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L’abbraccio, l’amore, il dolore e la vergogna.

Abbracciati. Le gambe incrociate l’uno con l’altra. Le mani strette. I volti accostati.

Morti. Insieme.

Se non sapessimo dove (e come, e perchè), quest’immagine ci trasmetterebbe pace, quiete. Come gli “amanti di Valdaro”, i due scheletri abbracciati da 6000 anni e ritrovati nel 2007 vicino a Mantova.

Se non sapessimo dove, come e perchè vedremmo solo un’eterna immagine d’amore.

Invece, sappiamo tutto: 3 ottobre 2013, Lampedusa, naufragio di un barcone carico di immigrati. 366 morti.

E questa immagine d’amore è l’immagine del dolore italiano di non poter salvare tutti. Di dover dire troppo spesso “il mare è pieno di morti“. Di chi vede il proprio paese, abbandonato di fronte ad una emergenza umanitaria da chi poi – quando invece che di esseri umani si parla di economia – sale sul piedistallo e detta regole, leggi e indirizzi.

E’ l’immagine della vergogna dell’Unione Europea.

Lampedusa, 3 Ottobre 2013.
Lampedusa, 3 Ottobre 2013.

La nuova idea di cultura a Roma.

Venerdì sera i Walzer e le Danze Ungheresi di Johannes Brahms hanno avvolto il “Serpentone”. L’aula consiliare del Municipio XI a Corviale, infatti, ha ospitato il coro del Teatro dell’Opera diretto dal Maestro Roberto Gabbiani e accompagnato da Francesco e Vincenzo De Stefano al pianoforte nell’ambito dell’iniziativa “La cultura attraversa la città”. [Per avere un’idea: qui]. Attraverso una serie di eventi gratuiti, fortemente voluti dall’Amministrazione Comunale e in particolare dall’Assessore alla Cultura Flavia Barca, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, il Palaexpo, il Teatro dell’Opera e il Teatro di Roma condivideranno le loro “eccellenze”con i 15 municipi della citta.

Il Coro del Teatro dell'Opera a CorvialeGli spettatori presenti hanno potuto assistere ad uno spettacolo coinvolgente ed emozionante, in grado di annullare, nel tempo di una sola nota, tutte le differenze. L’aula del Municipio, infatti, si è trasformata nei palchi, nelle balconate e nella platea del Teatro dell’Opera. E il profilo di cemento del “Serpentone” in quello delle imponenti strutture delle Terme di Caracalla durante la Stagione Estiva.

Perché, “tutto il territorio è centro” come ha detto, in fase di presentazione durante gli immancabili saluti istituzionali l’Assessore Flavia Barca. Che, dando voce all’urgente bisogno della città di un cambio di rotta, ha parlato anche di una “nuova idea di cultura per riavvicinare le grandi Istituzioni alla città e ai cittadini”.

Così ha detto. Proprio il giorno dopo aver riconfermato chi, da 16 anni, la cultura a Roma ce l’ha in pugno.

E allora, mi chiedo, ci sarà davvero ‘sta nuova idea?

Lo scandalo

E’ più forte di me, non capisco.

Non capisco perché, sabato sera, abbia suscitato questa ondata di generalizzato sdegno (e di annessa benpensantistica moralità) il fatto che, in una situazione di fortissima tensione e criticità come quella che si era creata prima dell’inizio della finale di Coppa Italia, i responsabili di pubblica sicurezza abbiano “trattato” con uno dei referenti (o forse con “il” referente) dei soggetti coinvolti.

Genny ‘a carogna non è l’interlocutore con cui i rappresentanti delle istituzioni dovrebbero abbassarsi a trattare!!” gridavano i professionisti dell’etica a orologeria (come saggiamente la chiama un mio amico) nei Tg, in radio e sul web. Ma dai? (versione elegante del ben più chiaro Graziearcazzo!)

'a carognaMa in quel momento, purtroppo, la voce di Genny ‘a carogna, seduto a cavalcioni sulla balaustra dello stadio, era quella che stava rimbalzando di seggiolino in seggiolino, di smartphone in smartphone, di social network in social network. Era la voce più forte. Più del Prefetto. Più del Questore. Più del Presidente del Consiglio e del Presidente del Senato (che pure erano lì, a neanche cento metri, non nascosti nei palazzi). E’ agghiacciante, ma era quella con cui era necessario parlare per fare in modo che il messaggio fosse recepito da tutti.

E’ questo che a me scandalizza.

Che, con personaggi del calibro di Genny ‘a carogna, lo Stato abbia ancora la necessità di “trattare”. Nonostante i Daspo, i tornelli, le tessere del tifoso, le telecamere.

Mi scandalizza uno Stato che, a forza di raccontarci che Stefano Cucchi è morto per inanizione, che una ragazza durante una manifestazione è stata calpestata perché scambiata per uno zaino e che Federico Aldrovandi s’è ammazzato da solo, in situazioni critiche ha meno credito delle parole e degli sproloqui di un capobranco pregiudicato.

Non mi scandalizza che vada a “trattare”. Mi scandalizza che sia ridotto a doverlo fare anche con chi, già dalla scritta sulla maglietta, inneggia alla sua fine.

Mira Lanza

Nella notte tra il 29 e il 30 Aprile, un incendio ha distrutto gli edifici (anzi, quello che rimaneva degli edifici) dell’ex fabbrica Mira Lanza, su Lungotevere Papareschi (zona viale Marconi).

Mira Lanza - Roma, Lungotevere Papareschi - foto ldapost 2014.
Mira Lanza – Roma, Lungotevere Papareschi – foto ldapost 2014.

Sono stato a dare un’occhiata. FOTO.

L’area, da anni, è al centro di progetti di riqualificazione (nei capannoni dovrebbero nascere anche un asilo nido e la sede dell’Accademia di Arte Drammatica Silvio D’Amico) che dovrebbero cambiare il volto di quello spicchio di quartiere, strappandolo al degrado e ai senza fissa dimora che tra le strutture pericolanti e abbandonate della fabbrica trovano riparo. L’ultimo sgombero era avvenuto proprio poche ore prima dell’incendio.

Progetti, però, che faticano a partire. E come ogni volta che un’area da riqualificare brucia, un pensiero, magari maligno, sulla natura dell’incendio sorge spontaneo…