Lo confesso subito, il Catania me sta antipatico. Da sempre. Non so perchè. Me sta antipatico e basta. Come il Chievo e la Sampdoria. Nel calcio ci sono antipatie che nascono così, a pelle. E le partite degli ultimi anni non hanno fatto che giustificarla, quest’antipatia. Che immagino sia reciproca. Perchè non è che se ‘na volta (‘na volta, per la miseria!) rifiliamo 7 goal a qualcuno, per quel qualcuno strozzacce le gioie (poche) e spezzacce le caviglie (molte) deve diventà una sorta di missione di vita. Perchè se fosse così Evra, Carrick, Smith e compagnia cantando, a Roma non solo non ce se dovrebbero nemmeno affaccià pe’ fa’ i turisti, ma neanche solo attraversà de corsa col trolley in mano l’area transiti de Fiumicino. Fatta ‘sta premessa, bisogna dire che, seppur fastidiosissima, il Catania negli anni scorsi era una squadra di calcio. Che pescava talenti sconosciuti dall’Argentina, li affidava ad allenatori giovani e innovativi e si poneva come obiettivi bel gioco e salvezza tranquilla. Solo che, dai e dai, i talenti sconosciuti in Argentina finiscono. Rimangono quelli conosciuti, che però costano un sacco de soldi e c’hanno ambizioni un filino diverse. Daje e ridaje si esauriscono pure gli allenatori giovani e innovativi. Così dopo Giampaolo, Simeone, Zenga e Montella ecco che rispunta De Canio, che de “giovane e innovativo” non c’ha niente. E a pensarci bene nemmeno de “allenatore”. E quando una squadra che in qualsiasi altro campionato europeo (non di zebra griffato) sarebbe prima per distacco, imbattuta, con una difesa granitica, un attacco a 5 stelle e un centrocampo in cui (nonostante le squalifiche) Bradley e Pjanic riproducono alla perfezione la coppia De Rossi-Pizarro dei tempi d’oro….beh, quando ‘na squadra così incontra una squadra come il Catania, di solito ne fa 4. Senza sudare. E così è stato, pe’ ‘na volta. Anzi, sarebbero stati altri 7, se Gervinho non fosse un ragazzo dal core d’oro. E Buon Natale.