Con gli amici Luca Pavone e Francesca Ribacchi per parlare di Roma e Cartagine. Del sogno di Annibale, dell’inossidabile fiducia nella Repubblica dei romani, dell’incontro tra il generale cartaginese e Scipione.
Sabato 17 marzo sarò presso il bellissimo ed accogliente Spazio Sinopie per parlare di Annibale e di Scipione, di Roma e di Cartagine, dell’antico “mare nostrum” e – perché no? – dell’odierno Mediterraneo.
Dove? Piazza Margana 39, Roma. Quando? Alle 19.
“Amilcare condusse il figlio dinanzi all’altare. E dopo avergli fatto porre la mano su di esso, gli fece giurare che mai sarebbe stato amico dei romani. Annibale non dimenticò più il vincolo sacro di quel gesto“.
Un grazie di cuore agli amici dell’Associazione Culturale Sinopie!
All’indomani della schiacciante vittoria conseguita sul Lago Trasimeno, per Annibale la strada verso Roma sembrava spianata. Ma il condottiero cartaginese non aveva fatto i conti con la testarda opposizione delle comunità dell’Italia Centrale che, nonostante l’Urbe stesse vacillando sotto i colpi dell’esercito punico, si opposero all’invasore con tutte le loro forze. Quando assalì Spoleto né la forza del suo esercito né la fama di invincibile intimorirono gli abitanti che, dalle imponenti mura della città, rovesciarono sui cartaginesi frecce, lance, sassi e olio bollente, fino a spingerlo a desistere dall’assedio. Per Tito Livio (Ab Urbe Condita, XXII, 9) fu proprio l’eroica resistenza di quella piccola colonia a convincere Annibale dell’impossibilità di attaccare direttamente ed espugnare Roma. E, forse, a cambiare la Storia.
Spoleto, la Porta Fuga.
A Spoleto l’evento è ricordato dall’iscrizione scolpita su una delle porte della città, la cosiddetta “Porta Fuga”: Annibale dopo aver sconfitto i Romani al Trasimeno, respinto da Spoleto con gran strage dei suoi, mentre ostilmente marciava verso Roma, con la memorabile fuga assegnò il nome alla porta.
Sabato 13 Maggio, nel corso dell’evento “All of Rome” la Storia di Roma si è fusa con il teatro. E’ stato per me molto emozionante sentire – finalmente! – il suono di quelle “voci” che costituiscono il senso della mia ricerca (e del mio libro). Qui le parole di Tito Manlio Torquato, “uomo di antica severità”, interpretate da Stefano Starna.