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Come cavalli che dormono in piedi.

Come cavalli che dormono in piedi, Paolo Rumiz. Feltrinelli.
Come cavalli che dormono in piedi, Paolo Rumiz. Feltrinelli.

C’avevo provato con “Annibale”. C’ho riprovato con “Come cavalli che dormono in piedi”. Incuriosito dal tema storico del nuovo viaggio letterario/giornalistico di Paolo Rumiz e – forse ancor di più – dalla sua motivazione umana, dal senso (e dall’esigenza) “di appartenenza”. Un viaggio sulle tracce delle testimonianze lasciate dagli italiani (triestini, trentini, giuliani) che nel 1914, sudditi dell’Impero Austro-Ungarico, stavano “dall’altra parte”. Che hanno combattuto una guerra su cui la storiografia deve rimettere la giusta luce.

Tema complesso, affascinante e ostico. E coraggioso, soprattutto nel continuo stimolare ad una riflessione alternativa, a lasciare da parte nozioni e libri di storia facendo trasportare il racconto e le ricostruzioni dai “morti”, e non dai vivi.

C’ho provato. Ma confesso che trovo la prosa di Rumiz indigeribile. Densa di partecipazione, ma macchinosa. Forzatamente lenta (come le ferrovie che descrive) fino a diventare noiosa.

Col cuore a Kobane.

http://www.repubblica.it/esteri/2015/01/28/foto/kobane_le_prime_immagini_della_citt_liberata-106002535/1/?ref=HREC1-9#1

Zerocalcare, Con il cuore a Kobane. Internazionale 16/22 gennaio 2015.
Zerocalcare, Con il cuore a Kobane. Internazionale 16/22 gennaio 2015.

“Se anche stanotte durasse cent’anni..

staremo svegli abbracciandoci al buio

il nemico è alle porte della nostra città.

Se anche stanotte durasse cent’anni..

staremo in piedi abbracciati ad un sogno

che ha una scritta sul volto

da qui non si passerà.”

Bella ciao.

Il problema di Giampaolo Pansa non è la sua conclamata partigianofobia. Neanche la sua ossessione da accerchiamento comunista. Tantomeno la sua sconfinata idolatria per il “duce-portatore-di-ordine”.

Il problema di Giampaolo Pansa è che, nonostante la veneranda età raggiunta, non ha ancora capito che è proprio grazie alla Resistenza che, oggi, può liberamente scrivere i suoi libri, promuoverli sui giornali, in televisione e alla radio e venderli (dice) a 95.000 persone.

Poi c’è da dire che, probabilmente, la Rizzoli farebbe bene a convincerlo a cambiare argomento. E non perchè i temi che affronta diano fastidio (sarebbe un riconoscimento assolutamente fuori luogo). Ma perchè, da un punto di vista strettamente storiografico, la sua analisi risulta, ogni volta di più, estremamente superficiale.

P.S. Un’ultima considerazione, in merito alla sua frase “ogni italiano è figlio o nipote di un fascista”. Ecco, ne sottragga tranquillamente uno.

“Pompei”, il kolossal delle banalità.

Ci sono tanti modi per realizzare male un film storico. Si può lasciare un orologio la polso di un centurione o sbagliare la ricostruzione dei monumenti di Roma. Si possono armare le legioni come si trattasse di eserciti fantasy o i gladiatori come fossero cavalieri medievali.  Si possono semplificare e tagliare, per più o meno giustificabili ragioni di tempo, le vicende storiche. Errori grossolani, certo. Ma…

…ma poi c’è il talento di Paul W.S. Anderson, il regista di “Pompei”. Che shakera forsennatamente tutti i cliché cinematografici sull’antica Roma, semplifica fino a rendere inverosimile la storia della tragica eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e regala al pubblico un rarissimo esempio di kolossal della banalità.

I primi 40 minuti sono la copia, ancor meno credibile, della prima serie di “Spartacus”. Gladiatori, addominali, bicipiti e botte da orbi in un viaggio tra la Britannia e Pompei talmente surreale da lasciare col fiato sospeso aspettando qualcosa che…dovrà pur accadere dopo simile preambolo. Si, aspetta e spera.

La battaglia nell’arena durante i giochi delle Vinalia con la riproposizione dello scontro tra ribelli Celti e milizie romane è spudoratamente copiata dal primo combattimento al Colosseo del “Gladiatore” Massimo Decimo Meridio.

Quando, finalmente, comincia a eruttare il Vesuvio e si potrebbe sperare in un riallineamento con la fedeltà storica, i lapilli sembrano i meteoriti di “Armageddon” e le navi che cercano di allontanarsi dalle coste vengono affondate da un bombardamento di fuoco che neanche in “Pearl Harbour”. Per finire con un inseguimento tra una quadriga e un cavallo degno di “Fast & Furious”.

Insomma, da evitare a qualsiasi costo.