Ci sono tanti modi per realizzare male un film storico. Si può lasciare un orologio la polso di un centurione o sbagliare la ricostruzione dei monumenti di Roma. Si possono armare le legioni come si trattasse di eserciti fantasy o i gladiatori come fossero cavalieri medievali. Si possono semplificare e tagliare, per più o meno giustificabili ragioni di tempo, le vicende storiche. Errori grossolani, certo. Ma…
…ma poi c’è il talento di Paul W.S. Anderson, il regista di “Pompei”. Che shakera forsennatamente tutti i cliché cinematografici sull’antica Roma, semplifica fino a rendere inverosimile la storia della tragica eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e regala al pubblico un rarissimo esempio di kolossal della banalità.
I primi 40 minuti sono la copia, ancor meno credibile, della prima serie di “Spartacus”. Gladiatori, addominali, bicipiti e botte da orbi in un viaggio tra la Britannia e Pompei talmente surreale da lasciare col fiato sospeso aspettando qualcosa che…dovrà pur accadere dopo simile preambolo. Si, aspetta e spera.
La battaglia nell’arena durante i giochi delle Vinalia con la riproposizione dello scontro tra ribelli Celti e milizie romane è spudoratamente copiata dal primo combattimento al Colosseo del “Gladiatore” Massimo Decimo Meridio.
Quando, finalmente, comincia a eruttare il Vesuvio e si potrebbe sperare in un riallineamento con la fedeltà storica, i lapilli sembrano i meteoriti di “Armageddon” e le navi che cercano di allontanarsi dalle coste vengono affondate da un bombardamento di fuoco che neanche in “Pearl Harbour”. Per finire con un inseguimento tra una quadriga e un cavallo degno di “Fast & Furious”.
Insomma, da evitare a qualsiasi costo.