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I bastardi di Pizzofalcone. Un bel libro.

Una ricca signora trovata morta in casa, tra la sua collezione di sfere di vetro con dentro la neve. Nessun segno di effrazione, nessun sospetto se non il marito – notaio della Napoli bene –  infedele. Se fosse un giallo, sarebbe un giallo di quart’ordine.

Maurizio De Giovanni, I bastardi di Pizzofalcone, Einaudi.
Maurizio De Giovanni, I bastardi di Pizzofalcone, Einaudi.

Ma I Bastardi di Pizzofalcone è un noir vero, intenso. De Giovanni fa in modo che al lettore della trama importi davvero poco. La storia – quella vera – quella che spinge a leggere e magari a rileggere, la detta Napoli. Una Napoli a cui l’autore non fa sconti, ma alla quale non lesina carezze evidenziando le quotidiane e contemporanee sfumature di rabbia ed allegria. Di caos coinvolgente e latente solitudine. Contrasti aspri, che danno luogo a incontri/scontri diretti e fulminanti. La povertà sgraziata di un basso con l’arrogante sfoggio di ricchezza del circolo nautico. La convulsa animosità di un vico con la flemmatica agiatezza di un importante studio notarile. La vita ideale, sognata da tutti, con le miserie e le meschinità e degli uomini. Diverse e uguali in ogni quartiere, in ogni ceto sociale. Su cui l’autore indugia a lungo, senza mai giudicare. Ma senza fornire alibi a nessuno. Neanche ai protagonisti. Quelli chiamati a ricomporre il nucleo operativo del commissariato di Pizzofalcone, nel cuore di Napoli, sono tutto fuorchè eroi nel senso più classico e nobile del termine. Reietti. Scarti. Con le stesse meschinità, le stesse miserie e gli stessi strazi delle strade e dei quartieri che attraversano.

Un bel libro.

La banda degli amanti.

Avevo lasciato con una certa sofferenza Marco Buratti, Beniamino Rossini e Max “la Memoria” alla fine de L’amore del bandito, il libro della serie che Carlotto ha dedicato al personaggio dell’Alligatore che ho trovato più intenso.

La Banda degli Amanti, Massimo Carlotto, edizioni E/O.
La Banda degli Amanti, Massimo Carlotto, edizioni E/O.

Probabilmente perché più che le intuizioni, le analisi e i tormenti del “paciere” Buratti, adoro il personaggio di Beniamino Rossini. La sua divisa – effettivamente démodé – da gangster, i braccialetti d’oro messi al polso per ogni persona uccisa, l’amore intenso e struggente per Sylvie, il rispetto della parola data anche nelle situazioni più estreme e la sua personalissima “etica della criminalità”. Un personaggio così intensamente “noir” da essere contemporaneamente eroe classico ed antieroe byroniano. Ho divorato, perciò, La banda degli amanti. Che dalla figura di Beniamino Rossini, dall’importanza della sua presenza al fianco di Marco Buratti e Max “la Memoria” e dal vuoto (anche inconsapevole) lasciato dalla sua lontananza, trae linfa per diventare da un vago intreccio iniziale una storia ben definita. La morte di Sylvie è un colpo duro. Per il gangster, per i personaggi e per me, semplice lettore. Carlotto riesce a dar forma ad una cappa di sottintesa malinconia anche quando, lo sviluppo della storia allontana il pensiero da quell’episodio. Anche quando il protagonista di Arrivederci amore, ciao e Alla fine di un giorno noioso diventa inequivocabilmente il nemico da abbattere, anche se mimetizzato da formale, ricco, scrupoloso ristoratore di successo di nome Giorgio Pellegrini (“re di Cuori” dominatore, criminale senza scrupoli, assassino efferato).

E questo è il punto, personalissimo. A me non piacciono gli incontri fra personaggi di libri, o serie diverse. Neanche quando, come in questo caso, l’autore riesce a mantenere vive e ben definibili le caratteristiche di tutti i personaggi evitando, nella dura contrapposizione creata con un personaggio così oscuro, di trasformare “i buoni” in investigatori “alla Topolino”.

C’è poco da fare, mi rimane l’idea di “Godzilla contro King Kong”.

E’ un libro di retrogusti, dunque. Retrogusto di meravigliosa malinconia in ogni pagina, anche in quelle più concitate, e di insoddisfazione finale.

Le ossa della principessa.

Alessia Gazzola, Le ossa della principessa, Longanesi.
Alessia Gazzola, Le ossa della principessa, Longanesi.

Nel quarto “episodio” della saga di cui è protagonista, Alice Allevi, medico legale, casinista e – soprattutto – un po’ sfigata, si trova coinvolta nelle indagini sulla scomparsa di una sua collega (la collega stronza però, quella detta “l’Ape Regina”). Scomparsa che risulta sorprendentemente collegata all”omicidio di una giovane archeologa, Viviana, il cui corpo viene ritrovato sepolto come lo scheletro di una principessa da lei stessa rinvenuto sullo scavo di Gerico.

Alice, goffa e sbadata come sempre, ma con un grande intuito, diventa quindi la spalla dell’ispettore Calligaris tra i corridoi dell’Università La Sapienza cercando di chiarire i rapporti – e di conseguenza il coinvolgimento – dei ricercatori.

Una saga (L’Allieva, Un segreto non è per sempre, Sindrome da cuore in sospeso, Le ossa della principessa) leggera e divertente.

Una lettura veloce, agile, da viaggio in treno. Senza pretese da grande noir ma, pur mantenendo sempre bene in vista le sfumature rosa, con degli spunti della trama investigativa interessanti e non banali. Carino.