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La nuova idea di cultura a Roma.

Venerdì sera i Walzer e le Danze Ungheresi di Johannes Brahms hanno avvolto il “Serpentone”. L’aula consiliare del Municipio XI a Corviale, infatti, ha ospitato il coro del Teatro dell’Opera diretto dal Maestro Roberto Gabbiani e accompagnato da Francesco e Vincenzo De Stefano al pianoforte nell’ambito dell’iniziativa “La cultura attraversa la città”. [Per avere un’idea: qui]. Attraverso una serie di eventi gratuiti, fortemente voluti dall’Amministrazione Comunale e in particolare dall’Assessore alla Cultura Flavia Barca, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, il Palaexpo, il Teatro dell’Opera e il Teatro di Roma condivideranno le loro “eccellenze”con i 15 municipi della citta.

Il Coro del Teatro dell'Opera a CorvialeGli spettatori presenti hanno potuto assistere ad uno spettacolo coinvolgente ed emozionante, in grado di annullare, nel tempo di una sola nota, tutte le differenze. L’aula del Municipio, infatti, si è trasformata nei palchi, nelle balconate e nella platea del Teatro dell’Opera. E il profilo di cemento del “Serpentone” in quello delle imponenti strutture delle Terme di Caracalla durante la Stagione Estiva.

Perché, “tutto il territorio è centro” come ha detto, in fase di presentazione durante gli immancabili saluti istituzionali l’Assessore Flavia Barca. Che, dando voce all’urgente bisogno della città di un cambio di rotta, ha parlato anche di una “nuova idea di cultura per riavvicinare le grandi Istituzioni alla città e ai cittadini”.

Così ha detto. Proprio il giorno dopo aver riconfermato chi, da 16 anni, la cultura a Roma ce l’ha in pugno.

E allora, mi chiedo, ci sarà davvero ‘sta nuova idea?

Vietato l’ingresso agli zingari. Quando al sonno della politica risponde la pancia.

Il cartello affisso alla vetrina di un negozio in zona Tuscolano a Roma, e ovviamente rilanciato da gran parte dei quotidiani, mi ha lasciato sgomento. Mi ha lasciato sgomento perchè la scritta “vietato l’ingresso agli zingari” ricorda tanto, ma tanto, quel “vietato l’ingresso agli ebrei e ai cani” che ancora marchia d’infamia un pezzo di storia d’Europa e d’Italia.
vietato l'ingresso agli zingariRicorda tanto quegli atteggiamenti di razzismo diffuso, su cui solo grazie al genio e alla sensibilità artistica di Benigni ne “la vita è bella”, si riesce ad associare un sorriso al groppo in gola.

Giosuè: Perché i cani e gli ebrei non possono entrare babbo?

Guido: Eh, loro gli ebrei e i cani non ce li vogliono. Eh, ognuno fa quello che gli pare Giosuè, eh. Là c’è un negozio, là, c’è un ferramenta no, loro per esempio non fanno entrare gli spagnoli e i cavalli eh, eh… e coso là, c’è un farmacista no: ieri ero con un mio amico, un cinese che c’ha un canguro, dico “Si può entrare?”, dice “No, qui i cinesi e i canguri non ce li vogliamo”. Eh, gli sono antipatici oh, che ti devo dire oh?!

Giosuè: Ma noi in libreria facciamo entrare tutti.

Guido: No, da domani ce lo scriviamo anche noi, guarda! Chi ti è antipatico a te?

Giosuè: I ragni. E a te?

Guido: A me… i visigoti! E da domani ce lo scriviamo: “Vietato l’ingresso ai ragni e ai visigoti”. Oh! E mi hanno rotto le scatole ‘sti visigoti, basta eh!

“Vietato l’ingresso agli zingari” è un affermazione gravissima. Un comportamento da condannare senza mezzi termini e senza mezze misure. Che, come dicevo, mi ha lasciato sgomento. Ma mi ha anche fatto riflettere. Credo infatti che, in modo altrettanto onesto, senza mezze ipocrisie, si debba avere il coraggio di dare, anche ad un comportamento da condannare senza se e senza ma, una seconda chiave di lettura.

Perchè in quella scritta si può leggere anche una richiesta d’aiuto. Di chi, dai comportamenti illegali, irrispettosi e indecenti tenuti e perpetrati costantemente da una percentuale di questi signori (non mi interessa quantificare, che sia l’1, il 30, il 50 o il 90% è lo stesso), è quotidianamente vessato. Da quei comportamenti “minimi” ma costanti, che spesso le istituzioni, la politica o anche le forze di polizia, non prendono nemmeno in considerazione perchè genericamente “non gravi”. Ma che alimentano e fanno sedimentare quel razzismo di pancia che è più pericoloso di mille comizi.
Perchè è vero che recuperare il metallo, o quello che è, nei cassonetti non è grave. Ma forse, per chi ogni giorno trova sporco il marciapiede davanti all’ingresso del negozio dove lavora, è un disagio. Forse, per chi dalle finestre di casa lasciate aperte d’estate, può godere dei miasmi provenienti dai cassonetti lasciati aperti, è un disagio. Crescente.
Perchè è vero che pulire i vetri delle auto ferme ai semafori (peraltro in modo più o meno educato) non è grave. Ma forse, per la donna che ogni mattina, nel traffico, sulla strada tra casa e il posto di lavoro, deve sopportare ad ogni semaforo l’insolenza di chi, con acqua e “lavavetri”, spruzza, sporca e poi – forse – pulisce, il disagio diventa un fastidio. Crescente. Poi però, capita che a questi disagi, a questi fastidi, si sommi la casa svaligiata. E il senso di impotenza, e di resa, che trasmettono i carabinieri quando, come unico consiglio, ti dicono di provare a girare per i mercatini per cercare di recuperare qualcosa. Allora il fastidio diventa un problema. E Grande. Anche per chi, un cartello del genere non l’avrebbe mai neanche immaginato.

Quindi è necessario che di questi disagi la politica, e con essa (e in particolare) la sinistra, si faccia carico. E che gli amministratori smettano di nascondersi dietro i “non hai capito” o “stai sbagliando”. Smettano di bollare la questione con semplicistici “sei di destra” o “sei razzista”. Smettano di sbandierare la parola “integrazione” con quella morale viscida e supponente, quel senso di superiorità etica che, finora, a prodotto scarsissimi risultati sul piano dell’inclusione sociale e enormi danni su quello dell’esclusione. Perchè è proprio chi è vessato da questi comportamenti a sentirsi escluso. E chi si sente escluso risponde di pancia.

Ecco. Perchè a me, sia chiaro, quel cartello fa schifo. Ma le istituzioni, i politici, cosa fanno per evitare che ci sia sempre qualcuno in più spinto ad esporlo?

500 NO al MIBACT, Manifestazione Nazionale a Roma.

11/01/2014 - 500 NO al MIBACT, Manifestazione Nazionale a Roma.E’ molto difficile pensare che persone che si occupano di salvaguardia del patrimonio artistico italiano possano trasformarsi in un gruppo di ribelli arrabbiati. Per riuscirci bisognerebbe nominare una serie di Ministri dei Beni Culturali che, se si fossero trovati nella Firenze del 400, avrebbero impedito il Rinascimento. Bisognerebbe far cadere nel vuoto, fischiettando distrattamente, i moniti del Presidente della Repubblica. Bisognerebbe creare una classe di burocrati talmente grigi e talmente rigidi da impedire anche alle idee migliori (e magari economiche) di svilupparsi. Bisognerebbe avere a disposizione 2 milioni e mezzo di euro per “la cultura” e destinarli ai tirocini di 500 giovani: un tozzo di pane in cambio di un reale (quantificato e organizzato) sfruttamento lavorativo. Appunto.
Parafrasando Il testo della canzone “Kunta Kinte” di Daniele Silvestri,  potremmo dire che “l’unico miracolo politico riuscito a questo governo e’ avere fatto in modo che gli schiavi si siano parlati e organizzati”.  E infatti stamattina, archeologi, archivisti, bibliotecari, catalogatori, storici dell’arte, restauratori, funzionari pubblici e dirigenti di aziende private si sono parlati, organizzati e riuniti a Roma, in Piazza del Pantheon. Per dire, appunto, #500NO al Mibact. [Galleria fotografica]

11/01/2014 - 500 NO al MIBACT, Manifestazione Nazionale a Roma.Per dire NO al bando “500 giovani per la cultura”, di cui si e’ parlato – e ho parlato – abbondantemente, e alle successive modifiche apportate dal Ministero dopo le aspre critiche ricevute (chiaro segnale di come fosse stato scritto superficialmente e frettolosamente. E sarebbe opportuno che qualcuno se ne assumesse la responsabilita). Per dire NO, quindi, ad una visione della “formazione” come speranza di una successiva “sanatoria” (con conseguente miracolosa assunzione). Visione che ha creato, e crea, una Pubblica Amministrazione “della scorciatoia” e non un esempio di legalità e riconoscimento del merito.
Per dire NO all’immobilismo della politica e chiedere l’impegno del Governo e del Ministro per la creazione di condizioni favorevoli all’innovazione del settore (e nel settore).
Per chiedere che si voti senza indugi la proposta di legge Orfini-Ghizzoni per il riconoscimento delle professionalità operanti nei Beni Culturali, cancellando, dopo 10 anni, l’orrore della legge 14/1/2004 che le equipara alle professioni che non necessitano di alta formazione accademica. Nonostante sia stato ritirato l’appoggio dai parlamentari del M5s (..e qui si dovrebbero fare molte e aspre considerazioni politiche).
Per chiedere che il Miur imponga agli altri Ministeri e alla Pubblica Amministrazione il riconoscimento delle figure già formate.
Per chiedere un radicale (e comunque tardivo) cambiamento nelle politiche di investimento sui Beni Culturali. Affinché nei grandi progetti di restauro del patrimonio storico-artistico e archeologico, una percentuale dei finanziamenti venga destinata al coinvolgimento dei singoli professionisti, delle cooperative e delle piccole aziende nelle fasi di studio, ricerca ed analisi. E non solo, quindi, alle grandi aziende di appalto edilizio.

Per chiedere, quindi, che si dia finalmente sostanza e respiro ad una politica culturale sempre piu’ in ritardo rispetto all’Europa ed alle necessità dell’Italia. Attraverso proposte concrete e dirette, attraverso un auspicabile dialogo fra chi il settore è chiamato a dirigerlo e chi a farlo funzionare e “vivere”. Proprio per questo mi ha lasciato perplesso l’intervento (che ho trovato esasperatamente antagonista) della rappresentante del Teatro Valle Occupato. Bella realtà romana, per carità. Ma perché un intervento a favore della lotta, dell’autodeterminazione e contro la politica, in una manifestazione che, invece, proprio alla politica chiedeva soluzioni (politiche) su punti molto ben delineati?

E poi, poi c’è il Ministro Bray. Coi suoi “cinguettii”. A manifestazione in corso eccone uno in cui esprime la “condivisione della protesta e il suo impegno a portare le ragioni dei manifestanti al governo”. Praticamente condivide la protesta contro se stesso. Ma, ovviamente, non si dimette.
11/01/2014 - 500 NO al MIBACT, Manifestazione Nazionale a Roma.

Una piccola vittoria, ma non bisogna abbassare la guardia.

Con una nota pubblicata oggi sul suo sito internet, il Ministro dei Beni Culturali Massimo Bray ha annunciato la modifica del bando “500  giovani per la cultura”.

In particolar modo sono stati fissati nuovi parametri per l’accesso alla selezione e, soprattutto, nuove modalità di svolgimento del tirocinio. Sono state accolte, quindi, alcune delle istanze che, operatori e studenti del settore, hanno (abbiamo) posto in modo molto determinato all’attenzione del  Ministro in questi giorni.

1) è stato ampliato il bacino di accesso dei potenziali neolaureati interessati a partecipare a questo anno di formazione, portando il requisito di voto minimo per accedere alla selezione da 110 a 100.

2) è stato eliminato il vincolo che prevedeva l’obbligo di certificare il possesso di un determinato livello di competenza linguistica per l’inglese.

3) è stata introdotta, in aggiunta ai casi già previsti dal bando, la possibilità di un periodo di assenza di 15 giorni per motivi di studio.

4) è stata introdotta, nel caso di impegni di studio più lunghi, la possibilità di sospendere fino a 3 mesi il tirocinio.

5)  è stato fissato a 600 ore annue l’impegno dei partecipanti per le attività di formazione.

Praticamente, riflettendoci bene, è stato rifatto da cima a fondo. E’ stato reso sicuramente piu’ “umano”. Alla portata di tutti e non solo di pochi. Come, d’altronde, era stato richiesto a gran voce. Trovo comunque incredibile che si sia arrivati a questi “parametri democratici” solo dopo una animata discussione. E’ importante, a questo punto, non abbassare la guardia e continuare a pretendere spiegazioni su cosa sia mancato in fase di progettazione. Attenzione? Cura? Conoscenza del settore? Per evitare che, alla prossima occasione, si debba ricominciare daccapo.

LETTERA APERTA al Ministro Massimo Bray: #500schiavi.

Questo è il testo della lettera aperta che ho inviato al Ministro dei Beni Culturali Massimo Bray in risposta alla sua nota di chiarimento relativa al bando “500 giovani per la cultura” (alias #500schiavi).

Gent.mo Ministro, sono una delle persone che, in questi giorni, Le ha scritto in merito al bando “500 giovani per la cultura”. Uno dei tanti operatori del settore rimasti stupiti (“scioccati” è il termine esatto) dal bando. Le ho scritto, sollecitandoLa ad esporsi su questa vicenda, tramite twitter, uno strumento ottimo per gettare le basi di un confronto che deve pero completarsi in altri luoghi e con altri mezzi, per non rimanere prigionieri dei “famosi” 140 caratteri. Per questo ho apprezzato molto la scelta di diffondere una nota sulla vicenda attraverso il suo sito internet. Mettendoci la faccia, quindi, senza nascondersi dietro l’algida sigla del Ministero. Con un po’ di presunzione mi permetto di considerarlo un invito a continuare ed approfondire il confronto. E di farle alcune osservazioni che spero possano contribuire a considerare diversamente qualche aspetto.

So bene che, in questo momento, Mibact (e in generale la pubblica amministrazione) non possa assumere. So bene che il bando non obblighi nessuno a costosi spostamenti fuori sede. Così come sono sicuro che la richiesta di titoli alti per accedere alla selezione, sia stata pensata per premiare il merito. Ma, mi chiedo, si può parlare di “semplice tirocinio” per un periodo di 12 mesi, con un impegno variabile tra le 30 e le 35 ore settimanali, con il riconoscimento di 24 giorni di malattia, con il conteggio di eventuali “assenze ingiustificate” e l’eventuale decurtazione del rimborso? Non sarebbe meglio e più proficuo (sia per i partecipanti che per le stesse istituzioni coinvolte) pensare ad una organizzazione diversa dei tempi e dei modi di svolgimento del tirocinio? In modo da non trasformare “l’opportunità” in un impegno talmente totalizzante da escludere, in partenza, chi non può contare su una famiglia o su altre fonti di reddito in grado di sostenerlo.

Vede, Ministro, le scrivo in modo così diretto e appassionato proprio perchè io questa “trafila” e questi sacrifici li ho già fatti. Poi ho scelto, al termine della mia formazione, una strada leggermente diversa. L’azienda che ho fondato (e per la quale, quotidianamente, continuo a fare tanti sacrifici) si occupa di valorizzazione dei beni cultuali: conosco molto bene, quindi, le tante difficoltà di natura economica e burocratica (oltre che, a volte, politica) con cui istituzioni e professionisti devono, ogni giorno, fare i conti. Ma sulle difficoltà io non mi posso adagiare. Non posso andargli incontro con rassegnazione. E se queste stesse difficoltà possiamo affrontarle e superarle noi “piccoli” operatori, non posso e non voglio accettare di vivere in un Paese in cui un Ministero così importante (e che dovrebbe essere strategico) “giochi al ribasso”. In cui lo Stato, invece di alzarla, abbassi l’asticella. E non posso non chiedermi cosa si sarebbe detto, come avrebbero reagito le istituzioni se una “opportunità” di questo tipo fosse stata proposta da un ente privato. In quanti avrebbero parlato, anzi, in quanti avremmo parlato di #500schiavi invece che di  #500destini? Non posso, anzi, non possiamo, quindi, non parlarne ora.

Cordialmente,
Lorenzo Dell’Aquila