Archivi categoria: cronaca

La pubblico.

La pubblico, per me.

image

Per fermarmi a pensare. Mi sembra quasi di sentirlo, il rumore del mare. E quello dei passi attutiti dalla sabbia. Mi sembra di vederli, i gesti cauti di chi ha dovuto recuperare quel corpicino. Preso in braccio. Una mano a sostenerne le gambe e l’altra, si può intuire, a sorreggerne il viso. La pubblico perché sembra una “Pietà” questa foto, nell’accezione meno artistica e più disperata.

La pubblico per impormi di pensare a lui. Aylan Kurdi. Che con la mamma e il fratello più grande Galip provava a raggiungere la Grecia, da Kobane.

La Grecia. Quel paese che poteva pure fallire, e tanti saluti.

Da Kobane. Quella città che ha resistito, combattuto e respinto l’Isis mentre noi, l’Occidente, ci scandalizziamo ad ogni gola tagliata, ad ogni tempio distrutto, ma poi rimaniamo a guardare.

La pubblico per fermarmi a pensare a un bambino, uno qualsiasi, di tre anni. Per cui Renzi, Merkel, Junker, Euro, sono solo parole senza senso. Ma che conosce bene miseria, morte e guerra.

La pubblico per me. Ma se si volessero fermare a pensare anche quelli che si sgolano a chiedere ruspe, respingimenti e cannoni, quelli del rimandiamoli a calci a casa loro, quelli del je pagamo pure er telefonino, quelli del gli diamo 100 euro al giorno mentre gli italiani muoiono di fame, quelli del li mettono nelle ville e negli alberghi a 4 stelle, quelli dei link da notixweb, non sarebbe tempo sprecato.

Perché Aylan Kurdi, morto annegato mentre cercava di raggiungere la Grecia da Kobane, ci dà ancora una volta la possibilità fermarci a pensare, e di smettere di fare schifo.

Col cuore a Kobane.

http://www.repubblica.it/esteri/2015/01/28/foto/kobane_le_prime_immagini_della_citt_liberata-106002535/1/?ref=HREC1-9#1

Zerocalcare, Con il cuore a Kobane. Internazionale 16/22 gennaio 2015.
Zerocalcare, Con il cuore a Kobane. Internazionale 16/22 gennaio 2015.

“Se anche stanotte durasse cent’anni..

staremo svegli abbracciandoci al buio

il nemico è alle porte della nostra città.

Se anche stanotte durasse cent’anni..

staremo in piedi abbracciati ad un sogno

che ha una scritta sul volto

da qui non si passerà.”

Tocca a loro.

Commoventi le fiaccolate. Toccante lo slogan #JeSuisCharlie su tutti i social e i siti web. Imprescindibili le manifestazioni di solidarietà. Però, adesso, abbiamo bisogno di aiuto. Perchè la nostra voce, evidentemente, non basta. Siano i musulmani di tutta Europa ad esporsi fermamente contro le farneticazioni aberranti dei fondamentalisti. Si chiamino pure Said, Cherif o Al-Baghdadi. Soldati o Califfi che siano. Facciano parlare, i musulmani d’Europa, la loro appartenenza religiosa. Il loro sentirsi fedeli. Dicendo a chiare lettere quanto i jhadisti usino la maschera della religione solo per impaurire, ridurre al silenzio e alla cieca obbedienza, per garantirsi traffici e potere.

Stavolta tocca a loro e solo a loro. Perché noi la favola rassicurante della convivenza, della tolleranza e dell’integrazione, delle chiese accanto alle moschee e alle sinagoghe, ce la siamo già raccontata. E non mi sembra abbia prodotto risultati.

La pistola e gli occhi chiusi.

Ci vuole del tempo per metabolizzare la morte di un quattordicenne. E forse non basta (anzi no, non deve bastare) neanche tutto il tempo del mondo per metabolizzare che un quattordicenne possa essere ucciso da un carabiniere.

Però allo sgomento che ho provato di fronte a un fatto così enorme, alla sensazione del fiato che manca come dopo aver ricevuto un pugno nello stomaco, si è aggiunto un senso di rabbia verso una comunità che ai comportamenti “fuorilegge” sembra essersi arresa.

Una comunità che piange un ragazzo ucciso ma continua a chiudere gli occhi sui coetanei che non smettono di muoversi in tre sul motorino, senza casco. Perchè “a Napoli così è normale“.

Una comunità che chiude gli occhi sul fatto che un quattordicenne (non un uomo!) possa fare un giro in motorino di sera con due amici che sono, rispettivamente, un latitante e un pregiudicato. Perchè “ce ne sono tanti”.

Sia chiaro: non c’è dubbio che un quattordicenne ammazzato, per di più dallo Stato, annichilisca qualsiasi tentativo di “giustificazione” o “motivazione”. E non c’è dubbio che la giustizia debba essere rapida, e la condanna esemplare. Nonostante la divisa. Anzi, ancor di più per la divisa.

Ma non si può far finta di non vedere che Davide Bifolco è stato ammazzato anche da quel contesto, e da tutti quegli occhi chiusi.