Si processano QUELLE parole, o si processano LE parole?
Mi spiego. Si processano le specifiche dichiarazioni rilasciate da Erri De Luca all’Huffington Post (a proposito della TAV in Val di Susa, opera da “sabotare”: QUI) o si processa – e si vuole condannare – la volontà (e la capacità) di dire sempre ciò che si pensa? Si vuole punire un reato (molto presunto), o si vuole dare un esempio?

Ho sempre trovato irresistibile la prosa di De Luca. Profonda, densa, e allo stesso tempo leggera. Mai seriosa. Ma così seriamente rigorosa da marcare perfettamente la differenza tra istigazione e ispirazione. Tra sabotaggio e malaugurio. Racchiudendo così, nelle poche pagine di questo libro la sua ferma posizione sulla questione (“sabotatrice” e “iettatoria”) e l’essenza della sua difesa. Senza esasperate (ed esasperanti) teorie politiche e sociali, semplicemente sviscerando il significato del verbo “sabotare” e allontanandolo dal senso – ristretto – di “danneggiamento materiale”. Una difesa letteraria, quindi. Grammaticale, sintattica.
Starà ai pubblici ministeri dimostrare la connessione tra le parole e l’azione.
Questo pamphlet, intanto, difende (prima dello stesso Erri De Luca) la funzione dell’intellettuale, quella di rasentare i confini del pensiero e fornire così al lettore il perimetro dell’argomento. Perché chi invece asseconda l’opinione prevalente, l’intruppato al centro, toglie al suo impasto il lievito e il sale.