Tradotto in 28 lingue in pochissimo tempo. Un numero enorme di copie vendute in tutto il mondo. Il nuotatore si presenta come un thriller classico, ricco di suspense e colpi di scena.

Ad attirarmi, oltre al titolo a me particolarmente affine, è stata – dopo averlo sfogliato un po’ – la narrazione affidata a voci diverse (in questo caso tre). Espediente che, in altri libri dello stesso genere, mi aveva colpito positivamente. E in effetti, per quanto inizialmente risulti complicato seguirne l’intreccio, la storia diventa, capitolo dopo capitolo, molto coinvolgente. Probabilmente grazie alle sue esperienze lavorative l’autore, Joakim Zander (avvocato svedese con incarichi in Medio Oriente e a Bruxelles), riesce a creare un contesto politico-lobbistico degno dei migliori legal-thriller e delle migliori spy-story. Purtroppo però gli ultimi capitoli non mantengono lo stesso livello. La storia sembra troncata in fretta, con una sparatoria che, più che ai grandi esempi del genere somiglia a quella di un film western: bang bang bang e i buoni vincono.
Peccato.
Poi, solita annotazione da “rompiscatole”: l’autore in primis, e poi il traduttore, dovrebbero stare molto attenti alle ripetizioni. Lo stesso aggettivo ripetuto tre o quattro volte in una pagina trasmette la sensazione di un lavoro affrettato e sciatto, più affine a un “libro nel cassetto” autoprodotto che a quella di uno di successo in tutto il mondo.