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3 cose: De Rossi, è finita un’era.

D’istinto e di rabbia, sulla vicenda De Rossi.

La questione – così sanguinosa – poteva essere gestita in tanti modi. 

Ad esempio:

  1. DA INNAMORATO. Quanti anni di contratto vuoi? Uno? Ma tu sei pazzo? Figuriamoci, non se ne parla neanche. Ma guarda questo, uno. Ne vuole uno. Io di anni di contratto te ne faccio altri tre, quattro, cinque, dieciiiiiiii!!!!!!! 
  2. DA MANGER (ANCHE PRIVO DI SCRUPOLI). Valutando negativamente il risultato di un’accurata analisi costi-benefici per il rinnovo di contratto di un giocatore di 36 anni (importantissimo ma evidentemente e inevitabilmente al termine della carriera), ritenendolo però un “patrimonio” prezioso per la società e della società, si opta per una proposta a condizioni economiche “simboliche” così da poter, nel frattempo, formarlo per intraprendere una seconda fase professionale nei quadri tecnici e/o dirigenziali. 
  3. DA IDIOTI. Valutando negativamente il risultato di un’analisi costi-benefici (chissà quanto e se accurata) per il rinnovo di contratto di un giocatore di 36 anni considerato all’inesorabile termine della carriera, si decide di non procedere. Non solo. Si decide di non procedere dopo aver clamorosamente fallito l’acquisto (quello sì davvero economicamente pesante) del giocatore che ne avrebbe dovuto ereditare il ruolo, quantomeno in campo. Non solo. Si decide di non procedere e gli si fa una proposta ridicola. Anzi insultante. Perché pensare di nominare Daniele De Rossi “vice” di un tale incomprensibilmente diventato CEO della Roma non è una proposta. E’ una presa in giro.

Ora, la soluzione che avrei scelto io è, ovviamente, la prima. Aggiungendo di mio un Oscar e tre/quattro David di Donatello alla signora. Così, tanto per. Quella scelta dalla AS Roma non credo ci sia neanche bisogno di specificarla.

Aggiungo una postilla. Proporre a De Rossi di diventare vice-CEO (che poi, che carica è vice-CEO?) vuol dire chiaramente ritenere – e dichiarare – Francesco Totti inadatto ad assumere ruoli di vertice nella Roma Stessa. Una cazzata al quadrato.

Sipario.

3 cose del Lunedì: GP d’Azerbaijan 2019.

Tre cose veloci, e anche stavolta col fegato roso, sul Gran Premio d’Azerbaijan 2019.

1) Leclerc ha, in questo momento, il “piede più caldo” della Formula 1. Ha sbagliato in qualifica (un errore macroscopico), è partito dietro (molto dietro), ha rimontato (praticamente tutti). Ed è stato rispedito a perdere tempo prezioso dietro Gasly dalla strategia di un muretto in patetica (ed ovviamente vana) attesa della Safety Car.  

2) Quattro gare, quattro dichiarazioni identiche del Team Principal Mattia Binotto. “Dobbiamo valutare, dobbiamo valutare, dobbiamo migliorare. Intanto, quattro doppiette Mercedes. “Il campionato è ancora lungo” ha aggiunto a Baku. Ecco, non ci voglio pensare. Forse è il caso che oltre agli occhiali di Harry Potter tiri fuori la bacchetta magica.

Mattia Binotto, Team Principal Ferrari.

3) Qualcuno ha per caso notizie di Sebastian Vettel? Quello in grado di vincere con a Monza con la Toro Rosso sotto il diluvio, quello 4 volte campione del mondo. Sì, insomma, quello forte.

3 cose del Lunedì: 2019 Chinese GP.

Tre cose veloci sul Formula 1 Heineken Chinese Grand Prix 2019.

1) In perfetta continuità con gli ultimi anni, i problemi più seri della Ferrari continuano ad essere al muretto: strategie scontate attuate in modo prevedibile, ordini di scuderia patetici. Questo dopo la nomina a Team Principal di Mattia Binotto. L’ultima volta che il timone del Reparto Corse fu affidato ad un uomo di pura formazione tecnica era il periodo a cavallo tra il 1991 e il 1992. Si trattava dell’ingegnere Claudio Lombardi. Sui risultati, per amor di patria, stendiamo un velo pietoso.

Claudio Lombardi, direttore dell’attività motoristica della Ferrari tra il 1991 e il 1994.

2) In inverno è stato scaricato l’ultimo pilota capace di portare il mondiale piloti Maranello (12 anni fa peraltro, do-di-ci!) per dare il volante della Rossa ad uno dei talenti più cristallini degli ultimi quindici anni. Poi però, in due gare su tre, il Piccolo Principe Leclerc viene “frenato” per favorire Vettel. Che, alla quinta stagione in rosso, tra un testacoda, una sbandata e un lungo, ha trovato il modo di farsi crescere i baffi. Già fuori moda quando a portarli era un certo Nigel Mansell. Altro che, in Ferrari, non è stato particolarmente fortunato.

Nigel Mansell, in Ferrari nelle stagioni 1989 e 1990

3) Quello di Shanghai Era il #GP1000 della storia della Formula 1. Un altro presidente e un altro Amministratore Delegato avrebbero fatto in modo che un appuntamento così importante non venisse bucato in questo modo.