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Negli occhi di chi guarda.

Marco Malvaldi, Negli occhi di chi guarda, Sellerio.
Marco Malvaldi, Negli occhi di chi guarda, Sellerio.

Due omicidi, una tenuta isolata immersa nella natura tra il mare e la campagna, tanti moventi e altrettanti sospettati. Gli elementi per il più classico (e scontato) dei gialli estivi ci sono tutti.  A renderlo, invece, un romanzo ironico e originale è la capacità di Malvaldi di caratterizzare – sempre in modo esasperato, ma mai esasperante – e rendere irresistibili i personaggi, principali e secondari, che prendono parte alla vicenda. Piergiorgio (medico genetista) e Margherita (filologa e archivista); i gemelli Zeno e Alfredo Cavalcanti, identici nell’aspetto e opposti nella vita; l’anziano e scorbutico tuttofare Raimondo, uscito dal manicomio solo grazie alla legge Basaglia. E poi l’architetto con la sindrome di Tourette, l’addetto alle pulizie polacco e devotissimo alla Santa Vergine di Czestochowa (convinto di incontrare il demonio pure nel bagno), la coppia di celebri musicisti ormai in pensione e il meccanico di Formula 1 in pausa tra un Gran Premio e l’altro.  In un continuo alternarsi di incontri, scontri, riavvicinamenti e regolamenti di conti  che rendono la ricerca del colpevole il pretesto perfetto per vedere fin dove può spingersi una così variopinta galassia di persone.

Nessuno siamo perfetti. Gli incubi del creatore dell’indagatore dell’incubo.

nessuno siamo perfetti documentario tiziano sclaviHo visto (ammetto: casualmente, è del 2014) il documentario di Giancarlo Soldi “Nessuno siamo perfetti”, una lunga intervista a Tiziano Sclavi, il creatore di Dylan Dog.

L’indagatore dell’incubo può essere considerato a tutti gli effetti un’icona degli anni ’90. Immagino che molti, come me, che in quegli anni ne aspettavo trepidante le tre uscite mensili – l’inedito, la ristampa e la seconda ristampa, affinché i lettori più “giovani” (non per forza d’età) potessero completare la raccolta – se ne siano resi conto solo facendo i conti con gli scaffali della libreria satura di albi. Magari in occasione del primo trasloco, e della decisione da prendere sul destino di tutta quella carta. Decisione che inevitabilmente sarebbe stata quella di conservarli. D’altra parte, chi getterebbe nella spazzatura i propri anni perfettamente scanditi mese per mese, albo per albo, personaggio per personaggio, incubo per incubo…

dylan dog alba dei morti viventi fumetti tiziano sclaviL’alba dei morti viventi, omaggio agli affamati (e non cannibali, la differenza è sostanziale) zombie di Romero, I conigli rosa uccidono, tanto splatter da far ridere o Johnny Freak, commovente da far piangere. L’ispettore Bloch, il tonto agente Jenkins, Morgana, Xabaras. E le surreali (per me divertentissime) battute dell’assistente Groucho.

Il documentario racconta molto del mondo di Dylan Dog e tantissimo di quello del suo creatore, attraverso un continuo scambio di dolori, di crisi, di sofferenze. E’ lo stesso Sclavi a svelare, con la semplicità delle sue frasi, dei suoi gesti, dei suoi silenzi, quali e quanti incubi muovessero le fila di quelli che, mensilmente, finivano in edicola.

L’infanzia e la prima adolescenza in un paesino di Pavia, dove “ci si fermava a guardare passare una macchina”. Il rapporto conflittuale con la madre. L’alcolismo, le crisi depressive, la solitudine vissuta come condizione ineluttabile. “Il tempo speso a cucinare è tempo perso. Mangio solo un pezzo di formaggio, e un pezzo di pane. Una volta al giorno.” Parola dopo parola, il ritratto di Sclavi è quello di un grande artista carnefice di se stesso. Che ha scelto il silenzio artistico per proteggersi dalla sua sensibilità, dalla sua creatività, dal suo sentire “maudit”. Il documentario ci immerge in quel silenzio, in attesa di qualcosa che, allo stesso tempo, si rimanda. In tutto il tormento che ha riempito le tavole di centinaia di storie. Giuda ballerino!

Il cuore e l’asfalto

Villeneuve, il cuore e l'asfalto - Paolo Marcacci - Kenness.
Villeneuve, il cuore e l’asfalto – Paolo Marcacci – Kenness.

Non si può parlare di Villeneuve senza citare sorpassi e incidenti, alettoni frantumati, pneumatici scoppiati, sbandate controllate e staccate al limite. Ma per raccontare davvero Gilles Villeneuve, bisogna parlare di emozioni, di sentimenti e di coraggio. Senza perdersi in elenchi buoni per gli almanacchi o in dettagliatissime cronache di piazzamenti, ritiri e vittorie. Senza indugiare eccessivamente sulle manovre ai limiti della follia.

Bisogna parlare di lealtà, di rispetto e di coraggio. Quello per spingere al limite (spesso ben oltre il limite) un bolide rosso in alluminio tubolare e sovralimentato, ovviamente. Ma soprattutto quello necessario a non anteporre mai la gloria al cuore, ai sentimenti, ai principi. Fino a sembrare ingenuo. Fino alla fine. Fino a quella maledettissima “curva del bosco” a Zolder.

Perché raccontare Gilles Villeneuve, vuol dire raccontare l’ultimo degli eroi romantici.

Paolo Marcacci ci riesce molto bene.

1979, Ferrari 312T4, Zandvoort, Gran Premio d’Olanda

Bacio feroce.

Roberto Saviano, Bacio feroce, Feltrinelli, 2017.
Roberto Saviano, Bacio feroce, Feltrinelli, 2017.

La paranza dei bambini (Feltrinelli, 2016) è uno splendido romanzo di denuncia. Un docu-thriller che trasuda sentimento, rabbia e passione creativa. Bacio feroce, ne è il sequel. La banda di “bros” con il mito di Call of Duty e Don Vito Corleone, con al vertice Nicolas Fiorillo “o’ Maraja”, combatte una guerra contro la vecchia guardia per prendere il comando delle piazze di spaccio più ambite. Ma nonostante la perfetta continuità narrativa e stilistica il risultato, stavolta, è una Serie Tv. Fatti, dettagli, colpi di scena, si susseguono con un ritmo esageratamente martellante. Immagini forti, come la tenaglia che strappa – uno ad uno – i denti di “Carlitos Way”, costringono a chiudere il libro con la stessa foga con cui si cambia canale di fronte ad una scena horror inaspettata. Ma allo stesso tempo spingono ad andare avanti, a volerne di più. I richiami all’attualità criminale e alle sue geografie (la descrizione del “Delivery”, lo spaccio di droga modello supermarket, e delle rotte dei traffici), le vittime innocenti degli agguati, i rapporti tra criminalità e tifo organizzato, catapultano il lettore in un reportage d’inchiesta puntuale e diretto. Lo slang quotidiano, per cui il traditore è un “Higuain”, certifica in modo inequivocabile che i fatti si svolgono in un oggi vero, reale. E’ tutto perfetto, quindi. Ma è tutto troppo. In Bacio Feroce manca la calma. tanti che si finisce per inseguirla, quasi per implorarla. Perché è nei vuoti, negli insoliti silenzi di alcuni vicoli di Forcella, nella solitudine delle notti di latitanza a Ponticelli, che si percepisce il senso del libro. La guerra tra bande, il conflitto tra “giovani” e “vecchi” in versione malavitosa, certo. Ma soprattutto lo scontro disperato tra le diverse anime che assistono a questa guerra. Quelle disperate, come Greta e Emma, mamme certe dell’ineluttabile autodistruzione dei propri figli, ma disposte a tutte pur di provare a salvarli. Quelle spregiudicata, come Mena, la madre di Marajà, per cui l’ascesa criminale di Nicolas non è altro che l’unica possibile, anche se effimera, giustizia.

Insomma, quando Roberto Saviano scrive della sua terra e, inevitabilmente, delle dinamiche mafiose che spesso la governano (e che dal 2006 lo costringono a vivere sotto scorta), è una penna attenta e raffinata, sempre in perfetto equilibrio tra l’approfondimento e la colloquialità. Incalzante, forte. Quando si lascia andare a fuochi d’artificio cinematografici si indebolisce e sbanda. Finendo per fare un po’ di confusione.

Blues per cuori fuorilegge e vecchie puttane.

Il Blues è – tra gli altri – quello di James Carrie, Natalie Merchant, Sena Ehrhardt e Mary Gauthier. Voci giuste per dare “un senso alla tristezza che opprime”. I cuori sono quelli di Marco Buratti, l’Alligatore, Max “la memoria” e Beniamino Rossini. I cui battiti anche stavolta sono quei principi “fuorilegge”, per i quali – e con i quali – affrontare la vita (cercando di sopravvivergli). Edith, la “vecchia puttana” della maîtresse Frau Vieira, è la bellissima prostituta quarantenne donna di cui l’Alligatore si innamora quasi per sbaglio. Giorgio Pellegrini è, ancora una volta, il nemico. Non l’unico, ma quello vero. A sua volta infiltrato, per iniziativa di una spregiudicata funzionaria del Ministero dell’Interno, nella rete della narcotrafficante portoghese Paz Anaya Vega.

Massimo Carlotto, Blues per cuori fuorilegge e vecchie puttane, edizioni E/O.
Massimo Carlotto, Blues per cuori fuorilegge e vecchie puttane, edizioni E/O.

Nonostante torni a personaggi e situazioni consuete Carlotto dimostra una continua capacità di innovare lo stile e la costruzione del racconto. Affidando la narrazione in alcuni capitoli alla voce dei “banditi perbene”, in altri a quella del “mostro” partorito dalla fusione tra rappresentanti di uno stato corrotto e un genio del male e della distruzione. Alternando, così, punti di vista, reazioni e, soprattutto, emozioni. Insomma, un ritorno al noir positivo dopo le perplessità lasciate dal thriller “Il Turista“. Ma tenere ancora una volta aperta la possibilità di un nuovo scontro epico tra l’Alligatore e Pellegrini rischia di far diventare tutto un po’ ripetitivo, di allungare eccessivamente il brodo, facendo scemare la voglia di vedere i personaggi andare, definitivamente, “ai resti”. La malinconia dell’Alligatore, lo strazio interiore di Rossini, l’impegno politico così demodé di Max “la memoria”, l’anima marcia e spregevole di Giorgio Pellegrini meritano di tornare a percorrere strade, magari parallele, ma distinte.