#GovernoLetta2014: riforma della legge elettorale e ripresa economica.
#LeggediMurphy2014: se c’è un problema che deve essere risolto dalla politica, conviene cambiare problema.
Scegliete voi.
#GovernoLetta2014: riforma della legge elettorale e ripresa economica.
#LeggediMurphy2014: se c’è un problema che deve essere risolto dalla politica, conviene cambiare problema.
Scegliete voi.
Con una nota pubblicata oggi sul suo sito internet, il Ministro dei Beni Culturali Massimo Bray ha annunciato la modifica del bando “500 giovani per la cultura”.
In particolar modo sono stati fissati nuovi parametri per l’accesso alla selezione e, soprattutto, nuove modalità di svolgimento del tirocinio. Sono state accolte, quindi, alcune delle istanze che, operatori e studenti del settore, hanno (abbiamo) posto in modo molto determinato all’attenzione del Ministro in questi giorni.
1) è stato ampliato il bacino di accesso dei potenziali neolaureati interessati a partecipare a questo anno di formazione, portando il requisito di voto minimo per accedere alla selezione da 110 a 100.
2) è stato eliminato il vincolo che prevedeva l’obbligo di certificare il possesso di un determinato livello di competenza linguistica per l’inglese.
3) è stata introdotta, in aggiunta ai casi già previsti dal bando, la possibilità di un periodo di assenza di 15 giorni per motivi di studio.
4) è stata introdotta, nel caso di impegni di studio più lunghi, la possibilità di sospendere fino a 3 mesi il tirocinio.
5) è stato fissato a 600 ore annue l’impegno dei partecipanti per le attività di formazione.
Praticamente, riflettendoci bene, è stato rifatto da cima a fondo. E’ stato reso sicuramente piu’ “umano”. Alla portata di tutti e non solo di pochi. Come, d’altronde, era stato richiesto a gran voce. Trovo comunque incredibile che si sia arrivati a questi “parametri democratici” solo dopo una animata discussione. E’ importante, a questo punto, non abbassare la guardia e continuare a pretendere spiegazioni su cosa sia mancato in fase di progettazione. Attenzione? Cura? Conoscenza del settore? Per evitare che, alla prossima occasione, si debba ricominciare daccapo.
Questo è il testo della lettera aperta che ho inviato al Ministro dei Beni Culturali Massimo Bray in risposta alla sua nota di chiarimento relativa al bando “500 giovani per la cultura” (alias #500schiavi).
Gent.mo Ministro, sono una delle persone che, in questi giorni, Le ha scritto in merito al bando “500 giovani per la cultura”. Uno dei tanti operatori del settore rimasti stupiti (“scioccati” è il termine esatto) dal bando. Le ho scritto, sollecitandoLa ad esporsi su questa vicenda, tramite twitter, uno strumento ottimo per gettare le basi di un confronto che deve pero completarsi in altri luoghi e con altri mezzi, per non rimanere prigionieri dei “famosi” 140 caratteri. Per questo ho apprezzato molto la scelta di diffondere una nota sulla vicenda attraverso il suo sito internet. Mettendoci la faccia, quindi, senza nascondersi dietro l’algida sigla del Ministero. Con un po’ di presunzione mi permetto di considerarlo un invito a continuare ed approfondire il confronto. E di farle alcune osservazioni che spero possano contribuire a considerare diversamente qualche aspetto.
So bene che, in questo momento, Mibact (e in generale la pubblica amministrazione) non possa assumere. So bene che il bando non obblighi nessuno a costosi spostamenti fuori sede. Così come sono sicuro che la richiesta di titoli alti per accedere alla selezione, sia stata pensata per premiare il merito. Ma, mi chiedo, si può parlare di “semplice tirocinio” per un periodo di 12 mesi, con un impegno variabile tra le 30 e le 35 ore settimanali, con il riconoscimento di 24 giorni di malattia, con il conteggio di eventuali “assenze ingiustificate” e l’eventuale decurtazione del rimborso? Non sarebbe meglio e più proficuo (sia per i partecipanti che per le stesse istituzioni coinvolte) pensare ad una organizzazione diversa dei tempi e dei modi di svolgimento del tirocinio? In modo da non trasformare “l’opportunità” in un impegno talmente totalizzante da escludere, in partenza, chi non può contare su una famiglia o su altre fonti di reddito in grado di sostenerlo.
Vede, Ministro, le scrivo in modo così diretto e appassionato proprio perchè io questa “trafila” e questi sacrifici li ho già fatti. Poi ho scelto, al termine della mia formazione, una strada leggermente diversa. L’azienda che ho fondato (e per la quale, quotidianamente, continuo a fare tanti sacrifici) si occupa di valorizzazione dei beni cultuali: conosco molto bene, quindi, le tante difficoltà di natura economica e burocratica (oltre che, a volte, politica) con cui istituzioni e professionisti devono, ogni giorno, fare i conti. Ma sulle difficoltà io non mi posso adagiare. Non posso andargli incontro con rassegnazione. E se queste stesse difficoltà possiamo affrontarle e superarle noi “piccoli” operatori, non posso e non voglio accettare di vivere in un Paese in cui un Ministero così importante (e che dovrebbe essere strategico) “giochi al ribasso”. In cui lo Stato, invece di alzarla, abbassi l’asticella. E non posso non chiedermi cosa si sarebbe detto, come avrebbero reagito le istituzioni se una “opportunità” di questo tipo fosse stata proposta da un ente privato. In quanti avrebbero parlato, anzi, in quanti avremmo parlato di #500schiavi invece che di #500destini? Non posso, anzi, non possiamo, quindi, non parlarne ora.
Cordialmente,
Lorenzo Dell’Aquila
Con un bando del 6 dicembre, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo ha disposto l’avvio di una procedura concorsuale pubblica per la selezione di 500 giovani da formare, per un anno, nelle attività di inventariazione e digitalizzazione del patrimonio culturale. Una bellissima opportunità, sembrerebbe.
Leggiamo i requisiti necessari, art. 2 del bando. Si selezioneranno 500 laureati, con 110/110 e con buone conoscenze di inglese. Giusti requisiti che premiano il merito, sembrerebbe. Andiamo avanti. Under 35. Insomma…il Mibact conferma la tendenza per cui che in Italia, sopra i 30 anni, e quindi (se in regola con esami e tesi) ben dopo la fine del percorso di studi, sei ancora considerato un giovane da formare. Soprassediamo e andiamo avanti.
Modalità di svolgimento e durata del programma formativo (art. 5). Stage di 1 anno (12 mesi). Il candidato può assentarsi, senza interruzione dell’indennità di parteciazione al programma, per motivi personali (20 giorni), gravi motivi familiari (3 giorni), donazione di sangue (1 giorno). L’assenza per motivi diversi sarà considerata ingiustificata e comporterà una riduzione dell’importo dell’indennità prevista, così come un’assenza per malattia superiore ai 30 giorni. Le festività riconosciute sono: tutte le domeniche, 6 gennaio, Pasqua (che poi, cari amici del Ministero, non è già compresa nelle domeniche?), il lunedì dopo Pasqua (aulica definizione di “pasquetta”), 25 aprile, 1 maggio, 2 giugno, 15 agosto, 1 novembre, 8 dicembre, 25 dicembre e 26 dicembre. L’impegno orario sarà compreso tra 30 e 35 ore settimanali. Ah, e in ogni caso non è previsto il buono pasto. Cavolo – si potrebbe esclamare a prima vista – un grande impegno, però nonostante tutto un anno di lavoro vero e proprio! A prima vista, però. Perché il bando specifica: il programma formativo non costituisce in alcun modo un rapporto di lavoro subordinato e quindi non sono applicabili le normative di legge previste per i lavoratori subordinati.
Andiamo ancora avanti, art 6: indennità di partecipazione al programma formativo. Ai candidati selezionati è corrisposta un’indennità di partecipazione, al lordo, di 5000 euro annui, comprensivi della quota relativa alla copertura assicurativa.
Quindi ricapitolando e traducendo. Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo ha pubblicato un bando che prevede 1 anno di lavoro (30/35 ore settimanali, un giorno di riposo settimanale, ecc.) a 416,00 € al mese. Proprio la soglia oltre la quale i contributi da versare sarebbero a carico del datore di lavoro. In questo modo i tirocinanti, qualora riuscissero ad avere altri introiti (non riuscendo maldestramente a sopravvivere con 5000 euro all’anno) dovrebbero versare anche quelli di tasca propria. Questo sempre qualora non si incappi – tutti gli scongiuri sono autorizzati – in una malattia un po’ più complicata e più lunga.
E’ una strada, quella intrapresa dal ministero, che trovo volgare. Irrispettosa della dignità dei professionisti. Arrogante nei confonti dei loro sacrifici. Perché questo è un archeologo o uno storico dell’arte o un bibliotecario o un archivista di 30 anni: un professionista, non un giovane da formare. Immorale, perché – di fatto – ottiene #500schiavi in cambio di elemosine e, ancora una volta, non propone una soluzione per riorganizzare e rendere produttive le professionalità già al suo interno. O per stabilizzare anche solo una parte di quelli che, questo percorso di “tirocinio” (o, semplificando, di precariato), lo hanno già intrapreso tempo addietro. Eppure i 2.500.000 euro potevano essere utilizzati per finanziare startup, per borse di studio, corsi di aggiornamento, implementazione nei ruoli tecnici del Ministero, sostegni alle imprese.
Invece si è scelta una strada volgare. Perché se questo bando lo avesse promosso un privato, sarebbero stati gli stessi dirigenti, gli stessi politici, gli stessi burocrati a gridare allo scandalo.
Chissà, tra un’inaugurazione e l’altra, cosa ne pensa il Ministro Massimo Bray?
Ps. ah, per chi non ci credesse, il bando è qui.
Il 6 dicembre 2007, 6 anni fa, otto operai dello stabilimento Thyssenkrupp di Torino furono investiti da un getto di olio bollente in pressione che prese fuoco. Sette di loro morirono (nel giro di un mese), uno rimase ferito.
Proprio la testimonianza di quest’ultimo sarà fondamentale nella denuncia delle colpe dell’azienda perchè, anche secondo alcuni colleghi che cercarono di intervenire, i sistemi di sicurezza non funzionarono: gli estintori erano scarichi, gli idranti inefficienti in quella situazione, mancava personale specializzato in grado di fronteggiare la drammatica situazione. Il contesto che venne immediatamente portato alla luce era (è ancora) di una crudeltà agghiacciante: essendo lo stabilimento in via di dismissione, da tempo l’azienda non investiva adeguatamente nelle misure di sicurezza. Il 15 aprile 2011 la seconda corte d’assise di Torino ha condannato l’amministratore delegato Herald Espenhahn a 16 anni e 6 mesi di reclusione per omicidio volontario. Altri cinque manager dell’azienda sono stati condannati a pene che vanno da 13 ai 10 anni. Nel 2013 la Corte d’Appello ha modificato il giudizio di primo grado, non riconoscendo l’omicidio volontario, ma l’omicidio colposo. La sostanza cambia enormemente dal punto di vista legale. Ma la rabbia e lo strazio con cui vennero strappati i nastri dalle corone di fiori inviate dall’azienda ai funerali, l’impotenza dei colleghi e i loro crudi racconti, non lasciano comunque nessuno scampo agli assassini, volontari: http://www.youtube.com/watch?v=GBxI0Iha-OI