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LDAPOST della domenica #24 – Troppa cattiveria – Roma-Livorno 3-0.
Per fare calcio in Italia ci vuole serietà. Non si improvvisa niente.
Ci vuole una struttura societaria organizzata. Uno staff tecnico preparato e seriamente motivato a raggiungere, passo dopo passo, obiettivi in linea con le aspettative della presidenza. Ci vuole un gruppo di giocatori adatti alle ambizioni della piazza.
Ci vogliono anche i tifosi. Ci vuole l’ambiente.
Il Livorno ha tutto questo. Ha una società – particolarmente il presidente – seriamente impegnata a indebolire progressivamente una rosa di giocatori già disastrata in partenza. Ha uno staff tecnico preparato a raggiungere l’obiettivo stagionale: una retrocessione quanto più rapida possibile. E nell’ottica di un continuo miglioramento il povero Davide Nicola (colpevole di aver raggranellato qualche misero puntarello che metteva a repentaglio la certezza dell’obiettivo) è stato sostituito con Attilio Perotti da Bagnolo Mella. Specialista in disastri, fallimenti e retrocessioni. E infatti uomo di fiducia di Spinelli fin dai tempi del Genoa.
Ma, soprattutto, ha una rosa “di categoria”. Nel senso che è di categoria inferiore. A prescindere da quale sia il metro di paragone. Una rosa di scarpari e di rosiconi, dove il tasso tecnico è elevato da Leandro Greco. Ex giallorosso ricordato essenzialmente per essere riusciti a cederlo per una volta senza rimanere imprigionati in sontuosi rinnovi contrattuali da “core de Roma”.
Ora, davanti a un avversario di tal guisa era giusto approcciare alla partita con concentrazione e determinazione. E anche con la giusta dose di cattiveria agonistica, nonostante il ravvicinato incontro di Coppa Italia con la Juve. Anche perchè di fregature ne abbiamo prese fin troppe e Venezia, Piacenza, Lecce, Bari, Empoli sono ricordi sempre vivi.
Troppa cattiveria, però. Troppa. Sarebbe bastato solo lo sguardo di Strootman, dopo il primo contrasto eccessivamente ruvido di un indistinto manovale di centrocampo schierato dal Perotti, a far scappare almeno sette undicesimi degli amaranto. E a convincere i quattro impavidi rimanenti a menasse da soli pur di sfuggire alle ire dell’olandere. Così il previdente Bardi (che comunque qualche numero ce l’ha), resosi conto dell’immane tiro al bersaglio al quale sarebbe stato esposto dai coraggiosi compagni di squadra, saggiamente decide di alzare le mani e arrendersi subito. Nonostante, ovviamente, Gervinho faccia di tutto per tenergli alto il morale. Mollto meno disposto a tendere una mano allo sfortunato rivale si è dimostrato Destro. Crudele Strootman. Senza cuore Ljajic.
Certo, se questo è quello che fornisce la Seria A, è davvero difficile pensare che la Juve possa interrompere il filotto di vittorie. D’altronde, se questo è il livello del Livorno, figuriamoci quello della Lazio.
LDAPOST della domenica #23 – Genoa per noi – Roma-Genoa 4-0
LDAPOST della domenica #22 – Un film violento – Juventus-Roma 3-0
Come in un film. D’azione. Violento.
Solo che mentre la Juventus interpretava alla perfezione il capolavoro di Kubrick “Arancia Meccanica”, la Roma si arrabattava nella parte di un personaggio dei comici poliziotteschi degli anni Settanta. Perché, mentre gli undici di Conte entravano in campo già perfettamente calati nelle parti di Alex, Pete, Dime e Georgie, il metodo Stanislavskij non funzionava per i giallorossi. Che invece di Serpico e dell’ispettore Callaghan, finivano per interpretare
“Venticello, all’anagrafe Bertarelli Franco”. Uno che le pizze le prendeva dar Mondezza, figuriamoci dai “Drughi” (quelli di “Arancia Meccanica” intendo, non quelli in curva). Così, i bianconeri iniziavano la loro serie di ultraviolenze sorseggiando Lattepiu’ e i giallorossi cercavano strenuamente di opporsi urlando a squarciagola “Tze-tze!”. Di fatto, i mai sufficientemente odiati rivali, dopo aver aspettato educatamente il fischio d’inizio (sai com’è, lo stile Juve lo impone), ci hanno messo all’angolo del ring e hanno iniziato a brutalizzarci. E manco a dire che “almeno un po’ te la sei giocata”, perché nei minuti iniziali, quelli che facevano ben sperare, quelli in cui Totti e Ljajic hanno prodotto l’unica (peraltro sufficientemente stitica) occasione da goal, ogni contrasto, ogni scatto, ogni scontro faceva presagire il peggio. Toccante (al limite dell’umanitario) il tentativo di Pjanic di fermare fallosamente Pogba, terminato con il risultato del bosniaco a rotolare per metri dopo l’impatto e il francese a chiedersi quale fastidiosa zanzara l’avesse sfiorato.
E con queste premesse non c’è da stupirsi quando, come in un noioso replay di quanto avvenuto negli ultimi due anni, Vidal insacca a mezzo metro dalla linea. E nemmeno quando Bonucci, lasciato completamente solo da un irriconoscibile Castan, segna in scivolata volante come nel migliore degli shaolin soccer. Avrebbe persino fatto ridere la goffa respinta di mano sulla linea dello stesso Castan se non fosse avvenuta dopo un batti e ribatti di testa in area, con i giocatori della Juve a esibirsi in numeri da foche e quelli della Roma immobili a naso all’insu’ come i bambini davanti agli acrobati del circo. Avrebbe fatto ridere se non fosse stato fischiato il rigore. Se non lo avesse segnato Vucinic. E se, oltretutto, non ci avesse ridotto in 9. Già in nove. Perché nel frattempo De Rossi, a coronamento di una prestazione degna del peggior Tomic, si era prodotto in un intervento da codice penale su Chiellini ed era stato espulso. Nulla da eccepire sul colore del cartellino, per carità. Se non fosse che nel primo tempo, quando lo stesso Chiellini aveva deciso di amputare la caviglia di Ljajic, il cartellino estratto fosse stato quello giallo (“e con mille scuse da parte del sig. arbitro”, “un caro abbraccio alla signora”, “cordialissimi saluti a casa” e gentilezze varie).
Insomma, una gran bella serata di merda. Un incubo. Lo stesso di due anni fa. Lo stesso dell’anno scorso. Con la differenza che quest’anno, qualche motivo per sperare che sia solo un episodio c’è. E allora mettiamoci il ghiaccio sulla testa, una bistecca sugli occhi pesti. E speriamo.
LDAPOST della domenica #21 – Buon Natale – Roma-Catania 4-0
Lo confesso subito, il Catania me sta antipatico. Da sempre. Non so perchè. Me sta antipatico e basta. Come il Chievo e la Sampdoria. Nel calcio ci sono antipatie che nascono così, a pelle. E le partite degli ultimi anni non hanno fatto che giustificarla, quest’antipatia. Che immagino sia reciproca. Perchè non è che se ‘na volta (‘na volta, per la miseria!) rifiliamo 7 goal a qualcuno, per quel qualcuno strozzacce le gioie (poche) e spezzacce le caviglie (molte) deve diventà una sorta di missione di vita. Perchè se fosse così Evra, Carrick, Smith e compagnia cantando, a Roma non solo non ce se dovrebbero nemmeno affaccià pe’ fa’ i turisti, ma neanche solo attraversà de corsa col trolley in mano l’area transiti de Fiumicino. Fatta ‘sta premessa, bisogna dire che, seppur fastidiosissima, il Catania negli anni scorsi era una squadra di calcio. Che pescava talenti sconosciuti dall’Argentina, li affidava ad allenatori giovani e innovativi e si poneva come obiettivi bel gioco e salvezza tranquilla. Solo che, dai e dai, i talenti sconosciuti in Argentina finiscono. Rimangono quelli conosciuti, che però costano un sacco de soldi e c’hanno ambizioni un filino diverse. Daje e ridaje si esauriscono pure gli allenatori giovani e innovativi. Così dopo Giampaolo, Simeone, Zenga e Montella ecco che rispunta De Canio, che de “giovane e innovativo” non c’ha niente. E a pensarci bene nemmeno de “allenatore”. E quando una squadra che in qualsiasi altro campionato europeo (non di zebra griffato) sarebbe prima per distacco, imbattuta, con una difesa granitica, un attacco a 5 stelle e un centrocampo in cui (nonostante le squalifiche) Bradley e Pjanic riproducono alla perfezione la coppia De Rossi-Pizarro dei tempi d’oro….beh, quando ‘na squadra così incontra una squadra come il Catania, di solito ne fa 4. Senza sudare. E così è stato, pe’ ‘na volta. Anzi, sarebbero stati altri 7, se Gervinho non fosse un ragazzo dal core d’oro. E Buon Natale.

