Archivi categoria: roma

Non c’è una livella per tutti.

A morte ‘o ssaje ched’e”…e’ una livella.

 ‘Nu rre, ‘nu maggistrato, ‘nu grand’ommo, 
trasenno stu canciello ha fatt’ ‘o punto 
c’ha perzo tutto, ‘a vita e pure ‘o nomme: 
tu nun t’he fatto ancora chistu cunto?

Questo scriveva Totò nella celebre ‘A livella. E’ vero? In parte.

Siamo tutti uomini, mortali. Impotenti di fronte alla morte. Ma non uguali. E non è un discorso religioso, una tiritera di peccati, buone azioni, pentimenti eccetera. E’, a pensarci bene, un discorso di Storia. Perché il giusto e lo sbagliato sono due categorie che esistono, e devono esistere. E con loro la giustizia e l’orrore. Categorie che la Storia analizza, contestualizza, che addirittura può arrivare – ed è arrivata – a mettere in discussione, ma che non cancella mai.

Così ha fatto Roma, che non ha cancellato niente. Via Tasso, via Rasella, le Fosse Ardeatine. E sopportando la faccia strafottente di Priebke durante gli arresti domiciliari, le sue passeggiate ai giardinetti, addirittura lo champagne per il suo compleanno, ha sconfitto il carnefice affidandosi a quella giustizia a cui la Storia arriva sempre. Perché un colpevole è sempre un colpevole, anche se anziano. Un boia è sempre un boia, anche da morto.

Erich_Priebke_in_servizio_presso_l'ambasciata_tedesca_di_RomaE quel boia morto, anche se a 100 anni, è quello di questa foto, con la sua linda divisa da ufficiale nazista. E le mani macchiate di sangue ben nascoste dietro la schiena.

Nel 2006 Luis Sepulveda scriveva su “la Repubblica” queste parole a proposito di Pinochet. Credo calzino a pennello.

Vorrei essere in Cile tra i miei cari e condividere con loro la spumeggiante allegria di sapere che finalmente finisce l’odiosa presenza del vile che ha mutilato le nostre vite, che ci ha riempito di assenze e di cicatrici. Smette di respirare un’aria che non gli appartiene, di abitare in un paese che non merita, tra cittadini che per lui non provano altro che schifo e disprezzo. Ma muore, e questo è quello che importa.

Nessun perdono, mai.

Volevo solo pedalare un po’. Parte seconda.

L’inchiesta a puntate che “la Reubblica” sta realizzando in questo periodo sullo stato di degrado delle piste ciclabili di Roma, è arrivata – finalmente – alla Magliana (leggi qui). Ne avevo scritto ad Agosto, raccontando la mia esperienza da cicloturista lungo il tratto di ciclabile che da via della Magliana arriva nella zona di Tor di Valle. Lo avevo ricordato successivamente, dopo aver letto il primo articolo dedicato dal quotidiano al tema. E’, in effetti, un argomento che mi interessa molto, non solo per una normale sensibilità da ciclista. Credo, infatti, che metta in grande risalto le contraddizioni in cui cadono le amministrazioni quando, di fronte a questioni pratiche, quotidiane, che necessiterebbero di un approccio maggiormente diretto e meno “politicizzato”, per convenienza o per avidità si nascondono dietro agli slogan. Ambiente. Sostenibilità. Sicurezza. Integrazione. Ma l’ambiente va curato. La sicurezza garantita. L’integrazione perseguita – certo – ma non in condizione di subalternità. Le condizioni di degrado, urbanistico e sociale, non possono essere nascoste sotto un tappeto di parole ad effetto, in attesa di temi migliori.

Volevo solo pedalare un po’…

Approfittando della mattinata libera, e della notizia della riapertura del tratto di pista ciclabile di via Pian due Torri, martedì ho deciso di fare una passeggiata in bicicletta. Per godermi, a ritmo lento e con un caldo moderato, la zona della Magliana (un pezzo di citta’ che frequento poco, anche se vicinissima al quartiere in cui sono nato) fino alla campagna di Tor di Valle.

Era un po’ di tempo che non utilizzavo questo tratto di ciclabile. Avevo l’abitudine di sfruttare il tratto pianeggiante di Riva di Pian due Torri quando ho iniziato a correre, nel 2006, per fare le prime ripetute ad un ritmo che all’epoca ritenevo forsennato. Ho smesso di andarci con il sensibile aumento dei carrelli zeppi di ferraglia e vecchi elettrodomestici  fatti sfrecciare lungo la pista dai rom accampati sotto il viadotto ad una velocità nettamente superiore alle mie doti di podista.

Che poi, in questi giorni muoversi in bicicletta a Roma e’ una pacchia. Poche macchine, pochissimo traffico, un senso di tranquillità e persino di spensieratezza che conquisterebbe anche il piu incallito detrattore delle due ruote a pedali. Insomma, le condizioni ideali  per riappropriarmi  di un pezzo di città che, qualche volta, sfioro solamente con la macchina.

Lo spettacolo a cui mi sono trovato ad assistere e’ stato incredibilmente desolante. Mi ha rattristato, oltre che fatto incazzare. Aree di sosta fatiscenti, sporcizia, vetri, buche, recinzioni divelte. Oltre al ben noto accampamento di rom e al traffico di carrelli – di cui sopra – degno del Raccordo Anulare in pieno orario di punta.

Spontaneamente ho preso il telefono e fatto qualche foto (mi scuso in anticipo per la scarsa qualita’ di alcune immagini). Mi dispiace non aver avuto la prontezza di riflessi per fotografare i due motorini (!!!!) che mi hanno sorpassato subito dopo l’ippodromo di Tor di Valle (…e io che mi ostino a sudare sui pedali…).

Ecco il link dove, chi vuole condividere la mia esperienza, può trovarle: http://www.flickr.com/photos/100614329@N06/sets/72157635178067964/ 

IO credo fermamente che le pedonalizzazioni e, contemporaneamente, lo sviluppo della ciclabilita’ siano il modo migliore per decongestionare il traffico e migliorare la qualità della vita di giovani e anziani, facendo in modo che un numero sempre maggiore di persone abbia la possibilita di spostarsi o semplicemente passeggiare in sicurezza.

Su questo tema le parole del sindaco Marino sono inequivocabili: Non possiamo pretendere che più persone si spostino in bici se non rendiamo le ciclabili sicure per questo la questione ciclabilità è uno dei temi all’attenzione dell’assessore Improta. (http://roma.repubblica.it/cronaca/2013/08/21/news/marino_pedonalizzeremo_la_periferia_la_citt_non_solo_centro_storico-65057894/). Trovo fondamentale la presa di coscienza che la questione sicurezza sia centrale in tanti ambiti di intervento dell’Amministrazione, e che il suo ruolo non sia mai subordinato ad altri temi e ad altri interessi.  Si intervenga, allora. In breve tempo e con decisione. Passando, senza paure, dalle parole ai fatti.

Schifo.

Valerio Verbano aveva 18 anni quando il 22 febbraio del 1980 rientrato da scuola è stato ucciso con un colpo di pistola alla schiena. A casa sua. Da tre militanti fascisti che, spacciandosi per “amici”, avevano immobilizzato la mamma, Carla, e il papà, Sardo.

Valerio frequentava il liceo Archimede ed era un militante di sinistra. Figlio dei “credo” ciechi di quegli anni, partecipava a scontri anche duri e viveva con impegno e abnegazione la sua militanza. Aveva realizzato un “dossier” sulle formazioni di estrema destra romane. Ma aveva 18 anni, e come tutti i diciottenni divideva la sua passione politica con altri interessi. La musica, la fotografia. La Roma.

Una rivendicazione arrivò dai Nar, i Nuclei armati rivoluzionari. Quelli di Giusva Fioravanti e Francesca Mambro, che in quegli anni misero a ferro e fuoco Roma. Carla, la mamma ha continuato per anni a cercare la verità sull’omicidio del figlio, sugli esecutori e sui mandanti, nonostante le indagini zoppicanti e gli indizi scomparsi. Ha scritto, con Alessandro Capponi, un libro bellissimo – che consiglio – “Sia folgorante la fine”. E’ morta nel 2012 senza conoscerla, la verità.

La storia di Valerio Verbano è una di quelle storie che non devono essere dimenticate. Per questo la Provincia di Roma gli ha intitolato un concorso per la presentazione di cortometraggi e progetti multimediali rivolto proprio a ragazzi. A Scampia gli è stata intitolata una strada e a Napoli, a Valerio e a Carla, è stato intitolato l’Auditorium di via Mezzocannone.

Nel 2006 a Roma, in occasione del 26esimo anniversario della morte, alla presenza del sindaco Veltroni, a Valerio è stata intitolata una via nel Parco delle Valli, a pochi metri dalla casa dove è stato ammazzato.

Stanotte questa targa è stata distrutta. Un’azione ignorante, carica d’odio.

Un’azione che fa venire i brividi.

Un’azione che non fa politica. Che non fa nessuna rivoluzione. Fa solo schifo.