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Voterò.

Domenica voterò.

Che poi io voto sempre, anche se – in questo periodo ancora di più – riesco a capire la scelta di chi decide di non farlo. Io voto (sempre) perché credo che un diritto per cui si è combattuto anche a costo della vita meriti (sempre) un po’ di impegno e di riflessione.

Domenica voterò per il Partito Democratico. Perché credo nell’impegno – duro, difficile, enorme – per cambiare l’Italia. E con l’Italia, l’Europa. Perché per me, sarà forse anche per quel meraviglioso anno d’Erasmus passato a Strasburgo, l’Europa rappresenta ancora una possibilità da vivere. Da dover migliorare (tanto), ma da cui non scappare.

E sceglierò Simona Bonafè e Ilaria Bonaccorsi. Perché credo che le visioni diverse, alla fine, siano sempre una ricchezza. E poi, nel dubbio, meglio le donne.

Voterò “per”, e non “contro”. Senza paura, e senza insulti. Io.

“Totocalcio” e “Palio di Siena”. Riflessioni sulle elezioni europee.

Al netto dell’ inconsistenza politica dal proprietario del M5s, gli anatemi lanciati durante l’esibizione sul palcoscenico sapientemente allestito dal complice Bruno Vespa (altro che Santoro-Berlusconi…) hanno apertamente palesato come voglia traformare il voto europeo di domenica in un triplo referendum su Governo, Napolitano (e le larghe intese), e sul Pd.

[NDR. In particolare sul Pd. Che è ormai diventato il nemico numero uno dei pentastellati, il male assoluto. Come se poi – permettetemi la battuta – avesse mai fatto male a qualcuno, il povero Pd, se si esclude il fegato dei suoi militanti…]

Come nel più banale totocalcio, le opzioni sono tre: 1, X, 2.

OPIZIONE 1. Dando per assodato il collasso di Forza Italia (a cui comunque non credo finché non lo vedo) possiamo considerare una vittoria del Pd ottenere un risultato di qualche punto percentuale superiore al M5s.

Dico senza timore, però, che se il Pd scendesse sotto il 31% farei comunque fatica a considerarla una grande vittoria…

Comunque, in questo caso il “comando del gioco” tornerebbe in pieno a Renzi. A cui però consiglierei di accelerare (e molto) sulla approvazione della nuova legge elettorale e sulla riforma del Senato. Per non dare l’impressione che alla luce di un risultato elettorale positivo, preferisca arroccarsi su poltrone e posizioni acquisite, perdendo lo slancio “innovatore” che innegabilmente, comunque la si pensi, ne ha caratterizzato l’ascesa.

Certo, in questo caso bisognerebbe chiedersi cosa ne sarebbe del M5s. Beninteso, non come forza politica, ma come “tipo” di forza politica. Potrebbe sbocciare davvero, definitivamente (e democraticamente, vien da dire..) indipendente dal duo Grillo-Casaleggio, che finora, per strategia o per tornaconto, lo hanno reso solo un megafono di cattiveria, acredine, bullismo e qualunquismo. Ridando sostanza a quei “ragazzi molto preparati” di cui Grillo parla, di cui si fa scudo (spesso), grazie a cui si fa forte (sempre), ma a cui toglie spazio, indipendenza e margine di iniziativa politica.

OPZIONE 2. A una vittoria del M5s mi interesserebbe anche assistere. Se stessi leggendo un libro di Isaac Asimov. In realtà rabbrividisco, al solo pensiero.

Grillo durate le sue performances ha più volte ventilato l’ipotesi “assedio al Quirinale”come l’unica percorribile. L’unica valida per pretendere lo scioglimento delle camere, le dimissioni del Presidente della Repubblica, elezioni ecc. ecc.

Ora, sorvolando sui modi fascisti con cui l’ipotesi è stata prospettata, politicamente cosa cambierebbe? Un cambio di maggioranza? Un radicale e immediato cambio di rotta e di corso? Ne dubito. Nuove elezioni porterebbero alla stessa situazione di impasse vissuta nel 2013. Della serie, “cambiando l’ordine dei fattori il risultato non cambia”. Si badi, non sto dicendo che non voglio nuove elezioni o che ne ho paura [specificazione ad uso e consumo deiprofessionisti della polemica sterile], né che mi scandalizzerebbe vedere Grillo (o chi per lui) alle prese con la formazione di un governo. E’ la politica. Dico solo che – giocoforza – il governo sarebbe nuovamente di larghe intese.

Anzi, quasi quasi me lo immagino, mentre tra due ali di fedeli adepti (e rigorosamente in streaming), si affanna nel ruolo di novello Gargamella, Ebetino ecc..

OPZIONE X. E se invece la strategia di Grillo e Casaleggio fosse quella di puntare proprio al pareggio? Vedi troppo calcio Loré, e soprattutto troppo Mourinho, direte voi. Eppure, secondo me, questo è il centro della strategia di Grillo. [Ulteriore specificazione: di Grillo, non dei militanti del M5s, perché non li insulto né li disprezzo]. Un eventuale risultato di partità (punto percentuale in più o in meno) tra Pd e M5s non farebbe altro che far risorgere Berlusconi, rendendolo ago determinante di una delicatissima bilancia, sui cui piatti Napolitano dovrà pesare una nuova “larghissima” intesa di governo (Pd, Ncd, Forza Italia ecc.) con gli obiettivi di sempre e la perenne ingovernabilità garantita da nuovi risultati elettorali.

E a poco più di un mese dal semestre italiano di presidenza europea che cosa sceglierà Napolitano?

Un pareggio, dunque, rifornendo di benzina il serbatoio (ormai praticamente a secco) delle larghe intese, garantirebbe a Grillo e ai suoi metodi ancora nuovo spazio e nuova linfa.

Quella di Grillo non è una rivoluzione, quindi. Non ci va nemmeno vicino.

E’ solo l’ennesima edizione della politica alla “Palio di Siena”. Del fare di tutto perché comunque, alla fine, non vinca la contrada nemica.

Per tutto il resto, poi, basta un bel “Vaffa-Day”.

La nuova idea di cultura a Roma.

Venerdì sera i Walzer e le Danze Ungheresi di Johannes Brahms hanno avvolto il “Serpentone”. L’aula consiliare del Municipio XI a Corviale, infatti, ha ospitato il coro del Teatro dell’Opera diretto dal Maestro Roberto Gabbiani e accompagnato da Francesco e Vincenzo De Stefano al pianoforte nell’ambito dell’iniziativa “La cultura attraversa la città”. [Per avere un’idea: qui]. Attraverso una serie di eventi gratuiti, fortemente voluti dall’Amministrazione Comunale e in particolare dall’Assessore alla Cultura Flavia Barca, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, il Palaexpo, il Teatro dell’Opera e il Teatro di Roma condivideranno le loro “eccellenze”con i 15 municipi della citta.

Il Coro del Teatro dell'Opera a CorvialeGli spettatori presenti hanno potuto assistere ad uno spettacolo coinvolgente ed emozionante, in grado di annullare, nel tempo di una sola nota, tutte le differenze. L’aula del Municipio, infatti, si è trasformata nei palchi, nelle balconate e nella platea del Teatro dell’Opera. E il profilo di cemento del “Serpentone” in quello delle imponenti strutture delle Terme di Caracalla durante la Stagione Estiva.

Perché, “tutto il territorio è centro” come ha detto, in fase di presentazione durante gli immancabili saluti istituzionali l’Assessore Flavia Barca. Che, dando voce all’urgente bisogno della città di un cambio di rotta, ha parlato anche di una “nuova idea di cultura per riavvicinare le grandi Istituzioni alla città e ai cittadini”.

Così ha detto. Proprio il giorno dopo aver riconfermato chi, da 16 anni, la cultura a Roma ce l’ha in pugno.

E allora, mi chiedo, ci sarà davvero ‘sta nuova idea?

Lo veeedi ecco Mariiino 2.0 – considerazioni su Roma.

Servizi, manutenzione ordinaria, mobilità, sicurezza, urbanistica. Sono i temi centrali su cui ogni Sindaco (e di conseguenza ogni coalizione) costruisce la propria elezione. E sono anche quelli su cui – in una realtà così grande e complessa come Roma – ogni Giunta finisce per incartarsi ed avvitarsi. Tentando acrobazie politiche ed equilibrismi tattici lontani anni luce dall’esigenza di risposte rapide e soluzioni efficaci che i cittadini pretendono.

Affrontare i problemi. Questo si chiede ad un Sindaco. Questo chiedono i romani al Sindaco Marino. E l’inizio della consiliatura, proprio per l’individuazione degli obiettivi e la rapidità d’attuazione, era stata incoraggiante. La chiusura al traffico privato di una porzione di via dei Fori Imperiali, e la conseguente riorganizzazione della viabilità in quella zona del Centro. La discussione aspra, anche con parte dello stesso consiglio comunale, sulla “dieta” nei consigli di amministrazione delle municipalizzate. La chiusura della discarica di Malagrotta e la partenza sistematica della raccolta differenziata. Anche chi ha espresso forti critiche sul merito degli interventi non può non aver apprezzato la sensazione di “rimessa in movimento della città” che, anche grazie all’immagine di “alieno dai condizionamenti politici”, il Sindaco era riuscito a trasmettere dopo anni di farraginoso (e bi-partisan) rallentamento.

Progressivamente, però, quello sprint iniziale si è inesorabilmente affievolito. I partiti della maggioranza sembrano aver preso le misure “all’alieno” e trovato il modo per tornare ad incidere efficacemente sulle capacità di governo della città. Lavorando il Sindaco ai fianchi, come fa un boxeur esperto dopo aver fatto sfogare un avversario talentuoso ma un po’ sprovveduto.

Acea, Ama e Atac si stanno rivelando una sorta di “blob” in grado di assorbire ogni colpo e resistere ad ogni tentativo di svolta rapida. La gestione delle emergenze legate alle piogge è stata, nonostante gli sforzi prodotti dai Municipi (pur se privi di risorse), quantomeno confusionaria. La reazione al caotico iter di approvazione del bilancio e la posizione espressa sul “Salva-Roma” sono state simili più a delle crisi isteriche che ad una linea politica.

La questione “Rifiuti-Cerroni” torna ciclicamente sulle prime pagine dei giornali, cavalcata anche in modo pretestuoso dall’opposizone pentastellata che (nella persona del suo capo/padrone) urla, sbraita e insulta ma, alla fine, ammette di non avere soluzioni alternative. Non si può, però, non notare come, pur se la classe dirigente della città per anni si è adagiata su Malagrotta (e le recenti indagini stanno chiarendo il perché anche ai meno “smaliziati”) senza progettare soluzioni per il futuro, il Sindaco attuale ha evidentemente sottovalutato i tempi e i modi per “trasformare” la gestione dei rifiuti della città.

Tutto questo non fa che rafforzare chi, sia in Campidoglio (le opposizioni, ma anche alcune parti dello stesso PD) che tra la gente comune, ne addita la mancanza di una strategia a lungo termine, una scarsa programmazione, una rincorsa affannosa delle emergenze e una generale debolezza amministrativa.

D’altronde, però, in campagna elettorale il Sindaco si era preposto (e aveva proposto agli elettori) un obiettivo ambizioso: cambiare la città cambiando le abitudini dei cittadini, anche a rischio di una momentanea impopolarità. Ma per riuscirci è necessario far seguire un nuovo cambio di passo a questo periodo di rallentamento, coordinando gli interventi con l’evoluzione della legislazione regionale portata avanti dalla Giunta Zingaretti. Favorendo lo sviluppo e avviando una nuova gestione del sistema ubano concentrandosi su obiettivi concreti e facilmente leggibili da tutti. Perciò: servizi, manutenzione ordinaria, mobilità, sicurezza, urbanistica.

Clandestino si, Clandestino no.

La Camera, nonostante l’ostruzionismo della Lega Nord ha approvato il ddl sulle pene alternative al carcere. Nel secondo dei 16 articoli che lo compongono, tra i reati che il Governo dovrà trasformare in illeciti amministrativi c’è quello di immigrazione clandestina.

Premesso che in merito ho ancora delle perplessità (essenzialmente perché in altri paesi europei è prevista la reclusione) credo sia necessario fare chiarezza su alcuni punti, fondamentali per interpretarlo in un modo un po’ più equilibrato rispetto ai commenti che ho visto fiorire su social media, su certa stampa online o, più semplicemente, sentito al bar.

L’obiezione per cui, da oggi, le nostre coste saranno prese d’assalto da profughi, migranti e disgraziati vari è una solenne c*#*#*a. Scusate la franchezza. Semplicemente perchè le nostre coste sono già prese d’assalto da profughi, migranti e disgraziati vari. Lampedusa è storia recente.

L’immigrato entrato “clandestinamente”, dopo l’identificazione deve essere espulso con riaccompagnamento coatto alla frontiera. Credo non ci piova. E infatti il ddl mantiene il procedimento amministrativo di espulsione per coloro che violano le norme sull’ingresso e il soggiorno nello Stato. Nel caso dopo un decreto di espulsione “ci riprovasse” (per dirla spicciola), è prevista la rilevanza penale per il reingresso in violazione di un provvedimento di espulsione.

Per un “reato”, ci vuole un processo. Un processo prevede un eventuale appello. Quindi tempo e risorse. Dopodichè una condanna e una pena da scontare, in carcere. Dove non c’è posto. E, solo poi, l’espulsione. Dunque, siamo sicuri che, se ben applicato, sia più morbido e meno utile?

A fine maggio scadono i termini che l’Europa ci ha imposto per trovare una soluzione al sovraffollamento che costringe i detenuti a vivere in condizioni non umane. E, per quanto sulle decisioni dell’Europa ci siano opinioni discordanti, trovare delle modalità per intervenire strutturalmente sul problema non solo con i periodici (e inutili) “svuota-carceri” credo sia una questione fondamentale.

Poi, tanto per essere chiaro, a tutto questa “riorganizzazione” io affiancherei anche la costruzione di qualche carcere nuovo. Come si fa in un paese civile.