Sandrone Dazieri abbandona il noir – e il suo personaggio, il “Gorilla” – per il thriller. E quella che realizza con “Uccidi il Padre” è una prova d’autore di alto livello, capace di evitare le rocambolesche soluzioni e le esagerazioni che spesso in Italia caratterizzano (e “americanizzano” negativamente) il genere.

La trama è sempre credibile nonostante i drammatici (e agghiaccianti) eventi che danno il via all’azione. Colomba Caselli è un’ufficiale di polizia, in aspettativa dopo che un’operazione da lei condotta in Francia è finita tanto tragicamente da essere chiamata “il disastro”. Dante Torre è l’ex “bambino del silo”: rapito a 6 anni e rinchiuso in un granaio fino all’adolescenza quando, nell’unica distrazione del suo aguzzino, è riuscito a scappare. E “Il Padre” è l’orrore da fermare, l’ex carceriere di Dante tornato a rapire bambini e a lasciare, dietro di sé, una striscia di sangue.
Ma quella di “Uccidi il Padre” non è solo una caccia al serial killer. È un’indagine tra coperture, inganni, segreti, complotti militari e esperimenti farmaceutici senza scrupoli. È una lotta serrata contro il tempo. È la ricerca, per i protagonisti, di risposte che facciano luce sugli angoli più bui delle loro vite.
Risposte che arrivano, ma che l’autore – perversamente, viene da pensare – trasforma in nuove domande.