Archivi categoria: esteri
Natale de guerra.
Sul comodino, da un po’ di tempo, ho una raccolta di poesie e sonetti di Trilussa.
Questa si intitola Natale de Guerra. E sì, certo, fine Luglio non è periodo da “poesie di Natale”. Però mi ha colpito perchè è stata composta a Roma nel 1916, pensando alle trincee della Grande Guerra, ma a pensarci bene avrebbe potuto essere scritta a Gaza, nel 2014.
Ammalappena che s’è fatto giorno
la prima luce è entrata ne la stalla
e er Bambinello s’è guardato intorno.
– Che freddo, mamma mia! Chi m’aripara?
Che freddo, mamma mia! Chi m’ariscalla?
– Fijo, la legna è diventata rara
e costa troppo cara pè compralla…
– E l’asinello mio dov’è finito?
– Trasporta la mitraja
sur campo de battaja: è requisito.
– Er bove? – Pure quello…
fu mannato ar macello.
– Ma li Re Maggi arriveno? – E’ impossibbile
perchè nun c’è la stella che li guida;
la stella nun vò uscì: poco se fida
pè paura de quarche diriggibbile…-
Er Bambinello ha chiesto: – Indove stanno
tutti li campagnoli che l’antr’anno
portaveno la robba ne la grotta?
Nun c’è neppuro un sacco de polenta,
nemmanco una frocella de ricotta…
– Fijo, li campagnoli stanno in guerra,
tutti ar campo e combatteno. La mano
che seminava er grano
e che serviva pè vangà la terra
adesso viè addoprata unicamente per ammazzà la gente…
Guarda, laggiù, li lampi
de li bombardamenti!
Li senti, Dio ce scampi,
li quattrocentoventi
che spaccheno li campi? –
Ner dì così la Madre der Signore
s’è stretta er Fijo ar core
e s’è asciugata l’occhi cò le fasce.
Una lagrima amara pè chi nasce,
una lagrima dòrce pè chi more…
Quando muore un ragazzo.
La barbara uccisione dei tre ragazzi israeliani rapiti il 12 giugno nei pressi di Hebron ha colpito tutti. E vorrei vedere.
Richieste di giustizia, solidarietà, manifestazioni, partecipazioni (pubbliche e private) al lutto, hanno trovato libero sfogo negli “altoparlanti” dei social network e della stampa online. “Indignazione” è il termine più gettonato nei post, sui forum, nei blog. Ed è giusto così. Le atrocità non devono lasciare indifferenti. Niente, nemmeno la guerra, “giustifica” la barbarie.
Quindi, indignamoci ancora. Indignamoci sempre. Indignamoci, ogni volta che a Gaza muore un ragazzo.
P.s. La posizione interessante (e per me condivisibile) di Amnesty International sulla questione: qui.
Voterò.
Domenica voterò.
Che poi io voto sempre, anche se – in questo periodo ancora di più – riesco a capire la scelta di chi decide di non farlo. Io voto (sempre) perché credo che un diritto per cui si è combattuto anche a costo della vita meriti (sempre) un po’ di impegno e di riflessione.
Domenica voterò per il Partito Democratico. Perché credo nell’impegno – duro, difficile, enorme – per cambiare l’Italia. E con l’Italia, l’Europa. Perché per me, sarà forse anche per quel meraviglioso anno d’Erasmus passato a Strasburgo, l’Europa rappresenta ancora una possibilità da vivere. Da dover migliorare (tanto), ma da cui non scappare.
E sceglierò Simona Bonafè e Ilaria Bonaccorsi. Perché credo che le visioni diverse, alla fine, siano sempre una ricchezza. E poi, nel dubbio, meglio le donne.
Voterò “per”, e non “contro”. Senza paura, e senza insulti. Io.
L’abbraccio, l’amore, il dolore e la vergogna.
Abbracciati. Le gambe incrociate l’uno con l’altra. Le mani strette. I volti accostati.
Morti. Insieme.
Se non sapessimo dove (e come, e perchè), quest’immagine ci trasmetterebbe pace, quiete. Come gli “amanti di Valdaro”, i due scheletri abbracciati da 6000 anni e ritrovati nel 2007 vicino a Mantova.
Se non sapessimo dove, come e perchè vedremmo solo un’eterna immagine d’amore.
Invece, sappiamo tutto: 3 ottobre 2013, Lampedusa, naufragio di un barcone carico di immigrati. 366 morti.
E questa immagine d’amore è l’immagine del dolore italiano di non poter salvare tutti. Di dover dire troppo spesso “il mare è pieno di morti“. Di chi vede il proprio paese, abbandonato di fronte ad una emergenza umanitaria da chi poi – quando invece che di esseri umani si parla di economia – sale sul piedistallo e detta regole, leggi e indirizzi.
E’ l’immagine della vergogna dell’Unione Europea.

