
“La prima regola degli Shardana” è una storia d’amicizia, avventurosa e malinconica, alla “Stand by me”. Con la Sardegna, però, al posto dell’Oregon. Con la Barbagia dai monti azzurri e chiari come fatti di marmo e d’aria a fare da locus amoenus, da scenografia imponente al rapporto indissolubile, anche se apparentemente sfilacciato, che lega i tre protagonisti Raffaele, Giuseppe e Sandro. A trasformarla in una commedia esilarante è la capacità di Giovanni Floris di utilizzare linguaggi e tempi comici sempre diversi, destreggiandosi tra citazioni sfacciate e rielaborazioni dotte dei tòpoi di quella letteratura e di quella cinematografica che, negli anni Ottanta e Novanta, ha plasmato generazioni di adolescenti nei “cazzeggioni” odierni.
Ci sono le donne: Rosy, ricca-rifatta-arrogante-stronza, e Michela, semplice, giovane, bella, simpatica, intelligente. Ci sono i nemici: il Cavalier Mariano Quattrociocchi, costruttore/corruttore eternamente sprofondato sul divano di pelle e i temibili fratelli Omar, Valentino e Heller di Rocco. Che con le facce scure, le pance prominenti e gli sguardi poco intelligenti, più che i Casamonica ricordano la “banda Fratelli” dei Goonies. C’è il calcio: quello verace del Prantixedda Inferru impegnato nella Coppa Sarda, roba da campo di terra e righe fatte con la calce, ritmi bassi e legnate dure. Più Pallastrada che Champions League, più Stefano Benni che Fabio Caressa. Ci sono le botte: Don Virgilio che mena fendenti con un seggiolino divelto non è né Don Matteo né Don Camillo. E’ Bud Spencer. E poi ci sono le parolacce e le battute sboccate che assumono, però, il valore di ossequiosi omaggi alle commedie degli anni Settanta e ai cinepanettoni. Il celebre “c’ho certi cazzi che manco tu che sei pratica” di Mandrakiana memoria, come la lettera a Savonarola di Benigni e Troisi in “Non ci resta che piangere”.
La prima regola degli Shardana, quindi, pagina dopo pagina prende la forma di un magistrale compendio di ricordi, con cui stemperare le sfumature più malinconiche della storia e grazie ai quali – per fortuna – riscoprire il fragore di qualche grassa risata di gusto.
P.S. Ah, ‘sta benedetta prima regola degli Shardana, è meglio seguirla.
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