Che sarebbe stata dura, si sapeva già dalla settimana scorsa. Quando, più che la sconfitta col Napoli, l’infortunio di Strootman aveva gettato oscuri presagi sul futuro della Roma.
Infortunio che ha attirato gli avvoltoi sopra Trigoria, pronti ad accanirsi sui poveri resti del centrocampo giallorosso, convincendo Garcia ad affidare il ruolo fondamentale a poro Taddei: quello di spaventapasseri.
Ma soprattutto, infortunio che ha lasciato scoperta la difesa, con Benatia e Castan costretti a vedersela all’arma bianca con una schiera di indemoniati giocatori friulani lanciati, alla velocità della luce, verso la porta di De Sanctis. Che, dal canto suo, trovava una di quelle serate di grazia (che di solito la Roma subisce, consentendo ad un qualsiasi sconosciuto portiere avversario di rovinarci la nottata) e si produceva in una serie di inteventi miracolosi. I più emotivi, alla seconda deviazione decisiva, hanno ceduto alla commozione. Leggende narrano che gli spiriti di Masetti, Cudicini (Fabio) e Ginulfi, abbiano fatto lacrimare le foto appese ai muri dei Roma Club come la Madonna di Civitavecchia.
Anche perché, se De Sanctis parava, il bambino promosso titolare da Padre Guidolin – il predestinato Simone Scuffet – non era da meno. Nonostante i brufoli a tradire l’anagrafe e una pettinatura alla turca degna più di un mediano del Besiktas che di un qualsiasi diciassettenne italiano. Solo che, mentre dopo gli interventi di De Sanctis i difensori della Roma riuscivano, in un modo o nell’altro, a sventare le minacce, dopo quelli di Scuffet il trio Heurtaux-Danilo-Domizzi rimaneva più imbambolato del solito, consentendo a Totti e Destro di fare 2-0.
Risultato che, amministrando con attenzione, avrebbe consentito alla Roma di sfruttare la ripresa per risparmiare un po’ le forze (residue) della rosa (ristretta). Respingendo l’assalto del Napoli col minimo sforzo. Appunto, con un po’ d’attenzione. Quella che avrebbe chiuso la partita e mandato tutti a cena senza la sofferenza di dover vedere prima Pinzi entrare nel taccuino dell’arbitro per un goal e non per un intervento da codice penale, e poi la gioia per il “tiro della vita” di Torosidis smorzata dal “rimpallo della vita” di Basta. Sì, perché mentre lo spirito di Candela possedeva il laterale greco, lo spingeva in progressione sulla fascia e gli consentiva di tirare una botta secca di sinistro a fil di palo,
quello del mai dimenticato (e sempre amato) Giovanni Cervone da Bruciano si impossessava di De Sanctis, che concludeva la sua straordinaria partita con una goffa respinta a “pugno moscio” che il centrocampista serbo dell’Udinese non poteva che sfruttare come si trattasse di un calibrato e prezioso assist.
3-2. E ultimi minuti a chiappe strette, a vedere Allan e Florenzi, entrambi posseduti dallo spirito di Vieri, sparare alle stelle dei goal già fatti come Bobone (con la sua rinomata sensibilità nel tocco) riuscì a fare negli ottavi del mondiale 2002 contro la Corea.
E 3-2 sia. E sticazzi dell’impenetrabilità difensiva, del turnover e della rosa corta. E se serve, domenica prossima, col Chievo, s’attrezzamo pure per una seduta spiritica.