Che i risultati di queste ultime partite siano ininfluenti, non c’è dubbio.
E meno male.
Perchè la seconda sconfitta consecutiva rovina tutte quelle vanesie considerazioni su compattezza, concentrazione, cattiveria agonistica e impenetrabilità difensiva che, diciamoci la verità, pur non equivalendo a un trofeo (né avvicinandosi a una vittoria), dopo due anni di asturiano e boemo martirio, quantomeno riconsolavano.
A questo, poi, va aggiunto il goal preso all’ultimo minuto da Osvaldo. L’ex insultato, deriso, vaffanculato da tutto l’Olimpico e umiliato pure dal suo allenatore che, per scelta tecnica e tricologica invidia, lo bolla come riserva delle riserve facendolo partire dalla panchina anche in una partita che vede in campo (da una parte e dall’altra) proprio una pletora di riserve. Ecco, dunque, l’esemplificazione migliore di quel talento innato della Roma nel riuscire a trovare il modo di trarre il peggio del peggio da un risultato già comunque ampliamente schifoso. Aggiungere sempre quel pizzico di rodimento di culo in più, a un già vorticoso roteare di palle. Quel guizzo, quell’idea, quel condimento unico per rendere sempre memorabile il sapore di ogni sconfitta. Anche la più insignificante.
Che poi, comunque, c’è di peggio. Fossi nato in Portogallo sarei stato senz’altro del Benfica.