Quello di Bergamo è un campaccio. Da sempre.
Un campo dove per vincere devi schierare la squadra tipo, avere i giocatori in piena forma e la rosa tra cui scegliere deve essere quella più forte della tua storia. E comunque, anche in quel caso, i sapienti giardinieri di scuola longobarda al posto dell’erba t’acchittano una pozza di fango profonda 20 cm (e meno male che tra fenomeni e giocolieri c’avevi pure Tommasi e Delvecchio).
Un campo dove, se sei nel pieno di un ambizioso proyecto asturiano calcistico-educativo ne prendi talmente tanti che dopo mezz’ora te fanno il torello.
Un campo dove, di norma, se gli insulti che ti becchi si fermano al quarto grado di parentela l’atmosfera ti sembra tutto sommato accogliente.
Insomma, le premesse per passare il sabato pomeriggio sacramentando ci stavano tutte. Se poi a queste premesse aggiungi che sulla fascia sinistra schieri evidentemente un figurante di Cinecittà che, più che a un arrembante terzino del Chelsea, sembra ispirarsi alle movenze di uno zombie di “The Walking Dead”, ecco che sacramenti, madonne e santi vari si materializzando dopo 40 secondi. 1-0.
Manco il tempo di mettersi comodi e stai sotto di risultato e di gioco. L’Atalanta sembra il Bayern Monaco, Raimondi e Maxi Moralez sembrano Robben e Gotze. Cole, invece, continua a sembra’ sempre e solo Cole. E questo basta. I primi 10 minuti sono di terrore puro, e fanno diventare le suggestioni di mercato una interminabile lista della spesa in cui si elencano centrali di difesa come pacchi di pasta, terzini come etti di prosciutto e portieri come verdure.
Siccome però l’Atalanta non è il Bayern Monaco, Colantuono non è Guardiola ma soprattutto Raimondi e Maxi Moralez col cazzo che sono Robben e Gotze, passo dopo passo, minuto dopo minuto, contrasto dopo contrasto, la Roma riconquista campo e gioco.
Iturbe quando prende palla tra le linee e parte è incontenibile. Lo fermano solo con la più alta espressione comunicativa bergamasca: il muro a secco. Nel senso che lo murano a suon di calci e je timbrano – a secco – i polpacci coi tacchetti. Ljajic trova, in un colpo solo, la posizione in campo, la rapidità di giocata, il goal (e che goal!) e l’assist per Nainggolan. 1-2.
Solo che, mentre ancora te stai a gusta’ il vantaggio, il controllo della partita e il terzo fischione nell’aria, laddove non arriva la strategia di Colantuono arriva la Croce Rossa. Torosidis va fuori per infortunio e in campo ci va un ragazzino. I terzini sono ufficialmente finiti e compilando la lista della spesa si cominciano a guarda’ pure le offerte 3×2.
In un amen i patemi riprendono, gli errori aumentano e i terrori crescono. Astori scivola, De Rossi incespica e De Sanctis s’addorme. La palla balla in area di rigore un paio di volte, ma entrambe le volte rotola fuori a rimbalzella. E al sollievo s’aggiunge pure un senso di giustizia perchè sì, il Rigamonti sarà pure un campaccio, però no, l’Atalanta davvero non è il Bayern Monaco.