E‘ la Roma. Progetta sogni, genera speranze, e costruisce rimpianti.
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LDAPOST della domenica. Roma-Chievo 3-0.
Roma-Chievo di sabato pomeriggio ha appeal solo perchè il martedì c‘è la Champions.
Ha persino fascino quando, dopo l’un-due-tre di Destro, Ljajic e Totti il pensiero vola al Bayern Monaco.
Diventa addirittura utile, perchè tutte le azioni, i passaggi, le verticalizzazioni aiutano ad ingannare l’attesa. Ad accorciare il tempo, anche solo di qualche minuto, fra un Sabato pomeriggio di Serie A e un Martedì sera di Champions.
Solo che poi il Martedì sera arriva. E pure il Bayern Monaco.
LDAPOST della domenica. Juventus-Roma 3-2. Malabolgia.

Com’io tenea levate in lor le ciglia,
e un serpente con sei piè si lancia
dinanzi a l’uno, e tutto a lui s’appiglia.
Co’ piè di mezzo li avvinse la pancia,
e con li anterior le braccia prese;
poi li addentò e l’una e l’altra guancia;
li diretani a le cosce distese,
e miseli la coda tra ’mbedue,
e dietro per le ren sù la ristese.
Ellera abbarbicata mai non fue
ad alber sì, come l’orribil fiera
per l’altrui membra avviticchiò le sue.
Poi s’appiccar, come di calda cera
fossero stati, e mischiar lor colore,
né l’un né l’altro già parea quel ch’era:
come procede innanzi da l’ardore,
per lo papiro suso, un color bruno
che non è nero ancora e ’l bianco more.
Li altri due ’l riguardavano, e ciascuno
gridava: «Omè, Agnel, come ti muti!
Vedi che già non se’ né due né uno».
Già eran li due capi un divenuti,
quando n’apparver due figure miste
in una faccia, ov’eran due perduti.
Fersi le braccia due di quattro liste;
le cosce con le gambe e ’l ventre e ’l casso
divenner membra che non fuor mai viste.
Ogne primaio aspetto ivi era casso:
due e nessun l’imagine perversa
parea; e tal sen gio con lento passo.
Dante Alighieri, Inferno, canto XXV.
Ve vojo vede’ così: mostri schifosi.
LDAPOST della domenica. Roma-Verona 2-0. Grazie trenitalia.
L’ho sempre detto che l’anticipo del Sabato pomeriggio è una iattura.
Ho il treno alle 18.
La radio prende tra Termini e Tiburtina. Praticamente i primi 5 minuti di partita.
Internet funziona solo dopo Bologna. A partita finita.
Un tempo non avremmo neanche vinto.
LDAPOST della domenica. Roma-Cagliari 2-0. Ridateme Zeman!
E’ bastato un attimo per far tornare alla mente vecchi (manco troppo) ricordi.
E no, non c’entrano niente le sigarette di Zeman né l’ostinata fedeltà dei seguaci del “maestro” (coi relativi “4-3-3 sbroccopetté” e i pirotecnici 4-5 in casa). Stavolta basta la sintetica comunicazione delle formazioni che sarebbero scese in campo. Perchè all’annuncio del debutto in Serie A nel Cagliari del ventenne portiere Alessio Cragno, la mente corre al pareggio dell’anno scorso e alle parate di Avramov, mentre le mani – per conseguenza diretta – corrono ad alleviare il basso ventre da fastidioso (quanto improvviso) prurito.
Al calcio d’inizio il Cagliari del maestro boemo si schiera tutto sulla linea di metà campo. Schema che, da una vita, dovrebbe scatenare subito una spavalda proiezione offensiva. Ma che (dalla stessa vita) produce sempre lo stesso risultato: contropiede fulminante degli avversari dopo neanche 3 secondi di gioco. L’ultimo passaggio però capita sui piedi Florenzi, che spara in tribuna il primo cross della partita. Dopo poco pure il secondo.
La Roma corre, triangola e verticalizza. Il tutto a mille a l’ora. Il Cagliari dovrebbe correre, dovrebbe verticalizzare e dovrebbe triangolare. Ma Joao Pedro non è Di Biagio, Farias non è Signori e, soprattutto, Avelar non è Candela. Infatti al terzo tentativo il cross di Florenzi è perfetto per Destro. 1-0.
Zeman, come sempre, è una sfinge. Anche il Cagliari. Nel senso che è immobile come il colossale monumento egizio. La Roma invece, no. Florenzi ancora meno: 2-0. E tanto je stava stretto il campo all’esterno della Roma, che corre pure in tribuna ad abbraccià la nonna.
Il primo tempo, quindi, si chiude al 13’. Il resto è solo accademia. Keita arpiona palloni e fa giravolte come fosse il miglior Pizarro, Florenzi (ormai in evidente delirio trequartistico) scucchiaia alla Totti e stoppa di tacco alla Cassano, Yanga Mbiwa anticipa e spazza come fosse Samuel e Cole azzecca diagonali come fosse, semplicemente, vivo.
Tanto gioca sul velluto la Roma nella parte finale del primo tempo quanto l’inizio del secondo si connota per una noia e una approssimazione tecnica degna di una partita di centro classifica della Lega Pro.
Destro esce per Pjanic, e s’incazza.
Florenzi esce per Ljajic, e s’incazza. S’incazza Ljajic, intendo. Almeno questo traspare dallo sguardo del serbo che probabilmente, vista la calura del pomeriggio, avrebbe preferito continuare a fasse ‘na pennica in panchina.
La prima azione degna di nota del secondo tempo arriva al 28esimo, e Gervinho la conclude mangiandosi un goal che “meno male che stava in fuorigioco sennò sai le madonne”. Che poi, dopo domenica, l’ivoriano è un tema spinoso. E’ una questione delicata. Perché per quanto uno per rispetto e sensibilità voglia sorvolare sulle implicazioni psicologiche della calvizie, bisogna pur dire che la pelata e il complicatissimo sistema di riporti svelati dalla caduta della fascia, fanno sembrare il tupè di Conte una soluzione dignitosa e la cresta di Nainggolan una pettinatura classica.
A riprova dell’utilità della tournèe negli USA in fase di preparazione e della straripante condizione fisica che ne deriva, con un solo cambio a disposizione chiedono di uscire nell’ordine: Maicon, Keita, Cole e De Rossi. La spunta quest’ultimo, che ferma il gioco e, zoppicando, si accomoda in panchina. Se continua così a Manchester tra una settimana ci mandiamo direttamente la primavera. Comunque, abituata a rimaneggiamenti di moduli e di posizioni da ultimo quarto d’ora, la Roma non si scompone neanche con Emanuelson in campo e continua a gestire.
Massimo risultato col minimo sforzo. A ‘sto punto sì, si può dire: ridateme Zeman. Ridatemelo mercoledì sulla panchina del Parma, ad esempio.