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LDAPOST della domenica #17 – Adesso – Roma-Cagliari 0-0.

Adesso sì che te riconosco, Roma mia. Adesso che tre pareggi di fila rimettono l’andamento del campionato perfettamente in media con le più classiche delle occasioni perse. Adesso che senza Totti la vena realizzativa degli attaccanti è tornata ad essere inversamente proporzionale al numero di doppi passi, veroniche, finte e tocchi d’esterno di asturiana memoria. Adesso che sulla fascia sinistra è tornata ad esserci una abissale voragine tecnica. Adesso che Avramov è diventato Jascin. E Gervinho è tornato Lima. Adesso che pure il francese Garcia se dev’esse  appassionato al vino dei castelli. Perché solo se hai bevuto forte puoi pensà di sostituire Maicon con Bradley. Anche se i cross di Maicon so’ stati peggio di quelli di Annoni e pure se Bradley è pelato come Annoni. Adesso che, senza centravanti daje a crossà e con Borriello dajè a triangolà. Adesso che ricominciamo a fare i conti con lesioni, risentimenti, fastidi, contratture e stiramenti. E ognuno diventa medico e fisioterapista insieme e disserta di fattori di ricrescita (per una volta senza ironizzare sul toupè di Conte) e tempi di recupero. E smoccola appena Benatia si stende per terra e Pjanic si tocca la gamba. Adesso sì che ti riconosco, Roma mia. Adesso che 15 (quindici!! QUINDICI!!!) calci d’angolo non servono a una mazza. Che un rigore non te lo danno nemmeno se in piena area te colpiscono al petto co ’na katana gridando “Banzai!”. Che prima de venì ammonito, pure un Eriksson qualsiasi può smonta’ almeno tre caviglie e due polpacci a forza di calcioni. Adesso che, “se me l’avessero detto a Luglio c’avrei firmato”. Appunto, a Luglio. Non adesso.

LDAPOST della domenica #16 – Bentornati a casa… – Roma-Sassuolo 1-1

Alla fine della vacanza dei sogni, dopo aver visitato i posti più affascinanti e suggestivi del mondo, dopo aver assaggiato le spezie più saporite, i vini più buoni, dopo aver preso il sole sulle spiagge più pulite e fatto il bagno nelle acque più limpide, ognuno di noi sente il desiderio di tornare a casa. Di dormire di nuovo sul quel materasso e quel cuscino, un po’ sformati, che ci aspettano ogni sera.

Per questo il risultato di ieri non ha niente di anomalo, niente di davvero cattivo, niente di veramente beffardo. L’anomalia sono le dieci vittorie consecutive, quella meravigliosa vacanza fatta di pali degli avversari, dei goal di Gervinho e Florenzi, di minuti di inviolabilità della porta e di devastante superiorità. E anche le partite difficili, nervose, come quella di Udine o quella col Chievo, rientravano tra gli episodi di una vacanza avventurosa ma particolarmente ben riuscita. Come quando una lunga passeggiata su un sentiero sconnesso consente di affacciarsi, di colpo, su un panorama mozzafiato. Per questo, quella botta secca sotto la traversa a due secondi dalla fine non è stato un colpo di sfortuna, tantomeno un errore drammatico. E’ stato come quando, in aereoporto, si ricordano i momenti di felicità e spensieratezza appena vissuti, nonostante la fila disordinata al check-in, la gente accalcata sul pullmino che porta verso l’imbarco, le cappelliere stracolme di bagagli a mano, già ci riportino all’inquieto tran tran quotidiano.

Bene, detto questo, io ieri non c’ho capito niente.

Non ho capito perchè all’ennesimo infortunio di un attaccante, ma con l’inerzia della partita completamente in mano, al posto di Borriello venga messo in campo Bradley, stravolgendo l’assetto del centrocampo facendolo diventare, di colpo, molto più statico.

Non ho capito perchè, a un quarto d’ora dalla fine, venga tolto il migliore in campo, Miralem Pjanic, rinunciando (oltre alla pericolosità nei calci piazzati) alla possibilità di congelare tempi, azioni e palloni.

Non ho capito inoltre perchè, al posto del suddetto migliore in campo, venga fatto entrare Caprari, giovane di talmente tanto belle speranze da non essere riuscito l’anno scorso a ritagliarsi stabilmente un posto nel disastroso Pescara. E che, peraltro, in almeno due occasioni si permette il lusso di tirare (piano, centrale e a c***o di cane) invece di appoggiare a compagni che, con un po’ d’esperienza in più, si preparavano ad incatenarsi alla bandierina del calcio d’angolo

Non ho capito perchè a due minuti dalla fine Balzaretti possa farsi trovare in fuorigioco a ridosso dell’area avversaria. E a far partire il contropiede.

Non ho capito perchè si consideri Burdisso una valida alternativa ai due centrali titolari. e non un pensionato adatto a dar da mangiare ai piccioni ai giardinetti.

Non ho capito perchè, da un mese a questa parte, si possano brutalizzare le caviglie dei giocatori della Roma senza aver timore di ammonizioni, espulsioni o calci di rigore.

Insomma, non ho capito. E adesso c’è la sosta. Che passerò aspettando mi arrivi una cartolina da quella bella vacanza.

LDAPOST della domenica #15 – L’undicesima vittoria (risultato a parte) – Torino-Roma 1-1.

Prima o poi doveva succedere. ‘Sta serie di vittorie si sarebbe interrotta. In modo crudele, spietato e doloroso. Con un’imbarcata storica, tre o quattro zozzerie arbitrali al posto giusto e al momento giusto e crisi di nervi collettiva con almeno un paio di espulsi. Ridimensionamento collettivo, che tutto sommato il terzo posto comunque non è male e poi ad agosto c’avremmo messo la firma.

E invece no.

E invece, stavolta, la serie di vittorie si interrompe (oh, così ci mettiamo il cuore in pace e l’animo tranquillo) ma la prospettiva è completamente diversa. Perché e vero che la Roma pareggia col Torino (che del cuore granata ormai c’ha solo la fama) su un campo dove, di solito, le grandi passeggiano e le piccole come minimo recriminano. Ma è altrettanto vero che stavolta il pareggio è molto piu’ simile a una vittoria che a una sconfitta. Per tutta una serie di motivi, che affondano le radici nella storia e nelle dinamiche di ogni (rara) vittoria e di tutte le (frequenti) delusioni. Affrontiamoli uno per uno con l’elegante sportività che, come da consuetudine, contraddistingue queste pagine del blog.

1) L’arbitro: Banti di Livorno. Perfetto, professionale, infaticabile, instancabile, lucidissimo, prontissimo. Si, vabbè. Prontissimo ad applicare uno scientifico arbitraggio a senso unico. Iniziato al 30” (secondo! secondo mort***i sua!) quando Moretti ha cercato di aiutare i fisioterapisti a risolvere i fastidi di Florenzi alla caviglia polverizzandogli l’arto; proseguito giudicando non da rigore un intervento in scivolata a gamba alta su Pjanic;  sapientemente concluso ammonendo i giocatori della Roma ogni volta osassero anche solo avvicinarsi gli avversari.

2) La fenomenite di Garcia. Deve essere un virus che, prima o poi, colpisce anche i piu’ grandi. Far fronte alle emergenze di solito permette ai grandi allenatori di trovare soluzioni geniali destinate a fare scuola, su tutte si ricorda il 4-2-3-1 varato da Spalletti per far fronte ai contemporanei infortuni di tutto il reparto d’attacco. Ma a volte, anche i piu’ duri e insospettabili, vengono colpiti da raptus incontrollabili. Addirittura Fabio Capello, in Champions contro il Liverpool, non resistette all’impulso drammatico di schierare Assuncao all’ala destra. Degli abomini tattici di Luis Enrique, Zeman e Andreazzoli preferisco non parlare finchè gli studi scientifici non daranno una risposta e una cura. Alla luce di tutto ciò, la scelta di ieri di mister Garcia di schierare Bradley nel terzetto di centrocampo spostando Pjanic nel tridente d’attacco aveva tutto per lasciare il segno sul primo stop stagionale.

3) La visita di Emerson a Trigoria. Ora, che “il puma” porti sfiga lo sanno tutti. Anche i muri. Altro che “Patente” di Pirandello, questo è riuscito a far finire in B la Juve… Sapere che sabato era andato a far visita a Trigoria non prometteva niente, ma proprio niente, di buono. Chissà se prima o poi ha intenzione di andare a vedere com’è fatto lo Juventus Stadium..

4) Il Thierry Henry de Valmontone. Cerci è, in fin dei conti, un buon giocatore. Niente di piu’, però. Corre tanto e ogni tanto segna. Praticamente come Gervinho. Diciamo che il soprannome che gli fu dato nella Primavera della Roma è un tantino esagerato. Solo che essendo un ex (per di piu’ scaricato con quello che, all’epoca, fu un affare strabiliante) è assurto al ruolo di fuoriclasse incompreso, desideroso di vendetta, affamato di gloria. E quindi, per questa partita, era destinato a trasformarsi nella sintesi perfetta tra Cristiano Ronaldo, Messi e Rooney.

5) Ventura. Fiacco, malandato, depresso, contro il Napoli. Arrendevole e scarico contro la Juve, capace addirittura di accettare il verdetto del campo dopo aver perso un derby con un gol chiaramente da annullare. Inspiegabilmente tarantolato, incontenibile, tatticamente ineccepibile ieri.

6) La porta inviolata. Che i record di imbattibilità siano fatti per essere battuti è storia vecchia. Che i record nel calcio non servano a niente se non corrispondono ai punti e alle posizioni in classifica è evidente (basta pensare a quante volte le squadre di Zeman hanno avuto il miglior attacco). E piu’ vai avanti piu’ la statistica non aiuta. Però il fatto che ieri la Roma (in piena emergenza da settimane) abbia subito il secondo gol in undici partite giocate continua a sembrarmi un dato esaltante.

Insomma, con tutte queste premesse il risultato a cui la storia ci ha abituato sarebbe stato un 3-0 secco per i granata. Ecco perché il pareggio, tutto sommato, è una mezza vittoria. Perché è vero che non si possono vincere tutte. Ma è anche vero che non è obbligatorio perdere. E quindi, intanto, stiamo ancora là. Eh già.

P.s. Non per sembrare insistente. Ma questo è ciò che per Banti non è rigore:

fallo su pjanic in torino-roma