Giocano le nazionali. Ci sono gli Azzurri. C’è da conquistare la qualificazione al Mondiale in Brasile. Abbiamo strappato la vittoria contro la Bulgaria grazie a uno straordinario Buffon e dobbiamo andare all’assalto della Repubblica Ceca per raggiungere Brasil2014.
Si vabbè, sticazzi.
La sosta per la nazionale non ha nulla di sportivo, nulla di interessante, nulla di esaltante. E’ una cattiveria, una crudeltà. La sosta per la nazionale è un’accanimento bello e buono sulla passione del tifoso.
Almeno, va detto, i cervelloni che organizzano date e calendari c’hanno risparmiato quell’orgasmo interrotto rappresentato dalla pausa-nazionali dopo la prima giornata di campionato. Che poi, negli ultimi anni, la nazionale era solo un’immagine pallida e sfocata sullo sfondo di polemiche, incazzature e delusioni visto che la Roma, di esordio, non ne imbroccava uno.
Stavolta invece le due vittorie iniziali hanno trasformato la sosta in una crudele seduta di psicoterapia. Le repliche dei goal, la classifica di televideo, le pagine internet di Corriere e Gazzetta, le statistiche per il Fantacalcio, i servizi di SkySport, non fanno altro che instillare la tentazione di declinare una tabella di pronostici trionfali per i prossimi turni, un’abitudine così menagrama e dannosa a cui solo una psiche forte può resistere e a cui solo i caratteri più coraggiosi sanno sottrarsi. Così per qualcuno non rimane che chiedere aiuto alla modernità, attaccarsi a Fox Sports e accanirsi sulle repliche della Eredivisie. Per qualcun altro (per me) non rimane che aggrapparsi a inequivocabili gesti scaramantici ogni volta che sciagurati commentatori parlano di Garcia come di Capello, di Florenzi come di Tommasi e di Benatia come Samuel. Per tacer di Gervinho, ovviamente. Perché almeno nella pausa, il maalox vorrei risparmiarmelo.