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MILLENNIUM 5, L’uomo che inseguiva la sua ombra.

Quinto capitolo della serie Millennium, secondo firmato da David Lagercrantz.

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David Lagercrantz, L’uomo che inseguiva la sua ombra, Marsilio.

La trama torna, per fortuna, a ruotare attorno ai due personaggi principali della saga. Lisbeth Salander rispetto al volume precedente  (Quello che non uccide, 2015, il primo firmato da Lagercrantz) si avvicina notevolmente alla hacker geniale, enigmatica e affascinante dei tre episodi “originali”. E tratto distintivo di Mikael Blomkvist torna ad essere l’interesse per la verità, più che per la notizia.

La trama è intricata. Ma si dipana progressivamente, come consuetudine, intorno al classico schema: Lisbeth (questa volta inizialmente in prigione) deve fare i conti con il suo passato e, con l’aiuto di Blomkvist, contrastare quelle forze oscure che lo vogliono, e la vogliono, distruggere. E questo comincia ad essere un problema. Perché Lagercrantz, pur dimostrando maggiore attenzione verso i due personaggi fondamentali (e quindi correggendo astutamente il tiro rispetto “Quello che non uccide”, particolarmente criticato dai sostenitori più accaniti della serie per l’eccessivo distacco dimostrato), non riesce a nascondere una sostanziale mancanza di identità. Il thriller è ben modulato (la prima parte, ambientata all’interno della prigione di massima sicurezza di Flodberga tiene incollati alle pagine) con, al suo interno, due storie altrettanto avvincenti (l’omicidio del blogger bengalese Jamal Chowdhury e l’incontro tra i due gemelli Daniel e Leo) e Lagercrantz sembra volersi richiamare allo stile di Larsson (ad esempio nelle lunghe e meticolosissime descrizioni sull’abbigliamento anche dei personaggi più insignificanti o sulla topografia della città). Svolge bene il compito, per carità, ma non dimostra empatia con la storia.

Tito Manlio Torquato interpretato da Stefano Starna.

Sabato 13 Maggio, nel corso dell’evento “All of Rome” la Storia di Roma si è fusa con il teatro. E’ stato per me molto emozionante sentire – finalmente! – il suono di quelle “voci” che costituiscono il senso della mia ricerca (e del mio libro). Qui le parole di Tito Manlio Torquato, “uomo di antica severità”, interpretate da Stefano Starna.

I miei “Oscar d’Inchiostro” 2016!

Anche quest’anno, come da tradizione, propongo una piccolissima-personalissima-faziosissima selezione del mio anno da lettore. Un giochino, nulla di più, ma che mi diverte molto. Alle confermate categorie “Miglior Personaggio” e “Menzione Speciale” affianco, stavolta, una “Grassa Risata” e – ahimè – una delusione.

Oscar d'Inchiostro 2016

Il Miglior Personaggio è il vicequestore Rocco Schiavone di Antonio Manzini. Cupo, respingente, tormentato e silenzioso. Degno di Jo Nesbo. Insisto, la versione televisiva non gli rende giustizia.

La risata più grassa me la sono fatta leggendo La prima regola degli Shardana, di Giovanni Floris. Una storia d’amicizia alla “Stand by me”, con la Sardegna al posto dell’Oregon. Esilarante omaggio alla letteratura e alla cinematografia “cazzeggiona” degli anni Ottanta e Novanta. Dalla pallastrada di Stefano Benni, alle risse di Bud Spencer, dai Goonies alla trivialità dei cinepanettoni.

Menzione speciale per La guerriera dagli occhi verdi, di Marco Rovelli. Una preziosa non-fiction novel sulla vita di Avesta Harun e sul principio che ne ha animato la (purtroppo) breve vita di combattente curda: un paese non può essere libero, un popolo non può sentirsi libero, se le donne non lo sono.

E ora, la nota dolente. Grande delusione per Il turista di Massimo Carlotto. Un thriller debole, una spy story scontata, un personaggio, Pietro Sambo, incompiuto. Privo sia del cinismo da maudit che dell’empatia dell’eroe. Devo ancora riprendermi dallo shock.

E ora, come sempre, se qualche altro lettore ha voglia di fare lo stesso gioco…che inizi il dibattito!

Le ombre di Rocco Schiavone non sono fatte per la TV.

Per una personalissima questione di principio, con un’applicazione ossessiva ho letto tutti i libri di Manzini che hanno come protagonista il vicequestore Rocco Schiavone prima dell’inizio della serie tv. E ho fatto bene.

Manzini Rocco Schiavone SellerioSchiavone è un personaggio fatto di ombre, cupo. Che trasmette un’idea di vuoto, di solitudine, ai limiti della crisi di panico. E’ un personaggio degno di Jo Nesbo. Respingente. Tormentato e silenzioso. Ma nelle pagine di Manzini i silenzi rimbombano come grida di rabbia, come disperate e inconsce richieste di aiuto. Ed è in quei silenzi che la storia di Schiavone, il suo passato, il suo vissuto, si “nasconde” prima di colpire chi legge con la potenza improvvisa e inaspettata di un colpo da KO. Rocco Schiavone, per intenderci, è lontano anni luce dalla melassa radical chic in cui Camilleri ha, ormai da tempo, immerso il commissario Montalbano.

No. La televisione non è, e non può essere, la sua dimensione.

Marco Giallini Rocco Schiavone fiction Rai2