Abbiamo fatto crack. Non un crack finanziario, quello l’abbiamo scongiurato anni fa, quando ‘a Bbanca si è accaparrata (con un invidiabile fiuto per i grandi affari) le quote di Italpetroli. E l’abbiamo evitato di nuovo quando gli americani (o, citando alcuni sapienti pseudogiornalisti esperti di cultura statunitense, gli american straccions) si sono comprati un po’ di quote de ‘a Bbanca.
Abbiamo proprio fatto crack, tutti, come ha fatto crack il ginocchio di Strootman. Che quando l’olandese s’é accasciato a terra e si teneva la rotula, abbiamo pensato “aaahhh” come se c’avessero dato una mazzata sopra la nostra.

Lo stesso “aaahhh” che avevo urlato alla lettura della formazione ufficiale. Lo stesso “aaahhh” (di allarmante terrore, mani sulle guance, bocca spalancata e corde vocali agghiacciantemente mute) che m’ha trasfigurato quando ho provato ad associare i nomi Bastos, Florenzi e Gervinho al sostantivo goal.
Lo stesso “aaahhh” (pero’ cantilenante, di rammaricata consapevolezza) associato alla netta sensazione che, ancora una volta, un ceppo recrudescente di “fenomenite asturiana” avesse riattecchito negli spogliatoi della Roma. E, di conseguenza, la certezza che, nonostante ci si affanni in ricerche, siamo ancora tanto lontani dal riuscire a sintetizzare un vaccino sicuro.
Lo stesso “aaahhh” (di piacevole stupore, da botta sulla fronte e “ecco chi m’ero scordato!”) detto quando, mentre snocciolavo nomi di diciassettenni centrocampisti della primavera presumibilmente in panchina, ho visto porononno Taddei togliersi la tuta.
Lo stesso che, con l’apparente distacco di chi è stravolto dallo shock, ho pronunciato vedendo la palla crossata da Ghoulam sbattere sul ciuffo pettinato di Callejon, strusciare l’incrocio dei pali e insaccarsi.
“Ah”.