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Clandestino si, Clandestino no.

La Camera, nonostante l’ostruzionismo della Lega Nord ha approvato il ddl sulle pene alternative al carcere. Nel secondo dei 16 articoli che lo compongono, tra i reati che il Governo dovrà trasformare in illeciti amministrativi c’è quello di immigrazione clandestina.

Premesso che in merito ho ancora delle perplessità (essenzialmente perché in altri paesi europei è prevista la reclusione) credo sia necessario fare chiarezza su alcuni punti, fondamentali per interpretarlo in un modo un po’ più equilibrato rispetto ai commenti che ho visto fiorire su social media, su certa stampa online o, più semplicemente, sentito al bar.

L’obiezione per cui, da oggi, le nostre coste saranno prese d’assalto da profughi, migranti e disgraziati vari è una solenne c*#*#*a. Scusate la franchezza. Semplicemente perchè le nostre coste sono già prese d’assalto da profughi, migranti e disgraziati vari. Lampedusa è storia recente.

L’immigrato entrato “clandestinamente”, dopo l’identificazione deve essere espulso con riaccompagnamento coatto alla frontiera. Credo non ci piova. E infatti il ddl mantiene il procedimento amministrativo di espulsione per coloro che violano le norme sull’ingresso e il soggiorno nello Stato. Nel caso dopo un decreto di espulsione “ci riprovasse” (per dirla spicciola), è prevista la rilevanza penale per il reingresso in violazione di un provvedimento di espulsione.

Per un “reato”, ci vuole un processo. Un processo prevede un eventuale appello. Quindi tempo e risorse. Dopodichè una condanna e una pena da scontare, in carcere. Dove non c’è posto. E, solo poi, l’espulsione. Dunque, siamo sicuri che, se ben applicato, sia più morbido e meno utile?

A fine maggio scadono i termini che l’Europa ci ha imposto per trovare una soluzione al sovraffollamento che costringe i detenuti a vivere in condizioni non umane. E, per quanto sulle decisioni dell’Europa ci siano opinioni discordanti, trovare delle modalità per intervenire strutturalmente sul problema non solo con i periodici (e inutili) “svuota-carceri” credo sia una questione fondamentale.

Poi, tanto per essere chiaro, a tutto questa “riorganizzazione” io affiancherei anche la costruzione di qualche carcere nuovo. Come si fa in un paese civile.

Vietato l’ingresso agli zingari. Quando al sonno della politica risponde la pancia.

Il cartello affisso alla vetrina di un negozio in zona Tuscolano a Roma, e ovviamente rilanciato da gran parte dei quotidiani, mi ha lasciato sgomento. Mi ha lasciato sgomento perchè la scritta “vietato l’ingresso agli zingari” ricorda tanto, ma tanto, quel “vietato l’ingresso agli ebrei e ai cani” che ancora marchia d’infamia un pezzo di storia d’Europa e d’Italia.
vietato l'ingresso agli zingariRicorda tanto quegli atteggiamenti di razzismo diffuso, su cui solo grazie al genio e alla sensibilità artistica di Benigni ne “la vita è bella”, si riesce ad associare un sorriso al groppo in gola.

Giosuè: Perché i cani e gli ebrei non possono entrare babbo?

Guido: Eh, loro gli ebrei e i cani non ce li vogliono. Eh, ognuno fa quello che gli pare Giosuè, eh. Là c’è un negozio, là, c’è un ferramenta no, loro per esempio non fanno entrare gli spagnoli e i cavalli eh, eh… e coso là, c’è un farmacista no: ieri ero con un mio amico, un cinese che c’ha un canguro, dico “Si può entrare?”, dice “No, qui i cinesi e i canguri non ce li vogliamo”. Eh, gli sono antipatici oh, che ti devo dire oh?!

Giosuè: Ma noi in libreria facciamo entrare tutti.

Guido: No, da domani ce lo scriviamo anche noi, guarda! Chi ti è antipatico a te?

Giosuè: I ragni. E a te?

Guido: A me… i visigoti! E da domani ce lo scriviamo: “Vietato l’ingresso ai ragni e ai visigoti”. Oh! E mi hanno rotto le scatole ‘sti visigoti, basta eh!

“Vietato l’ingresso agli zingari” è un affermazione gravissima. Un comportamento da condannare senza mezzi termini e senza mezze misure. Che, come dicevo, mi ha lasciato sgomento. Ma mi ha anche fatto riflettere. Credo infatti che, in modo altrettanto onesto, senza mezze ipocrisie, si debba avere il coraggio di dare, anche ad un comportamento da condannare senza se e senza ma, una seconda chiave di lettura.

Perchè in quella scritta si può leggere anche una richiesta d’aiuto. Di chi, dai comportamenti illegali, irrispettosi e indecenti tenuti e perpetrati costantemente da una percentuale di questi signori (non mi interessa quantificare, che sia l’1, il 30, il 50 o il 90% è lo stesso), è quotidianamente vessato. Da quei comportamenti “minimi” ma costanti, che spesso le istituzioni, la politica o anche le forze di polizia, non prendono nemmeno in considerazione perchè genericamente “non gravi”. Ma che alimentano e fanno sedimentare quel razzismo di pancia che è più pericoloso di mille comizi.
Perchè è vero che recuperare il metallo, o quello che è, nei cassonetti non è grave. Ma forse, per chi ogni giorno trova sporco il marciapiede davanti all’ingresso del negozio dove lavora, è un disagio. Forse, per chi dalle finestre di casa lasciate aperte d’estate, può godere dei miasmi provenienti dai cassonetti lasciati aperti, è un disagio. Crescente.
Perchè è vero che pulire i vetri delle auto ferme ai semafori (peraltro in modo più o meno educato) non è grave. Ma forse, per la donna che ogni mattina, nel traffico, sulla strada tra casa e il posto di lavoro, deve sopportare ad ogni semaforo l’insolenza di chi, con acqua e “lavavetri”, spruzza, sporca e poi – forse – pulisce, il disagio diventa un fastidio. Crescente. Poi però, capita che a questi disagi, a questi fastidi, si sommi la casa svaligiata. E il senso di impotenza, e di resa, che trasmettono i carabinieri quando, come unico consiglio, ti dicono di provare a girare per i mercatini per cercare di recuperare qualcosa. Allora il fastidio diventa un problema. E Grande. Anche per chi, un cartello del genere non l’avrebbe mai neanche immaginato.

Quindi è necessario che di questi disagi la politica, e con essa (e in particolare) la sinistra, si faccia carico. E che gli amministratori smettano di nascondersi dietro i “non hai capito” o “stai sbagliando”. Smettano di bollare la questione con semplicistici “sei di destra” o “sei razzista”. Smettano di sbandierare la parola “integrazione” con quella morale viscida e supponente, quel senso di superiorità etica che, finora, a prodotto scarsissimi risultati sul piano dell’inclusione sociale e enormi danni su quello dell’esclusione. Perchè è proprio chi è vessato da questi comportamenti a sentirsi escluso. E chi si sente escluso risponde di pancia.

Ecco. Perchè a me, sia chiaro, quel cartello fa schifo. Ma le istituzioni, i politici, cosa fanno per evitare che ci sia sempre qualcuno in più spinto ad esporlo?

Gli sputi di Grillo.

Il politico Beppe Grillo, evidentemente come da programma (s’intende, democraticamente condiviso da Casaleggio e altrettanto democraticamente sottoposto all’insindacabile e democratica approvazione della rete), insulta gli elettori del Pd con lo stile inimitabile del comico Beppe Grillo.

Cioè come un comico qualunque. Come un comico da quattro soldi.

Come un comico che in crisi di ispirazione ruba le battute (perchè Berlusconi, almeno come comico, non si faceva pagare) e sbraita sul palco a furia di “caccamerda”.

Come un comico che il 14 Aprile farà tappa a Roma, al Palalottomatica, con il primo caso di comizio politico a pagamento.

Come un comico al tramonto che per attirare spettatori sputa sempre di più, e sempre più in alto.

Solo che, come dice un mio amico napoletano, Nu’ sputà ‘ncielo, ca ‘nfaccia te torna.

L’Italicum, dubbi e speranze.

Cito l’On. Roberto Giachetti. Fare ha un prezzo ed è molto più difficile che disfare. Fare insieme necessita l’esercizio di una particolare intelligenza in grado di predisporci a comprendere che quella parola ‘insieme’ nega il principio che la ricetta sia una sola: la nostra. Fare insieme necessita di una disponibilità al confronto e alla rinuncia del ‘tutto noi’. Accade poi che chi non si predispone a questo, chi si chiama e si tiene fuori, non può/sa far altro che opporsi a tutto a prescindere, rinunciando anche a quella parte di proprio che invece avrebbe potuto spendere per il raggiungimento di un obiettivo.

Parole che condivido.

Detto questo, l’Italicum non è, per me, la legge elettorale ideale. Anch’io, come molti, avrei preferito il ritorno al “Mattarellum” e per questo ho sostenuto, nei mesi scorsi, l’iniziativa dello stesso Giachetti. Iniziativa che, però, per una particolare alchimia, ha visto la strenua opposizione dello stesso PD (prima) e M5s (poi). E’ bene non dimenticarlo. Anch’io poi, come molti, ho i pruriti quando sento parlare di accordo Renzi-Berlusconi. Ma non dimentico, come fanno invece alcune semplificazioni giornalistiche (o 5stellistiche, o sinistraelibertistiche) che l’accordo è fra i rappresentanti dei 2 maggiori partiti in Italia. Perché, insisto, piaccia o no, questo è ancora Berlusconi.

Trovo però positivo che il sistema approvato oggi preveda una soglia per il premio di maggioranza, un eventuale ballottaggio e dei collegi plurinominali. Collegi che, seppur con qualche limite, collegando 4 o 5 candidati a un territorio evitano lo squallido sistema delle “liste bloccate” previste dal Porcellum. Sono invece sinceramente sconcertato sulla decisione di rendere valido il sistema solo per la Camera. Per un motivo strettamente legato agli intenti del governo. E’ possibile votare con due sistemi completamente diversi, l’Italicum per la Camera e il proporzionale puro per il Senato? Mi sembra un controsenso se l’obiettivo è creare un sistema che consenta, a chi vince, di governare. Devo quindi credere che, a breve, si procederà alla riforma del Senato. O no?

E nel frattempo, mi chiedo, con quali (e quanti) senatori si garantirà l’iter della legge? Con quelli che, fin da ora, dichiarano che la stessa deve essere profondamente cambiata?

Insomma, Renzi si è preso un bel rischio. Portare a casa questo primo risultato, anche se con molte sofferenze, questo primo risultato sarebbe molto importante, per “sturare” una conduttura “attappata” e consentire all’acqua di riprendere a scorrere. Magari non velocemente come – “una riforma al mese” – aveva annunciato il Premier, ma comunque a scorrere. Altrimenti si rischia un altro pantano.

La crisi isterica di Marino.

L’ira di Marino dopo il ritiro del decreto “Salva Roma” da parte del governo, è stata giusta. Anche sacrosanta, visto che quel decreto è stato fermo 42 giorni in commissione bilancio al Senato e poi sottoposto alla valanga di emendamenti di Lega e M5s (e come ti sbagli..). Ma è stata talmente sbagliata nei modi da sembrare una crisi isterica. Seria, grave, ma pur sempre solo una crisi isterica.

Ha dato l’idea – sbagliatissima, appunto – di una città (perché è nella città in generale che ognuno identifica un’amministrazione comunale) in grado di “mantenersi” solo chiedendo, cappello in mano, soldi e aiuti allo Stato. E ha distolto l’attenzione da tre cose che sono, invece, fondamentali. Fondamentali per la politica e per l’idea di città che il sindaco e i partiti della coalizione che lo sostiene hanno (o dovrebbero avere) della città.

La prima: che le risorse per i bilanci in questione non saranno a carico delle finanze pubbliche (la norma di emergenza, infatti, si basa sulle risorse già disponibili spostandole dalla gestione straordinaria al bilancio ordinario del Comune). Non si tratta, quindi, “dell’ennesimo regalo a Roma Ladrona” come sostengono i sottili pensatori di verde vestiti, anzi. I debiti in questione, infatti, sono pagati dai cittadini romani con l’aumento dell’Irpef. Soluzione peraltro trovata all’epoca di Alemanno, tanto per fare subito chiarezza a vantaggio dei detrattori-per-principio della Sindaco.

La seconda: che questo “intervento d’emergenza” (per usare termini medici cari al Primo Cittadino) si incastra con le iniziative che il Comune sta attuando per riorganizzare e rimettere in funzione una macchina amministrativa che risulta o troppo arrugginita o, se pensiamo ai casi Ama-Atac-Malagrotta-Polizia Municipale, troppo “oliata”.

La terza: che Lega (e i suoi proclami alla guerra e al commissariamento di roma da affidare a Nerone) e M5s (con la deriva politicante dimostrata sul decreto relativo agli enti locali, giusto per creare un fastidio al nuovo governo) per l’esigenza di recuperare consenso e visibilità ad atteggiamenti aggressivi e inaffidabili.

E invece, “da domenica blocco Roma”, “non ci sono i soldi per il gasolio dei bus”, “non ci sono gli stipendi dei dipendenti comunali”, “bisognerebbe inseguire i politici coi forconi”….