ti ricordi a chi devi le gioie. E chi ha causato i dolori. In uno scambio reciproco continuo, tra passione e appassionato. Tra tela e pittore, tra squadra e ultras, tra strumento e musicista.
Tra scuderia e tifoso.
Perché se i miei occhi di appassionato ferrarista hanno accompagnato tutta la carriera di Michael Schumacher, è altrettanto vero che le vittorie e le sconfitte di Michael Schumacher hanno accompagnato molte (praticamente quasi tutte) fra le cose più rilevanti della mia vita.
La vittoria sotto il diluvio a Barcellona nel 1996.
La ruotata maldestra alla Williams di Villeneuve nel 1997.
L’incidente di Silverstone nel 1999.
Il titolo mondiale vinto a Suzuka nel 2000. A farmi capire quant’è bello, finalmente, poter piangere di gioia. E i 4 seguenti. Con i quali mi piace pensare mi abbia voluto risarcire per i ventuno anni passati ad aspettare.
L’annuncio dell’addio dopo la vittoria a Monza nel 2006.
Il quarto posto di San Paolo. Quando a nessuno interessava più della vittoria di Massa e di Alonso campione del mondo, perché la Ferrari numero 5 stava rimontando dall’ultimo posto a furia di sorpassi all’esterno e staccate mozzafiato.
La speranza del ritorno nel 2009.
E poi il 29 dicembre dell’anno scorso. E l’inaccettabile banalità della normalità. Quando cadendo non contano i titoli mondiali, i sorpassi, le staccate.
Però un tifoso appassionato fa il tifo sempre. Anche quando non serve. Anzi, soprattutto quando non serve. E anche quando le cose vanno male vede comunque la vittoria.
Non ora, va bene. Ma magari tra un po’. Più in là.
E’ questo il bello delle passioni.
Perciò forza, Michael.
I miei 10 libri
Scritti di getto, senza pensarci (troppo) e in ordine sparso. Insomma, come prescritto dai social network.
1) Piloti, che gente di Enzo Ferrari.
2) L’amore del bandito di Massimo Carlotto.
3) la trilogia di Montale (Casino Totale, Chourmo, Solea) di Jean-Claude Izzo. Perchè la fine mi ha fatto piangere a dirotto.
4) la trilogia dei “nostri antenati” (il Barone Rampante, il Cavaliere Inesistente, il Visconte Dimezzato) di Italo Calvino.
5) Febbre a 90° di Nick Hornby. Letto e riletto. Quasi una volta a domenica…
6) Anche gli orsi faranno la guerra di Paolo Alberti.
7 e 8) I ragazzi della via Pal di Ferenc Molnar e La Storia Infinita di Michael Ende. Perchè tutto parte dai libri con cui si diventa grandi.
e poi…
9) Latinoamericana di Ernesto “Che” Guevara. Ebbeni sì, perchè per quanto nella vita si possa cambiare, quel libro insegna da che parte cercare il proprio cuore.
10) I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. Che se non fosse una rogna al liceo, piacerebbe – sempre – a tutti.
Natale de guerra.
Sul comodino, da un po’ di tempo, ho una raccolta di poesie e sonetti di Trilussa.
Questa si intitola Natale de Guerra. E sì, certo, fine Luglio non è periodo da “poesie di Natale”. Però mi ha colpito perchè è stata composta a Roma nel 1916, pensando alle trincee della Grande Guerra, ma a pensarci bene avrebbe potuto essere scritta a Gaza, nel 2014.
Ammalappena che s’è fatto giorno
la prima luce è entrata ne la stalla
e er Bambinello s’è guardato intorno.
– Che freddo, mamma mia! Chi m’aripara?
Che freddo, mamma mia! Chi m’ariscalla?
– Fijo, la legna è diventata rara
e costa troppo cara pè compralla…
– E l’asinello mio dov’è finito?
– Trasporta la mitraja
sur campo de battaja: è requisito.
– Er bove? – Pure quello…
fu mannato ar macello.
– Ma li Re Maggi arriveno? – E’ impossibbile
perchè nun c’è la stella che li guida;
la stella nun vò uscì: poco se fida
pè paura de quarche diriggibbile…-
Er Bambinello ha chiesto: – Indove stanno
tutti li campagnoli che l’antr’anno
portaveno la robba ne la grotta?
Nun c’è neppuro un sacco de polenta,
nemmanco una frocella de ricotta…
– Fijo, li campagnoli stanno in guerra,
tutti ar campo e combatteno. La mano
che seminava er grano
e che serviva pè vangà la terra
adesso viè addoprata unicamente per ammazzà la gente…
Guarda, laggiù, li lampi
de li bombardamenti!
Li senti, Dio ce scampi,
li quattrocentoventi
che spaccheno li campi? –
Ner dì così la Madre der Signore
s’è stretta er Fijo ar core
e s’è asciugata l’occhi cò le fasce.
Una lagrima amara pè chi nasce,
una lagrima dòrce pè chi more…
I Traditori dei traditori.
Milano e l’Expo. Poi Venezia e il Mose. Frigerio, Greganti, Orsoni, Galan…
Corruzione, tangenti, politica. Ma non solo politica. Quella che sta venendo fuori è una parte malata, putrefatta, rivoltante dello Stato. Funzionari, burocrati, dirigenti che, anzichè garanti dello Stato stesso, si rivelano pilastri delle modalità criminose della politica peggiore.
Deve essere anche per loro “l’Alto Tradimento” evocato da Renzi. Perchè è questo il sistema da scardinare, ingranaggio dopo ingranaggio. Perché la questione non è solo eliminare i ladri dalla politica, ma anche (e per me soprattutto) bonificare il terreno su cui si fondano questi illeciti.
Partendo “dall’alto” (presunto..) della politica (deputati, presidenti di regione, amministratori, consiglieri e assessori che siano). Con fermezza, senza guardare il colore politico. E durezza, senza aver paura di pretendere pene severe e processi veloci.
Ma contemporaneamente anche “dal basso”, dai cittadini. Da quelli che, quando fa comodo, “chiudono un occhio”. Da quelli che fanno prendere la residenza ai figli a casa del trisavolo morto per pagare meno tasse universitarie. Che intestano alla societa’ il Suv che poi lasciano in doppia fila davanti ai negozi. Che chiamano l’amico dell’amico per saltare la lista d’attesa in un ospedale pubblico.
Da quelli che sbraitano contro i ladri, che invocano la ghigliottina, che vomitano insulti al grido di “fanno tutti schifo uguale” mentre leggono sul giornale dell’Expo e del Mose, seduti su un autobus per cui non hanno pagato il biglietto. Perché “tanto non lo paga nessuno, mica so’ scemo”.
Perchè si otterrebbe sicuramente più onestà, se si fosse più onesti.
