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“tra poco finirà”.

L’esasperato tatticismo diplomatico della comunità internazionale (chiamiamolo pure immobilismo) e, soprattutto, l’annoiata indifferenza di molti davanti alla guerra civile che è esplosa in Ucraina – perchè di quello, stringi stringi, si tratta – mi fa tornare drammaticamente alla mente quei maldestri tentativi di sedare, con qualche sanzione e un po’ di aiuti, lo scoppio della guerra nei balcani. Quelle assurde teorie del “non ci esponiamo troppo, tanto tra poco finirà”. Infatti.

l’emozione (e il rischio) di vedere il PD giocare all’attacco.

Quante volte ho sbraitato contro l’immobilità politica del PD? Provo a ricordare, ma perdo subito il conto. Tante volte, sicuramente, negli ultimi anni, mentre si logorava in primarie territoriali, comunali, regionali, nazionali (in primarie delle primarie, a volte) mentre elettori, militanti e simpatizzanti, si aspettavamo provasse, almeno, a condizionare l’agenda del governo Monti. Tante volte, negli ultimi mesi, assistendo all’umiliazione in diretta streaming nel tentativo di pietire un precario sostegno al M5s. Tante volte vedendo “il compagno Fassina” parlare di riforma del lavoro, di diritti, di sindacati, e poi governare a braccetto con Brunetta. Tante volte, negli ultimi giorni, assistendo all’inutile recita di due leadership dimezzate: quella di Letta – il premier per caso, perchè non c’era niente di meglio – e quella di Renzi, stravincitore delle ennesime primarie ma, di fatto, ancora (anche di piu’) rifiutato da quella “minoranza della minoranza” che, inesorabile e immutabile, continua ad affollare di chiacchiere i circoli e le manifestazioni (probabilmente per esorcizzare il timore di non riuscire ad ampliare la già vastissima collezione di sconfitte). Per questo era necessaria (e, nel mio piccolo, auspicavo) una reazione politica. E piaccia o non piaccia, la si chiami #staffetta o sostituzione, forzatura o pugnalata, quella di Renzi è una mossa politica. Crudele? Può darsi. Dura? Sicuramente. Spregiudicata? Forse. Ma politica. Perché adesso è il PD che è chiamato ad essere protagonista e a tenere fede agli impegni dichiarati nel corso delle primarie e rilanciati nella direzione di giovedì. E’ dalla linea del PD che dipenderà quella del governo. Che può sembrare una ovvietà, ma non lo è. E finora, si è visto, la distanza tra i due ha portato solo all’ennesima tipologia di immobilismo. Però, per poterci riuscire, era necessario dimostrare di non avere paura dei “vecchi squali” alla Casini, pronti a gettarsi da una parte o dall’altra della mischia a seconda della legge elettorale che sarà approvata. Era necessario non farsi intimidire da Berlusconi, rilanciando invece di inseguirlo. Dimostrare di non temere il “logorio” di Palazzo Chigi in vista di presunte vittorie future. Piaccia o non piaccia, era necessario tornare a fare politica stando all’attacco. A me piace il calcio, molto. E so bene che giocare all’attacco non è mai garanzia di vittoria. Ma, di sicuro, senza attaccare non si segna. E senza goal non si vince.

A 5 stelle di distanza.

Per anni si è detto e scritto circa la distanza tra deputati e persone comuni. Tra la politica economica e le bollette da pagare. Tra le politiche sociali e la mancanza di diritti certi per tutti. Tra le politiche fiscali e i pagamenti ritardati o le fatture non saldate. Si è detto e scritto, insomma, di quanto fosse diventata esasperatamente incalcolabile (e, forse, irreversibile) la distanza tra “la politica” e la vita di tutti i giorni. E’ ovvio – s’è sempre detto e scritto – so’ tutti uguali, fanno tutti schifo!

Alle elezioni politiche del febbraio 2013 una percentuale di quell’esasperazione ha dato fiducia a chi la voglia di ridurre (anzi, di azzerare) quella distanza la urlava, senza giri di parole prima su internet e poi nelle piazze. A furia di vaffanculo, ma vabbè (a volte ci stanno). Una buona percentuale, per carità. Ma pur sempre una percentuale. Anzi, una percentuale di una percentuale. Perché nessuno (nessuno! partito, movimento o elettore che sia) deve ignorare come anche un lusinghiero 20% sia pur sempre il 20% di un 50%.

Comunque, s’è detto e s’è scritto, che quella percentuale avrebbe pesato. Che le sentinelle a 5 stelle avrebbero circondato il parlamento e l’avrebbero aperto come una scatola di sardine. Che le malefatte dei partiti avrebbero avuto le ore contate. Che i “cittadini” avrebbero avrebbero guardato a vista i “nominati”. Anche la scelta degli scranni era parte di questa rivoluzione. Né a destra, né a sinistra, né al centro. Ma in alto, per controllare.

Dopo un anno, però, le sentinelle sembrano più distanti di quanto non lo siano i presunti “sorvegliati”. Sono lì fisicamente, certo. Possono essere chiamati-contattati-consultati (a volte anche comandati) via web, ma sono lontani – anni luce – da quello che tutti (diciamoci la verità, non solo i loro elettori) si aspettavano.

Tanto distanti da aver appreso perfettamente il peggio della “seconda repubblica” e essere incapaci di rappresentare il “meglio” della terza.

Tanto distanti da aver sostituito la “macchina del fango” con quella “dell’insulto”.

Tanto distanti da aver assorbito dagli stessi politici che avrebbero dovuto cacciare come nascondere l’assenza di idee per mezzo di spocchia e presunzione. Anzi, per mezzo di urla e di “vaffanculo” (che, comunque, sarei in grado di distribuire anche io con la stessa magnanimità facendomene però meno vanto).

Tanto distanti da non capire che è anche al loro miope e presuntuoso voler governare a tutti i costi da soli che dobbiamo lo scempio delle larghe intese.

Tanto distanti da precipitare nel torto, anche quando dovrebbero aver ragione.

Tanto distanti da non capire la differenza tra “opposizione” e fascismo.

Troppo distanti.

La “prima volta” della Boldrini.

Che ci sia sempre una prima volta, è cosa risaputa. Ma ci sono “prime volte” (con le virgolette, da allusione e occhiolino strizzato), Prime Volte (con le maiuscole, da grande evento) e prime volte (tutte minuscole). Questa è una prima volta da tutte minuscole. L’ostruzionismo è una “procedura” parlamentare consueta e che, peraltro, la sinistra ha utilizzato spesso. Proprio quella sinistra di cui Laura Boldrini fa parte – candidata con Sinistra Ecologia e Libertà in 3 circoscrizioni (e precisamente nella lista delle ventitré persone nominate dalla segreteria del partito) e alla cui storia politica si ispira (o almeno dovrebbe ispirarsi). E quella storia politica dice che a volte, in parlamento, si perde. Anche su questioni importanti. Ma dice anche che le opposizioni (e con esse le istituzioni) si devono sempre rispettare. Anche se non se lo meritano (e spesso i “grillini” – arroganti, volgari, presuntuosi e clamorosamente inconcludenti – non se lo meritano). La “ghigliottina”, pero’, non rispetta né le istituzioni, né il governo. Tantomeno il  Parlamento.