Attitudine alla sconfitta.
L’ho sempre saputo. In un certo senso me lo sono sempre “sentito”. Che al netto degli infortuni, degli Orsato (o dei Banti o dei Rocchi), della preparazione fisica, della tattica, qui si perde perchè perdere è più facile che vincere. E perchè qui perdere, paradossalmente, rende quasi più che vincere.
L’ho sempre scritto, scherzandoci su.
Ma per quanto faccia sorridere (e anche piangere), non è uno scherzo.
E’ Roma. E’ la Roma.
Lo ha scritto anche un giornalista, Francesco Repice, radiocronista di RadioRai. Perciò, in un certo senso, lascio la parola a lui. Perchè mica vorremmo davvero sta’ a parlà de Roma-Empoli?
Il DNA della sconfitta è qualcosa che si radica dentro certi club e diventa quasi la sublimazione, l’essenza, la ‘ragione sociale’ di quell’ambiente. Questo succede alla Roma che, pur essendo ampiamente attrezzata per vincere, riesce a perdersi nell’aurea mediocrità del secondo posto. Salvo poi rallegrarsi della posizione raggiunta nonostante ‘una stagione in cui è andato tutto storto’. Per carità, la malasorte ci ha messo del suo (Castan, Strootman, Iturbe), ma la verità è che, quando si tratta di prendersi il primato, succede sempre qualcosa: infortuni muscolari, cambi di preparazione, disgrazie arbitrali…..Tutto ciò consente ad alcuni di bearsi del ruolo di rincalzo che non mette assilli. Vuoi mettere starsene al secondo posto (senza rischiare il terzo perchè altrimenti addio vacanze) e non dover necessariamente dare il fritto a Trigoria per arrivare lì dove è il minimo sindacale doversi aspettare da una squadra come la Roma. E del resto quand’è che la Roma ha vinto? Quando un allenatore -discutibilissimo dal punto di vista tecnico- ha chiesto ed ottenuto i migliori tra i migliori. E poi se li è fatti nemici, così come impongono i suoi crismi di allenatore. Anzi, Fabio Capello avrebbe potuto e dovuto vincere almeno un altro scudetto. Ma la sindrome della sconfitta costò un pareggio a Venezia…..Non solo, con Spalletti prima e Ranieri poi, la sindrome della sconfitta ha prevalso su due rimonte che aspettavano soltanto di essere coronate dal trionfo finale. Ed invece, la leziosità di una partita pareggiata a tempo scaduto da Zanetti ed il secondo tempo sconcertante contro la Samp di Cassano e Pazzini riconsegnarono tutto alla ‘normalità’. Pensate cosa avrebbe significato vincere quei due campionati senza risorse economiche. Pensate cosa avrebbero potuto regalare quei giocatori alla loro gente e alla famiglia Sensi fiaccata dalla scomparsa di Franco. E invece nulla. Come oggi del resto. La squadra più forte del campionato che si arrende prima del tempo. Perchè la ‘normalità’ è perdere lasciandosi dietro qualche rimpianto e poter proclamare all’inizio della prossima stagione: “Noi siamo più affamati degli altri”. [Francesco Repice]