Archivi categoria: recensioni

Le ossa della principessa.

Alessia Gazzola, Le ossa della principessa, Longanesi.
Alessia Gazzola, Le ossa della principessa, Longanesi.

Nel quarto “episodio” della saga di cui è protagonista, Alice Allevi, medico legale, casinista e – soprattutto – un po’ sfigata, si trova coinvolta nelle indagini sulla scomparsa di una sua collega (la collega stronza però, quella detta “l’Ape Regina”). Scomparsa che risulta sorprendentemente collegata all”omicidio di una giovane archeologa, Viviana, il cui corpo viene ritrovato sepolto come lo scheletro di una principessa da lei stessa rinvenuto sullo scavo di Gerico.

Alice, goffa e sbadata come sempre, ma con un grande intuito, diventa quindi la spalla dell’ispettore Calligaris tra i corridoi dell’Università La Sapienza cercando di chiarire i rapporti – e di conseguenza il coinvolgimento – dei ricercatori.

Una saga (L’Allieva, Un segreto non è per sempre, Sindrome da cuore in sospeso, Le ossa della principessa) leggera e divertente.

Una lettura veloce, agile, da viaggio in treno. Senza pretese da grande noir ma, pur mantenendo sempre bene in vista le sfumature rosa, con degli spunti della trama investigativa interessanti e non banali. Carino.

La parola contraria.

Si processano QUELLE parole, o si processano LE parole?

Mi spiego. Si processano le specifiche dichiarazioni rilasciate da Erri De Luca all’Huffington Post (a proposito della TAV in Val di Susa, opera da “sabotare”: QUI) o si processa – e si vuole condannare – la volontà (e la capacità) di dire sempre ciò che si pensa? Si vuole punire un reato (molto presunto), o si vuole dare un esempio?

Erri De Luca, La parola contraria. Feltrinelli.
Erri De Luca, La parola contraria. Feltrinelli.

Ho sempre trovato irresistibile la prosa di De Luca. Profonda, densa, e allo stesso tempo leggera. Mai seriosa. Ma così seriamente rigorosa da marcare perfettamente la differenza tra istigazione e ispirazione. Tra sabotaggio e malaugurio. Racchiudendo così, nelle poche pagine di questo libro la sua ferma posizione sulla questione (“sabotatrice” e “iettatoria”) e l’essenza della sua difesa. Senza esasperate (ed esasperanti) teorie politiche e sociali, semplicemente sviscerando il significato del verbo “sabotare” e allontanandolo dal senso – ristretto – di “danneggiamento materiale”. Una difesa letteraria, quindi. Grammaticale, sintattica.

Starà ai pubblici ministeri dimostrare la connessione tra le parole e l’azione.

Questo pamphlet, intanto, difende (prima dello stesso Erri De Luca) la funzione dell’intellettuale, quella di rasentare i confini del pensiero e fornire così al lettore il perimetro dell’argomento. Perché chi invece asseconda l’opinione prevalente, l’intruppato al centro, toglie al suo impasto il lievito e il sale.

Come cavalli che dormono in piedi.

Come cavalli che dormono in piedi, Paolo Rumiz. Feltrinelli.
Come cavalli che dormono in piedi, Paolo Rumiz. Feltrinelli.

C’avevo provato con “Annibale”. C’ho riprovato con “Come cavalli che dormono in piedi”. Incuriosito dal tema storico del nuovo viaggio letterario/giornalistico di Paolo Rumiz e – forse ancor di più – dalla sua motivazione umana, dal senso (e dall’esigenza) “di appartenenza”. Un viaggio sulle tracce delle testimonianze lasciate dagli italiani (triestini, trentini, giuliani) che nel 1914, sudditi dell’Impero Austro-Ungarico, stavano “dall’altra parte”. Che hanno combattuto una guerra su cui la storiografia deve rimettere la giusta luce.

Tema complesso, affascinante e ostico. E coraggioso, soprattutto nel continuo stimolare ad una riflessione alternativa, a lasciare da parte nozioni e libri di storia facendo trasportare il racconto e le ricostruzioni dai “morti”, e non dai vivi.

C’ho provato. Ma confesso che trovo la prosa di Rumiz indigeribile. Densa di partecipazione, ma macchinosa. Forzatamente lenta (come le ferrovie che descrive) fino a diventare noiosa.

La “Sottomissione” secondo Houellebecq.

Michel Houellebecq, Sottomissione. Bompiani.
Michel Houellebecq, Sottomissione. Bompiani.

Francia, 2022.

Il leader della “Fraternité Musulmane” Ben Abbes, sconfiggendo al ballottaggio Marine Le Pen, è eletto Presidente della Repubblica.

Sotto la spinta di questo “nuovo Napoleone”, Algeria, Tunisia, Marocco, Libano ed Egitto in breve tempo si avvicinano e aderiscono all’Unione Europea e i partiti tradizionali, ormai al tracollo, scelgono di non contrastare questo progetto di “ricostituzione dell’Impero romano” sotto il segno dell’Islam. Scegliendo di sottomettersi. E sottomettendo il mondo occidentale alla dominazione finanziaria e culturale dei ricchi Emirati.

Uscito in Italia il 15 gennaio, a pochi giorni dalla strage di Charlie Hebdo, è stato annunciato – e “pompato” (con tanto di presentazioni annullate per ragioni di sicurezza, nella spietata logica di un marketing privo di remore) – come un libro sulla prevaricazione dell’Islam nei confronti dell’occidente.

Non lo è.

E’ un libro sull’opportunismo e sulla debolezza etica degli uomini. Sul rifiuto di solidi principi sociali, professionali, intellettuali e sentimentali.

Il filosofo Michel Onfray (figura molto particolare e discutibile, per la verità), in un’intervista al Corriere della Sera ne ha parlato come di un libro “sulla collaborazione e la fiacchezza degli uomini”. La scelta di questi termini l’ho trovata, pagina dopo pagina, perfettamente calzante. Perchè – per dirla sempre con Onfray – “la sottomissione di cui diamo prova nei confronti di ciò che ci sottomette è attualmente sbalorditiva”.

ISIS. Stato del terrore o utopia politica?

Come è arrivata un’organizzazione armata, che appena 3 anni era praticamente sconosciuta, a minacciare il mondo? E – bisogna aggiungere – non solo militarmente. Anche ideologicamente, usando tutti i moderni mezzi di comunicazione (il video della decapitazione del giornalista americano James Foley ha fatto il giro del mondo sulle ali dei social media). Questa domanda è alla base della ricerca di Loretta Napoleoni (saggista e giornalista, considerata tra i massimi esperti di terrorismo internazionale) sull’Isis. Argomento estremamente attuale, purtroppo.

ISIS, lo stato del terrore - Loretta napoleoni - Feltrinelli.
ISIS, lo stato del terrore – Loretta napoleoni – Feltrinelli.

Per l’innegabile complessità e delicatezza, il tema è trattato con estrema cura e, allo stesso tempo, semplicità. Approfondito come un saggio, chiaro come un articolo e scorrevole come un romanzo, le fonti sono riportate in modo chiaro e le loro interpretazioni (così come le opinioni personali) sono sempre ben distinte dalle notizie, dai fatti. Non ha la pretesa di proporre una soluzione,ovviamente. Ma aiuta a capire quanto la questione vada ben oltre la semplice brutalità “militare”.

Mentre i media ci hanno raccontato della proclamazione di un califfato e ci raccontano le decapitazioni dei prigionieri, l’Isis ha conquistato un territorio più vasto del Texas nel cuore del Medio Oriente, dissolvendo i confini creati artatamente dal colonialismo occidentale (impiantando i propri capisaldi territoriali in regioni economicamente strategiche, come le ricche aree petrolifere della Siria orientale) e promuovendosi come vero e proprio potere politico. Legge, ordine e “sicurezza nazionale”, infatti, sono compiti dell’apparato amministrativo del “Califfato”. Come un vero e proprio Stato moderno rispetto alle enclave “premoderne”, retaggio dei ripetuti interventi militari stranieri. E’ anche questa, probabilmente, una delle seduzioni dello Stato Islamico. Una sorta di “contratto sociale”, per dirla alla Rosseau. Un modo, quello di ripristinare attorno a un moderno salafismo antioccidentale la maschera teatrale di uno stato vero e proprio, per ottenere il consenso della popolazione. Convincendola, così, di partecipare alla costruzione di un nuovo ordine politico in Medio Oriente, di una nazione governata dall’onore, di una società contemporanea ma al tempo stesso perfettamente in armonia con al Tawhid, l’unità dei fedeli ordinata da Dio. [Balza agli occhi – peraltro –  come, presentandosi in questo modo, la propaganda dello Stato Islamico offra un’immagine politica di sé analoga a quella proposta dai primi sionisti che, negli anni quaranta, si unirono per riconquistare una “patria ancestrale donata da Dio”. NDR] Nel caso del Califfato la religione – e in particolare il concetto di Takfir, apostasia – è l’alibi perfetto per operazioni di vera e propria pulizia etnica. L’eliminazione degli Sciiti garantisce l’appoggio della popolazione sunnita, certo. Ma soprattutto una società etnicamente più omogenea (evitando quindi la possibilità di formazione di fronti di opposizioni “laici” o “moderati”) e la liberazione di risorse economiche da redistribuire ai soldati ed alle loro famiglie. La guerra di genocidio, quindi, è parte di una tattica politica dal respiro ben più ampio di quello brutale e primitivo di decapitazioni e crocifissioni a cui, spesso, si fermano i media.

Quella con l’Isis, quindi, non è e non potrà mai essere un’altra delle tante (e ripetute, e ripetitive) guerre – dirette o per procura – che l’Occidente (in scala più o meno vasta) ha ingaggiato nella zona. E’ invece lo scontro con un’utopia politica: Con un’intuizione potente e per questo seducente anche (o forse soprattutto) per quegli emigrati musulmani che da un condizione di emarginazione dovrebbero integrarsi nella società occidentale.