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LDAPOST della domenica #22 – Un film violento – Juventus-Roma 3-0

Come in un film. D’azione. Violento.

aranciameccanicaSolo che mentre la Juventus interpretava alla perfezione il capolavoro di Kubrick “Arancia Meccanica”, la Roma si arrabattava nella parte di un personaggio dei comici poliziotteschi degli anni Settanta. Perché, mentre gli undici di Conte entravano in campo già perfettamente calati nelle parti di Alex, Pete, Dime e Georgie, il metodo Stanislavskij non funzionava per i giallorossi. Che invece di Serpico e dell’ispettore Callaghan, finivano per interpretare bomboloVenticello, all’anagrafe Bertarelli Franco”. Uno che le pizze le prendeva dar Mondezza, figuriamoci dai “Drughi” (quelli di “Arancia Meccanica” intendo, non quelli in curva).  Così, i bianconeri iniziavano la loro serie di ultraviolenze sorseggiando Lattepiu’ e i giallorossi cercavano strenuamente di opporsi urlando a squarciagola “Tze-tze!”. Di fatto, i mai sufficientemente odiati rivali, dopo aver aspettato educatamente il fischio d’inizio (sai com’è, lo stile Juve lo impone), ci hanno messo all’angolo del ring e hanno iniziato a brutalizzarci. E manco a dire che “almeno un po’ te la sei giocata”, perché nei minuti iniziali, quelli che facevano ben sperare, quelli in cui Totti e Ljajic hanno prodotto l’unica (peraltro sufficientemente stitica) occasione da goal, ogni contrasto, ogni scatto, ogni scontro faceva presagire il peggio. Toccante (al limite dell’umanitario) il tentativo di Pjanic di fermare fallosamente Pogba, terminato con il risultato del bosniaco a rotolare per metri dopo l’impatto e il francese a chiedersi quale fastidiosa zanzara l’avesse sfiorato.

E con queste premesse non c’è da stupirsi quando, come in un noioso replay di quanto avvenuto negli ultimi due anni, Vidal insacca a mezzo metro dalla linea. E nemmeno quando Bonucci, lasciato completamente solo da un irriconoscibile Castan, segna in scivolata volante come nel migliore degli shaolin soccer. Avrebbe persino fatto ridere la goffa respinta di mano sulla linea dello stesso Castan se non fosse avvenuta dopo un batti e ribatti di testa in area, con i giocatori della Juve a esibirsi in numeri da foche e quelli della Roma immobili a naso all’insu’ come i bambini davanti agli acrobati del circo. Avrebbe fatto ridere se non fosse stato fischiato il rigore. Se non lo avesse segnato Vucinic. E se, oltretutto, non ci avesse ridotto in 9. Già in nove. Perché nel frattempo De Rossi, a coronamento di una prestazione degna del peggior Tomic, si era prodotto in un intervento da codice penale su Chiellini ed era stato espulso. Nulla da eccepire sul colore del cartellino, per carità. Se non fosse che nel primo tempo, quando lo stesso Chiellini aveva deciso di amputare la caviglia di Ljajic, il cartellino estratto fosse stato quello giallo (“e con mille scuse da parte del sig. arbitro”, “un caro abbraccio alla signora”, “cordialissimi saluti a casa” e gentilezze varie).

Insomma, una gran bella serata di merda. Un incubo. Lo stesso di due anni fa. Lo stesso dell’anno scorso. Con la differenza che quest’anno, qualche motivo per sperare che sia solo un episodio c’è. E allora mettiamoci il ghiaccio sulla testa, una bistecca sugli occhi pesti. E speriamo.

LDAPOST della domenica #21 – Buon Natale – Roma-Catania 4-0

Lo confesso subito, il Catania me sta antipatico. Da sempre. Non so perchè. Me sta antipatico e basta. Come il Chievo e la Sampdoria. Nel calcio ci sono antipatie che nascono così, a pelle. E le partite degli ultimi anni non hanno fatto che giustificarla, quest’antipatia. Che immagino sia reciproca. Perchè non è che se ‘na volta (‘na volta, per la miseria!) rifiliamo 7 goal a qualcuno, per quel qualcuno strozzacce le gioie (poche) e spezzacce le caviglie (molte) deve diventà una sorta di missione di vita. Perchè se fosse così Evra, Carrick, Smith e compagnia cantando, a Roma non solo non ce se dovrebbero nemmeno affaccià pe’ fa’ i turisti, ma neanche solo attraversà de corsa col trolley in mano l’area transiti de Fiumicino. Fatta ‘sta premessa, bisogna dire che, seppur fastidiosissima, il Catania negli anni scorsi era una squadra di calcio. Che pescava talenti sconosciuti dall’Argentina, li affidava ad allenatori giovani e innovativi e si poneva come obiettivi bel gioco e salvezza tranquilla. Solo che, dai e dai, i talenti sconosciuti in Argentina finiscono. Rimangono quelli conosciuti, che però costano un sacco de soldi e c’hanno ambizioni un filino diverse. Daje e ridaje si esauriscono pure gli allenatori giovani e innovativi. Così dopo Giampaolo, Simeone, Zenga e Montella ecco che rispunta De Canio, che de “giovane e innovativo” non c’ha niente. E a pensarci bene nemmeno de “allenatore”. E quando una squadra che in qualsiasi altro campionato europeo (non di zebra griffato) sarebbe prima per distacco, imbattuta, con una difesa granitica, un attacco a 5 stelle e un centrocampo in cui (nonostante le squalifiche) Bradley e Pjanic riproducono alla perfezione la coppia De Rossi-Pizarro dei tempi d’oro….beh, quando ‘na squadra così incontra una squadra come il Catania, di solito ne fa 4. Senza sudare. E così è stato, pe’ ‘na volta. Anzi, sarebbero stati altri 7, se Gervinho non fosse un ragazzo dal core d’oro. E Buon Natale.

LDAPOST della domenica #20 – Se – Milan-Roma 2-2.

Coi “se” nun se fa la storia. Figuramose vince a Milano…

Perchè se De Sanctis avesse alzato un braccio, il rimpallo de Zapata l’avrebbe parato.

Se Gervinho fosse lucido sotto porta, sarebbe Rooney.

Se Burdisso fosse un giocatore de calcio, a Balotelli l’avrebbe marcato stretto.

Se Dodo’ sapesse difende, non me ricorderebbe così tanto Dudu’.

Ma soprattutto, se Muntari c’avesse avuto i piedi de Bradley avrebbe tirato fuori.

Se.

 

LDAPOST della domenica #19 – Mezzogiorno di fuoco – Roma-Fiorentina 2-1

Una partita di cartello chiama birra e borghetti, non cappuccino e cornetto. Una partita di cartello vuole l’introduzione di Sky dalle 18, non l’angelus su raiuno. Una partita di cartello vuole il sottofondo delle radio, non del ragù a sobbollire. E poi, ognuno c’ha i suoi tempi, oltre che i suoi riti. E comicià la giornata smadonnando lucidamente su infortuni, formazioni e tattiche, è impresa metabolicamente difficile. Tanto difficile da lasciare spazio a uno smadonnare vago, generalizzato, che sembrerebbe pure esagerato se non trovasse subito ampia giustificazione nell’immagine di Neto che, come da tradizione, si trasforma nella saracinesca di turno. E di mano, di piede, di coscia e di culo arriva su tutti i palloni. E mentre davanti agli occhi gonfi da dormita lunga domenicale si materializza lo spettro di Avramov, Gervinho tanto si trasforma in Cristiano Ronaldo sulla trequarti quanto in Fabio Junior quando incespica nell’area piccola. Pero’, in tutto questo vorticoso apparire e sparire, pe’ ‘na volta un paio di rimpalli in area rimangono a nostro favore e Maicon fa 1-0. E a me me casca il caffè.

il portiere della Fiorentina Neto.
il portiere della Fiorentina Neto.

Manco faccio in tempo a rimette sul fuoco la macchinetta, che Neto, scegliendo di omaggiare gli anni Cinquanta vestendo il costume vintage di Tiramolla, allunga le braccia su un colpo di testa a botta sicura di De Rossi consentendomi di aggiungere un’altra tacca al conteggio dei vaffanculo mattutini. Imprecazioni di cui perdo definitivamente il conto quando un cross rasoterra in diagonale attraversa tutta l’area di rigore sfiorando malleoli, calcagni e stinchi per arrivare, come fosse calamitato, sul piede di Vargas. E Vargas ha fatto troppo schifo nelle ultime stagioni per non segnare alla Roma. Infatti. 1-1.

Anche se il secondo tempo riparte com’era finito il primo, con la Fiorentina in attacco, Cuadrado impegnato a puntare poroDodo’, Rossi intento a palleggiare di mano in area sotto lo sguardo inebetito del sempre inutile assistente, De Sanctis in preda a insiegabili crisi isteriche, Garcia non si lascia tentare da maldestre invenzioni tattiche e fa entrare al posto dello zombie-Florenzi il redivivo Destro che, per l’immaginabilmente irrefrenabile gioia di Marco Borriello, tocca un pallone e segna.  2-1. Rimane giusto il temo per resistere all’assalto all’arma bianca dell’arbitro Orsato di Schi[fo]…e con lui di tutta la Fiorentina. Che picchia, crossa, lancia, tira ma trova sempre un muro a respingere. E De Sanctis, evidentemente tranquillizzato con qualche farmaco potente, con il volo sulla punizione di Pasqual si mette in pari con il tonfo su quella di Bergamo.

Bene così, stiamo sempre lì. E adesso andiamo a Milano, de lunedì.