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Vergogna.
Tutti assolti: i sei medici, tre infermieri e tre agenti della penitenziaria. E’ questa la sentenza del processo d’appello per la morte di Stefano Cucchi.
Tutti assolti.
Vergogna.
Non trovo altre parole. Non ci sono altre parole.
La pistola e gli occhi chiusi.
Ci vuole del tempo per metabolizzare la morte di un quattordicenne. E forse non basta (anzi no, non deve bastare) neanche tutto il tempo del mondo per metabolizzare che un quattordicenne possa essere ucciso da un carabiniere.
Però allo sgomento che ho provato di fronte a un fatto così enorme, alla sensazione del fiato che manca come dopo aver ricevuto un pugno nello stomaco, si è aggiunto un senso di rabbia verso una comunità che ai comportamenti “fuorilegge” sembra essersi arresa.
Una comunità che piange un ragazzo ucciso ma continua a chiudere gli occhi sui coetanei che non smettono di muoversi in tre sul motorino, senza casco. Perchè “a Napoli così è normale“.
Una comunità che chiude gli occhi sul fatto che un quattordicenne (non un uomo!) possa fare un giro in motorino di sera con due amici che sono, rispettivamente, un latitante e un pregiudicato. Perchè “ce ne sono tanti”.
Sia chiaro: non c’è dubbio che un quattordicenne ammazzato, per di più dallo Stato, annichilisca qualsiasi tentativo di “giustificazione” o “motivazione”. E non c’è dubbio che la giustizia debba essere rapida, e la condanna esemplare. Nonostante la divisa. Anzi, ancor di più per la divisa.
Ma non si può far finta di non vedere che Davide Bifolco è stato ammazzato anche da quel contesto, e da tutti quegli occhi chiusi.
Spara, chiede perdono e ci spiega la crisi. Che schifo.
Trovo ripugnante l’intervista di Paolo Berizzi su “la Repubblica” di oggi a Luigi Preiti, il criminale che, mentre si insediava il governo Letta, sparando davanti a Palazzo Chigi ha ridotto in fin di vita il brigadiere Giuseppe Giangrande e ferito l’altro carabiniere Francesco Negri. Ecco, a questo soggetto è consentito dalle passive e scontate domande del giornalista, di darci spiegazioni e lezioni sulla crisi, sui danni del governo Monti, sui litigi della sinistra, sulle occasioni mancate dalla destra, sulle lobby del potere e sulla mancanza di legittimazione popolare del governo Renzi.
Questo neo socio-politologo d’accatto, è bene precisarlo, è in galera a Rebibbia, condannato a 16 anni. Il brigadiere Giangrande, è bene ricordarlo, è paralizzato.
Preiti mi fa schifo, come mi fanno schifo i presunti “medici, avvocati e imprenditori strozzati dalla crisi” che, a quanto dice, gli avrebbero scritto lettere di solidarietà.
Ma mi fa anche schifo chi – per riempire una pagina – gli ha permesso di insultare e mortificare, con i suoi deliri, tutte quelle persone che, con la crisi, le difficolta’, il dolore, fanno i conti tutti i giorni. E lo fanno onestamente.
I Traditori dei traditori.
Milano e l’Expo. Poi Venezia e il Mose. Frigerio, Greganti, Orsoni, Galan…
Corruzione, tangenti, politica. Ma non solo politica. Quella che sta venendo fuori è una parte malata, putrefatta, rivoltante dello Stato. Funzionari, burocrati, dirigenti che, anzichè garanti dello Stato stesso, si rivelano pilastri delle modalità criminose della politica peggiore.
Deve essere anche per loro “l’Alto Tradimento” evocato da Renzi. Perchè è questo il sistema da scardinare, ingranaggio dopo ingranaggio. Perché la questione non è solo eliminare i ladri dalla politica, ma anche (e per me soprattutto) bonificare il terreno su cui si fondano questi illeciti.
Partendo “dall’alto” (presunto..) della politica (deputati, presidenti di regione, amministratori, consiglieri e assessori che siano). Con fermezza, senza guardare il colore politico. E durezza, senza aver paura di pretendere pene severe e processi veloci.
Ma contemporaneamente anche “dal basso”, dai cittadini. Da quelli che, quando fa comodo, “chiudono un occhio”. Da quelli che fanno prendere la residenza ai figli a casa del trisavolo morto per pagare meno tasse universitarie. Che intestano alla societa’ il Suv che poi lasciano in doppia fila davanti ai negozi. Che chiamano l’amico dell’amico per saltare la lista d’attesa in un ospedale pubblico.
Da quelli che sbraitano contro i ladri, che invocano la ghigliottina, che vomitano insulti al grido di “fanno tutti schifo uguale” mentre leggono sul giornale dell’Expo e del Mose, seduti su un autobus per cui non hanno pagato il biglietto. Perché “tanto non lo paga nessuno, mica so’ scemo”.
Perchè si otterrebbe sicuramente più onestà, se si fosse più onesti.
