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LDAPOST della domenica. Roma-Lazio 2-2. Simili campioni..

totti derby

[Francesco Totti, 11/1/2015]

Tales athletas olim vetus attulit aetas,

Per quos evulsi sunt hostes ateque repulsi,

Quos laus aeternat, quos mundi gloria vernat.

Simili campioni produssero le passate stagioni;

da essi vinti furono i nemici, e poi respinti.

L’elogio li eternerà, la gloria mondana li ringiovanirà.

[Ildeberto di Lavardin, 1056-1133]

LDAPOST della domenica. Udinese-Roma 0-1. 2 nomi e 4 foto.

Vittoria in trasferta, spezzata la nefasta tradizione del 6 gennaio e 3 punti preziosissimi. Arrivati però con una sofferenza molto maggiore rispetto al valore dell’Udinese e, soprattutto, del suo sopravvalutatissimo e antipaticissimo allenatore. Unico caso di tecnico quarantenne che si ispira, invece che al calcio fatto d’attacco, velocità e geometrie di Guardiola, a quello di botte, spazzate, lanci e contropiede di Mazzone.

Bisogna ammettere, però, che la Roma ha fatto il minimo del minimo del minimo indispensabile. E che, porca vacca, atleticamente è giù di condizione. E siamo a Gennaio. E tra 5 giorni c’è il derby.

Detto questo l’analisi di una partita così soporiferamente priva di qualsiasi guizzo tecnico non può che ruotare intorno a due nomi: Astori e Emanuelson.

Il gol (perchè è gol, punto e basta) di Astori dimostra inconfutabilmente che gli arbitri addizionali (cioè i due babbei vestiti di giallo che si agitano accanto alla porta) non servono a una beneamata mazza. Perchè sugli episodi da gol-nongol hanno quasi sempre la visuale impallata dal palo.

gol dalla linea

E non possono vedere quello che (stavolta) vede bene l’arbitro e che vedono (sempre) le telecamere. Cioè questo:

gol

Bell’affare.

Se poi ce li dobbiamo tene’ per valutare le trattenute in area sui calci d’angolo, francamente non capisco come sia possibile che una difesa capeggiata da Chiellini non ne subisca almeno un paio a partita. Anzi no, lo capisco eccome..

emanuelson rigoreSull’ingresso di Emanuelson, se non avesse rischiato di farci perdere ‘sti 3 punti con una scivolata assurda (se pure avesse preso la palla sempre un intervento assurdo rimane) e impedito di chiudere in tranquillità la partita sparando in bocca a Karnezis, ce se sarebbe pure potuto ride sopra tutti.

Anzi no.

Proprio tutti no.

destro

LDAPOST della domenica. Roma-Milan 0-0. Vallo a sapè..

Sulla partita, rapidamente.

Il fallo di mano evidentemente volontario, in area, andrebbe punito con il rigore. Dopodichè, magari, il rigore lo sbaglio. Oppure vinco 1-0 anche giocando male. Vallo a sape’…

de jong

Rapidamente perché, comunque (e/o purtroppo), il punto non è questo. O almeno, non è solo questo.

Il punto è che lo scudetto si vince con le piccole. E questo Milan, per atteggiamento e rosa, è una piccola (addirittura piccolissima, forse). E questo, dopo quello miracoloso col Sassuolo, è il secondo pareggio in casa, con le piccole.

Il punto è che senza la qualità di Pjanic, rinunciare al Ljajic di questo periodo è un assurdo tattico (soprattutto se poi si sceglie un tridente formato da 3 attaccanti per definizione ma centrocampisti per efficacia in area).

Il punto è che la Roma è sulle gambe, e la rosa fra infortuni, affaticamenti vari, Coppa d’Africa e giocatori estranei al “progetto” (sono autorizzati tutti gli scongiuri davanti alla definizione maledetta), è corta.

E il punto è anche che Garcia, tatticamente, qualcosa deve tornare a inventarsi. E di corsa.

LDAPOST della domenica. Genoa-Roma 0-1. E allora…

Se il pareggio di Manolo Gabbiadini allo Juventus Stadium aveva gettato una secchiata d’acqua fredda sugli ardenti propositi di fuga dei bianconeri, aveva anche gelato gli animi più razionali tra i tifosi giallorossi, coscienti che negli almanacchi della Roma – storicamente parlando – alla definizione “occasione d’oro” si associa spesso “cocente delusione”.

Aggiungiamoci che Garcia si presenta schierando il tridente leggerissimo Gervinho-Ljajic-Florenzi – 3 che, tutti insieme, fanno il cinismo sottoporta di Paolino Poggi (in versione giallorossa) – e l’idea di strappare coi denti un pareggio a Genova diventa un’ipotesi non solo accattivante ma addirittura seducente. E l’inizio non fa che confermare il copione immaginato alla lettura delle formazioni. La Roma viaggia a velocità tripla rispetto al Genoa e il trio d’attacco entra e esce dall’area a piacimento. Se la passano, se la ripassano, se la ripassano ancora. Poi scattano-crossano-stoppano. Cascano. Ariscattano, aricrossano ma non aristoppano. Inseguono, inciampano, lanciano e recuperano. Poi di colpo tirano. Ma addosso a Perin.

Che però, in questo vorticoso turbinare di esterni al posto del centravanti e centrocampisti al posto degli esterni, esasperato, abbatte Nainggolan. Rigore ed espulsione. Lamanna entra con l’occhio spento della vittima sacrificale, Ljajic afferra il pallone e va sul dischetto con l’occhio spento consueto. Il pallone rotola verso la porta lento e praticamente centrale. E le madonne arrivano puntuali, come gli zampognari a Natale.

La Roma, sempre storicamente parlando, si sarebbe dovuta spegnere lì. Se un recupero prepotente di Maicon non avesse consentito a Nainggolan di colpire al volo dal limite dell’area e, in sforbiciata volante, segnare il goal che Osvaldo insegue da una vita e per il quale, da una vita, caca il cazzo (nonostante sia ormai evidente come riesca a tutti). 1-0 e fine primo tempo.

Inizia la ripresa e la Roma, nonostante la superiorità numerica, risulta lenta e leggera. Il tocco troppo morbido di Ljajic, a un metro dalla porta, su un cross pennellato dal sempre più prepotente Maicon, fa venire i brividi ripensando alla collezione di beffe, recenti e passate. E Gervinho e Florenzi steccando l’ultimo tocco mettono il suggello all’elenco dei rimpianti.

Il Genoa si gioca la carta Pinilla. In perfetta simmetria con l’alzarsi della lavagnetta, le mani si abbassano a grattarsi le palle. Perché questo attaccante così generalmente fallito e fallimentare, mentre ai mondiali contro il Brasile all’ultimo secondo dell’ultimo minuto prende la traversa e (scambiando l’automortificazione per dignità) se la tatua pure, contro di noi è una specie di cecchino infallibile.

C’è solo da tenere palla.

E infatti Totti entra per Ljajic. Entra alla fine della partita per addormentare un po’ il gioco. Entra senza fascia da capitano. Entra, e sbaglia tre palloni su tre. A ‘sto punto m’aspetto l’invasione di locuste, il diluvio universale e, possibilmente, la fine del mondo.

Al 37° c’è posto anche per Iturbe. E’ evidente che Garcia si chieda chi sia quel saccoccione col numero 22 seduto accanto a lui…

Ovviamente pensare di andare via coi tre punti e in tranquillità è pura fantascienza. Il guardalinee si inventa un angolo per il Genoa, e il Genoa segna. Incredibilmente, però, lo stesso babbeo con la bandierina in mano vede il fuorigioco – netto – di Rincon, e sul fischio finale, ci da quello che è giusto.

Loro invece, subito dopo il fischio finale, ce danno un sacco di botte.

Perché per qualcuno abituato a fallimenti, evasioni fiscali, valigette e inibizioni varie, quello che è giusto è comunque un furto.

E allora:

Holebas

LDAPOST della domenica. Roma-Sassuolo 2-2. Lettera aperta all’AS Roma (in rima baciata).

Spett.le AS ROMA

Piazzale Dino Viola, 1 – 00128 Roma

Alla cortese attenzione della Società.

Gent.mi,

per quanto – per carità – ce se possa pure provà, a calcio senza portiere e senza centravanti nun se po’ giocà.

Nemmeno in parrocchia, figuramose in Serie A.

Vedete un po’ che potete fa’.

Cordialità.