La partita era difficile. Dopo il pareggio nel derby e, soprattutto, dopo le vittorie pomeridiane di Juve e Napoli contro le assatanate Chievo e Sassuolo. Ah, non erano assatanate? Strano. Vabbè. Era una partita difficile perché da giocare contro una squadra che, dopo il cambio di allenatore, si è riassestata. E anche bene, nonostante una rosa in larga parte agghiacciante. Era la partita contro Sinisa Mihajlovic, ex blucerchiato, ex laziale, ex interista, e anche (poco, per fortuna) ex romanista. Quello che millanta di aver convinto Boskov, il 28 Marzo del 1993, a far debuttare in Serie A un ragazzino di nome Francesco Totti: “Si può dire che l’ho fatto esordire io. Di lui si parlava bene e una volta dopo averlo visto con la Primavera consigliai Boskov di portarlo con noi perchè si abituasse al clima e magari farlo esordire se ce ne fosse stata l’occasione. Andammo a Brescia, segnai io e Caniggia e a un quarto d’ora dalla fine proposi a Boskov di farlo esordire e così fece”. Ora, reprimendo un cordialissimo e giustificatissimo mavattelaapjanderculo, resta da chiedersi chi – in quella stagione – avesse convinto Boskov a far giocare lui.
Comunque, simpatico quanto il nodo della sua sciarpa (peraltro assolutamente sovradimensionata rispetto alle esigenze climatiche della serata primaverile) l’ex ct della nazionale serba, che dichiara di ispirarsi ad Eriksson e di aver imparato da Mancini, schiera i blucerchiati come avrebbe fatto Fascetti. Tutti dietro la palla, raddoppi continui e, se possibile, qualche calcione ben distribuito. Solo che De Silvestri, Gastaldello, Mustafi e Regini non sono proprio quello che può definirsi un muro invalicabile così, per quanto al piccolo trotto, la Roma non la butta subito in goleada solo perché Destro, gervinho e Strootman si divorano due di quelle occasioni talmente colossali da farti subito pensare guarda te che culo questi, sta a vede’ se alla fine non ce fregano [“fregano” è un gentile sinonimo, NDR]. Oh, però dai e dai, su un calcio d’angolo mirabilmente battuto da Florenzi, in una mischia scomposta, tra maglie tirate, schiene placcate e gambe abbracciate, Destro la butta dentro producendosi in un perentorio stacco di testa, stimabile tra i 2 e i 4 cm. 1-0 ed esultanza somodata dell’attaccante che se leva la maglia, se fa ammonì e grida al mondo “aho era la calzamaglia che c’avevo a Napoli che me faceva sembra un pandoro!!”.
Al 54’ Pjanic fa 2-0 su punizione con un bel tiro di collo, secco, che supera la barriera, s’abbassa e soprattutto fa rimanere Da Costa per quello che è, un pezzo de mogano coi guanti. Messasi male, Mihajlovic cala la mossa a sorpresa e getta nella mischia un attaccante legnoso e sovrappeso. Solo grazie alle spietate zoomate di Sky riconosco l’ex promessa Stefano Okaka. Che peraltro ero convinto avesse abbandonato il calcio dopo il goal di tacco al Siena che divenne l’emblema dell’inseguimento alla vetta della Roma di Ranieri. E invece no, ancora s’aggira maldestramente per la massima serie. E comunque avrebbe fatto meglio, a ritirarsi. Manco un minuto in campo e Florenzi, Gervinho e Destro lavano l’offesa arrecata dal suo ingresso al ruolo di centravanti, e con un’azione da manuale fanno 3-0. E tutti a casa.
Purtroppo, però, al termine di una partita così spettacolare, arriva la doccia gelata. Con un perentorio comunicato la Corte di Giustizia Federale sancisce come, a causa del reiterarsi di cori disciminatori rivolti da una rilevante percentuale degli spettatori presenti sul divano di casa mia nei confronti dell’allenatore della Sampdoria (in particolare il mai fuori moda “Sinisa zingaro e li mortacci tua”), il prossimo post “della Domenica” sara’ scritto privo delle vocali E e U.