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Vietato l’ingresso agli zingari. Quando al sonno della politica risponde la pancia.

Il cartello affisso alla vetrina di un negozio in zona Tuscolano a Roma, e ovviamente rilanciato da gran parte dei quotidiani, mi ha lasciato sgomento. Mi ha lasciato sgomento perchè la scritta “vietato l’ingresso agli zingari” ricorda tanto, ma tanto, quel “vietato l’ingresso agli ebrei e ai cani” che ancora marchia d’infamia un pezzo di storia d’Europa e d’Italia.
vietato l'ingresso agli zingariRicorda tanto quegli atteggiamenti di razzismo diffuso, su cui solo grazie al genio e alla sensibilità artistica di Benigni ne “la vita è bella”, si riesce ad associare un sorriso al groppo in gola.

Giosuè: Perché i cani e gli ebrei non possono entrare babbo?

Guido: Eh, loro gli ebrei e i cani non ce li vogliono. Eh, ognuno fa quello che gli pare Giosuè, eh. Là c’è un negozio, là, c’è un ferramenta no, loro per esempio non fanno entrare gli spagnoli e i cavalli eh, eh… e coso là, c’è un farmacista no: ieri ero con un mio amico, un cinese che c’ha un canguro, dico “Si può entrare?”, dice “No, qui i cinesi e i canguri non ce li vogliamo”. Eh, gli sono antipatici oh, che ti devo dire oh?!

Giosuè: Ma noi in libreria facciamo entrare tutti.

Guido: No, da domani ce lo scriviamo anche noi, guarda! Chi ti è antipatico a te?

Giosuè: I ragni. E a te?

Guido: A me… i visigoti! E da domani ce lo scriviamo: “Vietato l’ingresso ai ragni e ai visigoti”. Oh! E mi hanno rotto le scatole ‘sti visigoti, basta eh!

“Vietato l’ingresso agli zingari” è un affermazione gravissima. Un comportamento da condannare senza mezzi termini e senza mezze misure. Che, come dicevo, mi ha lasciato sgomento. Ma mi ha anche fatto riflettere. Credo infatti che, in modo altrettanto onesto, senza mezze ipocrisie, si debba avere il coraggio di dare, anche ad un comportamento da condannare senza se e senza ma, una seconda chiave di lettura.

Perchè in quella scritta si può leggere anche una richiesta d’aiuto. Di chi, dai comportamenti illegali, irrispettosi e indecenti tenuti e perpetrati costantemente da una percentuale di questi signori (non mi interessa quantificare, che sia l’1, il 30, il 50 o il 90% è lo stesso), è quotidianamente vessato. Da quei comportamenti “minimi” ma costanti, che spesso le istituzioni, la politica o anche le forze di polizia, non prendono nemmeno in considerazione perchè genericamente “non gravi”. Ma che alimentano e fanno sedimentare quel razzismo di pancia che è più pericoloso di mille comizi.
Perchè è vero che recuperare il metallo, o quello che è, nei cassonetti non è grave. Ma forse, per chi ogni giorno trova sporco il marciapiede davanti all’ingresso del negozio dove lavora, è un disagio. Forse, per chi dalle finestre di casa lasciate aperte d’estate, può godere dei miasmi provenienti dai cassonetti lasciati aperti, è un disagio. Crescente.
Perchè è vero che pulire i vetri delle auto ferme ai semafori (peraltro in modo più o meno educato) non è grave. Ma forse, per la donna che ogni mattina, nel traffico, sulla strada tra casa e il posto di lavoro, deve sopportare ad ogni semaforo l’insolenza di chi, con acqua e “lavavetri”, spruzza, sporca e poi – forse – pulisce, il disagio diventa un fastidio. Crescente. Poi però, capita che a questi disagi, a questi fastidi, si sommi la casa svaligiata. E il senso di impotenza, e di resa, che trasmettono i carabinieri quando, come unico consiglio, ti dicono di provare a girare per i mercatini per cercare di recuperare qualcosa. Allora il fastidio diventa un problema. E Grande. Anche per chi, un cartello del genere non l’avrebbe mai neanche immaginato.

Quindi è necessario che di questi disagi la politica, e con essa (e in particolare) la sinistra, si faccia carico. E che gli amministratori smettano di nascondersi dietro i “non hai capito” o “stai sbagliando”. Smettano di bollare la questione con semplicistici “sei di destra” o “sei razzista”. Smettano di sbandierare la parola “integrazione” con quella morale viscida e supponente, quel senso di superiorità etica che, finora, a prodotto scarsissimi risultati sul piano dell’inclusione sociale e enormi danni su quello dell’esclusione. Perchè è proprio chi è vessato da questi comportamenti a sentirsi escluso. E chi si sente escluso risponde di pancia.

Ecco. Perchè a me, sia chiaro, quel cartello fa schifo. Ma le istituzioni, i politici, cosa fanno per evitare che ci sia sempre qualcuno in più spinto ad esporlo?

La crisi isterica di Marino.

L’ira di Marino dopo il ritiro del decreto “Salva Roma” da parte del governo, è stata giusta. Anche sacrosanta, visto che quel decreto è stato fermo 42 giorni in commissione bilancio al Senato e poi sottoposto alla valanga di emendamenti di Lega e M5s (e come ti sbagli..). Ma è stata talmente sbagliata nei modi da sembrare una crisi isterica. Seria, grave, ma pur sempre solo una crisi isterica.

Ha dato l’idea – sbagliatissima, appunto – di una città (perché è nella città in generale che ognuno identifica un’amministrazione comunale) in grado di “mantenersi” solo chiedendo, cappello in mano, soldi e aiuti allo Stato. E ha distolto l’attenzione da tre cose che sono, invece, fondamentali. Fondamentali per la politica e per l’idea di città che il sindaco e i partiti della coalizione che lo sostiene hanno (o dovrebbero avere) della città.

La prima: che le risorse per i bilanci in questione non saranno a carico delle finanze pubbliche (la norma di emergenza, infatti, si basa sulle risorse già disponibili spostandole dalla gestione straordinaria al bilancio ordinario del Comune). Non si tratta, quindi, “dell’ennesimo regalo a Roma Ladrona” come sostengono i sottili pensatori di verde vestiti, anzi. I debiti in questione, infatti, sono pagati dai cittadini romani con l’aumento dell’Irpef. Soluzione peraltro trovata all’epoca di Alemanno, tanto per fare subito chiarezza a vantaggio dei detrattori-per-principio della Sindaco.

La seconda: che questo “intervento d’emergenza” (per usare termini medici cari al Primo Cittadino) si incastra con le iniziative che il Comune sta attuando per riorganizzare e rimettere in funzione una macchina amministrativa che risulta o troppo arrugginita o, se pensiamo ai casi Ama-Atac-Malagrotta-Polizia Municipale, troppo “oliata”.

La terza: che Lega (e i suoi proclami alla guerra e al commissariamento di roma da affidare a Nerone) e M5s (con la deriva politicante dimostrata sul decreto relativo agli enti locali, giusto per creare un fastidio al nuovo governo) per l’esigenza di recuperare consenso e visibilità ad atteggiamenti aggressivi e inaffidabili.

E invece, “da domenica blocco Roma”, “non ci sono i soldi per il gasolio dei bus”, “non ci sono gli stipendi dei dipendenti comunali”, “bisognerebbe inseguire i politici coi forconi”….

Se su Abbey Road fosse passato il 773…

Dunque, dovevo attraversare viale dei Colli Portuensi. Il tratto in salita verso Largo La Loggia, per chi è di zona. Ho attraversato sulle strisce. Non vicino alle strisce, neanche in copertina-di-abbey-roadprossimità delle strisce. Proprio sulle strisce, calpestando le strisce. Tipo Beatles sulla copertina di Abbey Road, per capirci. Oh, solo che l’autista del 773 (direzione bosco degli arvali) evidentemente la citazione non la capiva e con abili colpi di acceleratore tentava di centrarmi. Un – evidentemente raro ma prezioso – singulto neuronico glielo impediva, ridestandolo all’improvviso dall’abituale torpore con cui presta servizio al cittadino. “Ah stronzo!”, m’ha detto. In effetti c’ha ragione, avevo torto io nonostante fossi sulle strisce: ho attraversato pensando scioperassero anche oggi.

Considerazioni su Roma (“lo veeedi ecco Mariiino”).

Traendo spunto da questo articolo del Corriere della Sera, ieri ho iniziato su Facebook una interessante discussione con un mio amico sull’operato del sindaco in questi primi mesi di governo della città. Ne è venuta fuori una considerazione sulle aspettative (personali e generali) che sono state la base della sua elezione e che, mi fa piacere riportare anche sulle pagine del blog (provando a dargli una forma un po’ più leggibile..). D’altronde esprimere un giudizio tranchant dopo soli 6 mesi di consiliatura sarebbe sbagliato, così come lasciarsi andare ad una celebrazione tout court quasi si fosse ancora sull’onda della vittoria elettorale. Fiducia e perlessità, dunque. Qualche apprezzamento e, contemporanemente, qualche delusione (tanto per mantenermi in contraddizione continua anche con me stesso). Peraltro, il tema dell’articolo del Corriere, la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio culturale della città, mi sta particolarmente a cuore, sia come cittadino che come “addetto ai lavori”. La chiusura al traffico privato di una parte di Via dei Fori Imperiali è stato uno dei fiori all’occhiello della campagna elettorale del Sindaco. Ed in effetti si è arrivati al primo step di questo processo nei modi e nei temi previsti. Pur ritenendo indispensabile un urgente intervento di revisione della mobilita’ nella zona, credo sia stato sbagliato iniziare con il centro storico. Avrei preferito si fosse iniziato avviando progetti ugualmente ambiziosi ma piu’ “decentrati”, magari con la pedonalizzazione permanente di tratti stradali nelle periferie. Sia perchè credo che sia necessario favorire la mobilità alternativa anche in punti della città meno “famosi” ma, paradossalmente, più abitati e frequentati. Sia per evitare di trasmettere l’idea di un interesse rivolto solo al “bel salotto” del centro storico, di richiamarsi cioè a quei tratti distintivi del veltronismo su cui Alemanno aveva costruito parte della sua vittoria elettorale. Allo stesso tempo ritengo che i passi che si stanno muovendo per la riorganizzazione interna di uffici comunali, burocrazia e municipalizzate oltre ad essere un importante segnale di modernizzazione marchino davvero la differenza con cio che è stato prima, con la parentopoli di recente memoria. Ci vorrà tempo, sicuramente più di quello previsto e dichiarato in campagna elettorale (e anche questo è un errore, Roma aveva, ed ha, bisogno di fatti) ma ci stiamo allontanando dal “buco nero” (in tutti i sensi) in cui era precipitata Roma durante l’amministrazione Alemanno.