LDAPOST della domenica. Chievo-Roma 0-0. Peggio di così…

Che sarebbe stata una partita strana me ne so’ accorto già dall’ingresso delle squadre in campo. Quando il Chievo ha inspiegabilmente rinunciato alla classica maglia gialla e blu (peraltro già discutibile di suo) per presentarsi travestito da Pescara. Esasperando, nel nome di un presunto marketing, quell’oltraggio all’eleganza che deve essere materia di esame nei corsi di design della moda sportiva.

Invece, per rendermi conto che sarebbe stata una partita di merda (anzi no, che sarebbe stata l’ennesima partita di merda) me ce so’ voluti esattamente 11 minuti. 11 dannati minuti passati a rincorrere Paloschi, Hetemaj, Schelotto e Pellissier nella nostra metà campo. 11 fottutissimi minuti durante i quali i piedi vellutati di Manolas e Astori si esibivano in tutto quel repertorio di palle in tribuna, spazzate e campanili dimenticato dai tempi di Carlos Bianchi.

Raccapricciante è l’unico aggettivo che mi viene in mente.

Raccapricciante come l’immagine della gamba fratturata di Mattiello. Poraccio.

Raccapricciante come le triangolazioni sulla fascia sinistra del nonno di Cole e del fantasma di Gervinho, concluse sempre con la palla in una direzione e lo scatto dalla parte opposta.

Totti che recupera un pallone a centrocampo e, da solo, tenta la percussione centrale palla al piede rende l’idea della staticità della squadra. E al suo ennesimo – e quasi disperato – tentativo personale Dainelli cerca di pareggiare il conto delle fratture. L’intervento sulla caviglia del Capitano è così limpido, deciso e mirato che il pubblico, vedendolo rialzarsi senza stampelle, bendaggi, gessi o barelle, non ce può crede e je urla “buffone!”.

Per quello che gli consentono gli anni e le pedate degli avversari Totti è l’unico che ce prova. Chiama il pressing, incita i compagni a non schiacciarsi, corre a infastidire i rilanci di Bizzarri. E inciampa. Ecco, quella goffa caduta e le conseguenti prese per il culo del pubblico clivense (che, me rendo conto, abituato com’è a vedere campioni come Eriberto, D’Angelo, Marazzina, Lazetic e Manfredini, uno come Totti non può che schifarlo) sono l’immagine di quanto per ‘sta squadra di sopravvalutati e presuntuosi il Capitano si esponga a figuracce che, per storia, classe e umanità, proprio non si merita.

All’intervallo più che un the caldo mi ci vuole un antidepressivo.

Inizia il secondo tempo. E per dar conto delle giocate di Cole e Gervinho ce vorrebbe un luminare di psichiatria.

Ljajic e Verde per Paredes e Totti sono le mosse di Garcia. Evidentemente, visto il recente filotto di splendidi risultati, il fatto che il Capitano debba uscire al sessantesimo è mossa che merita di essere reiterata. E altrettanto evidentemente l’ottima prestazione offerta da Gervinho (quella del 17 settembre col CSKA, però!) convince il Mister a lasciarlo in campo sempre e comunque.

I guizzi (flebili e sparuti, peraltro) di Ljajic e iturbe si infrangono contro l’atavica assenza di un centravanti. Ma, con Doumbia e Sanabria comodamente seduti in panchina, la mossa della disperazione è l’ingresso di Pjanic (un altro in splendida forma). Della serie “speriamo che sculiamo una punizione”. Infatti, da quel momento, facciamo solo falli in attacco.

Finisce com’era cominciata.

Ottavo pareggio in 10 partite.

Peggio di così, ce sta solo Josè Angel.

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